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di giulia

Isabella Rossellini non ha bisogno di introduzioni. Figlia d’arte, modella, attrice, regista, è raro trovare qualcuno che non conosca il suo nome. Tuttavia però, come spesso succede per chi come lei rappresenta un simbolo, tendiamo a dimenticarci che questi miti del cinema, in fondo, sono semplicemente persone vere, con una propria interiorità. Durante la Festa del Cinema di Roma, in occasione della consegna di un prestigioso Premio alla Carriera – compiuta da Alice Rohrwacher e Renzo Arbore -, Isabella Rossellini ha tenuto una masterclass dove si è raccontata, spiegandoci cosa si prova veramente ad essere un’icona.

Isabella Rossellini riceve il Premio alla Carriera (Credits: Rome Film Fest).

«Voglio parlare dei miei ultimi anni e di come sono diventata regista» esordisce Rossellini. Inizia quindi a raccontare alle persone in sala come sia nato il suo desiderio di mettersi dietro la macchina da presa: grazie al regista canadese Guy Maddin, con il quale l’attrice ha realizzato il film The Saddest Music in the World. Prima che accettasse la proposta del film, Maddin le inviò alcuni dei suoi lavori, fra cui una serie di corti, per aiutarla a familiarizzare con il suo stile sperimentale e sperare di avvicinarla al progetto. «Io non ci capivo nulla» riconosce Rossellini, «Però ho guardato i suoi lavori brevi precedenti e The Heart of the World e mi hanno colpito particolarmente. Non avrei mai pensato che l’immagine di un film rovinato potesse essere l’ispirazione per un regista contemporaneo. Io sono anche stata la moglie di Scorsese, uno dei primi a studiare e dedicarsi al deterioramento della pellicola. Restaurare i film dei miei genitori è diventato per me una missione.»

Isabella Rossellini durante la sua masterclass (Credits: Rome Film Fest).

«Guy Maddin non era un regista mainstream» continua sorridendo «Il mio agente del tempo mi disse “se accetti mi taglio le vene”, ma io l’ho fatto lo stesso. Lavorare con il suo stile sperimentale è stata per me una rivelazione, soprattutto per quanto riguarda il meccanismo della regia. Nel 2006 mio padre, Roberto Rossellini, avrebbe compiuto 100 anni e io volevo celebrarlo con la mia voce. Ho chiesto quindi a Guy di aiutarmi e abbiamo fatto insieme My Dad is 100 Years Old: mia prima sceneggiatura e co-regia. Volevo che Guy mi passasse la sua tecnica, il bianco e nero, lo sciupato. Non riuscendo a immaginare nessun attore che potesse interpretare mio papà, ho deciso che nel film lui sarebbe stato una pancia enorme che parla. Io ho interpretato tutti gli altri personaggi (Chaplin, Fellini, Hitchcock, mia madre Ingrid Bergman ecc.), in modo da rendere più chiaro quello che avevo nel cuore.» Rossellini ci spega poi che fu l’attore e regista Robert Redford a comprare il film e incoraggiarla a buttarsi nella regia, consigliandole di continuare a cimentarsi nella stuttura del corto narrativo, secondo lui una mossa intelligente dato l’avvento in quegli anni di nuove piattafrome web come Youtube.

Isabella Rossellini nei panni di Ingrid Bergman in “My Dad is 100 Years Old” (Credits: IMDb).

«Il mio agente dopo il film con Guy Maddin non volle più lavorare con me» ci rivela la regista, «Contattai altre agenzie ma la risposta era sempre: “Isabella, non sappiamo cosa farci con un’icona.” Anche la Lancôme, con la quale collaboravo ormai da moltissimi anni, mi disse che io non rappresentavo più quello che le donne sognavano, ovvero la gioventù eterna. Ritrovandomi così senza lavoro e senza agente, mi sono iscritta all’Università per ottenere un master in etologia. Tra un esame e l’altro facevo i miei corti.» Rossellini inizia quindi a parlarci di una parte della sua vita che conosciamo meno, quella della studentessa, quella della donna appassionata di animali e natura. Ci spiega come tutto sia nato quando da piccola il padre le regalò il libro L’anello di Re Salomone di Konrad Lorenz – considerato il fondatore della moderna etologia scientifica -, che fece nascere in lei questo forte interesse per la materia, messo però da parte a causa dei suoi dubbi sul poter diventare sicenziata. Inizia dunque a dedicarsi al mondo dello spettacolo.

Isabella Rossellini
Isabella Rossellini nella serie Green Porno (Credits: Rome film Fest).

Nasce così l’icona che noi tutti conosciamo. «Se dovessi rivivere la mia vita farei la regista da più giovane» ammette Rossellini, «Finita la scuola ho seguito l’Accademia per costumista e ho lavorato sui set di papà. Mio padre era gelosissimo e un uomo impegnativo, andavo quindi spesso a trovare mia madre a New York. Lì ho trovato il mio primo lavoro, come assistente del giornalista Gianni Minà, che non parlava l’inglese. Durante quel tempo ho cominciato a capire come girare, montare, cosa fare in quel mondo. Quando Renzo Arbore si mise a cercare un corrispondente per L’altra domenica, Gianni suggerì il mio nome. Con Renzo ho imparato la regia di corti, e come usare l’umorismo.» Oltre ad apprendere come funziona una ripresa, a New York Isabella inizia anche il lavoro di modella, grazie al fotografo Bruce Weber. Fu però Richard Avedon a incoraggiarla a recitare, aiutandola a superare la paura dei paragoni con la madre: «Richard mi ha detto che il lavoro di una modella è come quello di un attrice del muto, non c’è bellezza senza emozioni. Mi sono iscritta a scuola di recitazione.»

Isabella Rossellini
Isabella Rossellini in “Blue Velvet” di David Lynch (Credits: IMDb).

Rossellini inizia a parlarci della sua importante carriera da attrice: «Ho lavorato con tanti talenti, per me la responsabilità di un’attrice è essere interprete della mente degli autori ed esprimerlo per loro. Mi piace entrare nella testa dei registi, mi aiuta ad allargare i miei confini. Spesso capita che loro non sanno cosa vogliono o come spiegarlo, David Lynch ad esempio non parla molto, io seguo i suoi occhi: mi parla il modo in cui si illuminano quando vede qualcosa che funziona. Per Wild at Heart sono stata io a consigliare uno stille alla Frida Kahlo per il mio personaggio. In Blue Velvet abbiamo pensato insieme a come Dorothy si dovesse nascondere dietro un’apparenza perfetta, avere una facciata che nascondesse il tormento provato. La scena più difficile è stata quella dove dovevo camminare nuda per strada. David per farmi capire cosa volesse esattamente mi ha raccontato una storia personale a lui successa quando era giovane. I film sono collaborazioni.»

Isabella Rossellini
Isabella Rossellini in “Wild At Heart” di David Lynch (Credits: IMDb).

Gli attori possono rendere più ricco un personaggio, non solo “ubbidire” alle direzioni dei registi: «C’è un aneddotto che mi piace molto raccontare. In Sinfonia d’autunno, Ingmar Bergman vedeva il personaggio interpretato da mia mamma come una donna incurante della famiglia, completamente dedicata alla sua carriera. Mia mamma non era d’accordo con questa interpretazione. Quando ha girato la scena cruciale dove la figlia le ricorda di tutte le volte che l’aveva abbandonata e trascurata, Bergman voleva che su di lei si leggesse la sconfitta sul volto, mia madre invece mostrò la rabbia di una donna che ancora una volta viene rimproverata per aver vissuto la vita da lei scelta. So che avrebbe voluto fare la regista e che il suo tempo non gliel’ha ha potuto permettere. Vedere tanti nomi di donne in programma a questo Festival mi riempie il cuore.»

Isabella Rossellini
Ingrid Bergman in “Sinfonie d’autunno” di Ingmar Bergman (Credits: IMDb).

Isabella Rossellini conclude quindi la sua masterclass: «Quando ero bambina ho accompagnato mio padre in una scuola per una lezione di cinema, ricordo bene che per l’occasione aveva portato con lui una cinepresa. Tutti appena arrivati andarono subito a guardare e toccare la cinepresa, e papà si arrabbiò. Mi disse “è strano, se io fossi stato uno scrittore dubito che loro si sarebbero buttati a fissare il mio libro, perché in fondo non sono i mezzi ma è la storia che conta”. Quel giorno mi ha insegnato che la cosa più importante sarà sempre quello che vuoi dire, non come arrivi a farlo. Non l’ho mai dimenticato».

Giulia

Nouvelle Vague, arti visive e ramen istantaneo. Non mi piace parlare di me, ma mi piace parlare di film.

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