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di alberto

«Quale sfigato spara alla sua famiglia? Solo il tempismo è sbagliato».
– Signe (Kristine Kujath Thorp)

Il film scandinavo, distribuito in Italia solo nel 2023, è un dramma psicologico tratteggiato da momenti comici estremamente caustici. I momenti grotteschi e inquietanti si inseriscono in una trama intelligente, sagace e duramente critica nei confronti di un certo tipo di società per tutto il durare della pellicola.

“Sick of Myself” di Kristoffer Borgli (Credits: Oslo Pictures)

la spirale discendente

La protagonista assoluta del film è Signe (Kristine Kujath Thorp), una giovane barista che vive nella capitale norvegese. È naturalmente e sfacciatamente narcisista, necessitando di qualunque tipo di attenzione in maniera incessante. Convive con Thomas (Eirik Sæther), il suo partner “artista-ladro”, con il quale a volte ruba costosi articoli di interior design, mobili in particolare, e li dispone in casa. Signe, dopo aver soccorso una persona nella pasticceria dove lavora e non aver permesso ad altri presenti di avvicinarsi per aiutare la ferita, è coperta dal sangue della vittima. Scopre così che le persone tendono a notarla maggiormente solo quando sembra stare gravemente male.

“Sick of Myself” di Kristoffer Borgli (Credits: Oslo Pictures)

Dopo infruttuosi tentativi di farsi seriamente delle ferite, il personaggio principale prende l’autolesiva decisione di assumere una droga illegale che causa visibili deformazioni al corpo. Il film pone quasi tutta l’attenzione sullo stato decadente psicofisico della protagonista ed esalta questa tragica spirale discendente. Nel corso della pellicola l’unico personaggio piú sfaccettato oltre Signe è Thomas: pare infatti che anche lui abbia comportamenti sociopatici tendenti al narcisismo. Tuttavia, nonostante le scene in cui gli ego smisurati della tossica coppia si scontrano, sembrano sinceramente innamorati l’un l’altro, rimanendo insieme finchè possono.

Sick of myself
“Sick of Myself” di Kristoffer Borgli (Credits: Oslo Pictures)

Le figure di contorno, come amici, parenti e datori di lavoro, sono costantemente vittime degli sforzi pietosi e delle bugie ingigantite di Signe per attirare a sè piú attenzione. I personaggi secondari possono essere freddi o assolutamente diretti nel confrontarsi con l’egomania infinita della donna, dando cosí spazio alla visione del regista. Infatti, Borgli vuole porre l’attenzione su una parte della popolazione scandinava economicamente molto agiata ed estremamente presa da se stessa, collocandola in un ambiente in cui le condizioni del prossimo non sono materia di interesse (a meno che non siano malauguratamente coinvolti personalmente o ne possano trarre vantaggio).

Sick of Myself
“Sick of Myself” di Kristoffer Borgli (Credits: Oslo Pictures)

il grottesco e l’orrorifico

Sicuramente il punto di vista più interessante del film è il fatto che giochi sulla giustapposizione tra gli aspetti di commedia nerissima e tragedia non edulcorota, tipica, ad esempio, di Ruben Östlund, per citare un altro famoso regista scandinavo. Se, specie in alcune scene, si fa fronte alla drammaticità della condizione fisica della protagonista, in altre sequenze la pellicola devia completamente la trama mettendo in scena le fantasie esagerate ed individualistiche di Signe. Si arriva addirittura a trovare grottescamente divertente il suo sfarzoso immaginario funerale, in cui è presente una lista esclusiva di invitati e un timbro per entrare a forma di croce come fosse una discoteca (tutto ció è reso ancora piú assurdo perchè immaginato ad alta voce dalla protagonista in convalescenza mentre fa l’amore con Thomas).

Sick of Myself
“Sick of Myself” di Kristoffer Borgli (Credits: Oslo Pictures)

Un’ulteriore idea che ho apprezzato è il macabro esperimento a cui si sottopone la protagonista che ritengo ispirato ai film di genere “body horror”: pare esserci infatti un parallelismo con il rapido declino psicosomatico del protagonista nel film La Mosca (1986) di David Cronenberg. Tutto ció viene chiaramente collocato non in un contesto fantascientifico, ma piú specifico della satira di costume, avendo come focus principale lo stato di spudorato vittimismo della protagonista.

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