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di sara

Domenica 22 ottobre si è conclusa la 23esma edizione del TOHorror Fantastic Film Fest. A vincere il premio come miglior lungometraggio è stato Les chambres rouges di Pascal Plante, con una menzione speciale per il film Best Wishes to All di Yuta Shimotsu. Per la sezione dedicata alla maggior inventiva, è stato assegnato il premio ex aequoHome Invasion di Graeme Arnfield e a Razzennest di Johannes Grenzfurthner. Tra i cortometraggi vincitori (e i più impattanti a mio avviso) – rispettivamente del premio del pubblico, della Scuola di Comics e il Bloody FX Award – si ricordano Écorchée di Joachim HérisséMartyr di Raoul FareGnomes di Ruwan Heggelman.

“Gnomes” di Ruwan Heggelman (Credits: TOhorror Film Fest)

“best wishes to all” di yuta shimotsu

Tra le menzioni speciali ha attirato l’attenzione di molti Best Wishes to All di Yuta Shimotsu. Il film racchiude ben più di tutto ciò che ci si aspetterebbe da un j-horror, a dispetto di un inizio che, invece, fa pensare a una pellicola molto più soft, molto più classica e, soprattutto, molto meno originale di quanto effettivamente sia.  La protagonista – di cui non viene svelato il nome, così come per gli altri personaggi – è una giovane studentessa di infermieristica di Tokyo che ritorna nella casa dei nonni, persa nelle campagne giapponesi, dove ha trascorso buona parte della sua infanzia. Prima della partenza però la ragazza ha un incubo, che non si capisce quanto sia frutto della sua mente e quanto sia un ricordo infantile. Arrivata nella casa, incontra i nonni dopo tanti anni; se all’apparenza sembra tutto normale, ben presto la ragazza inizierà a notare degli atteggiamenti strani, i quali verranno inizialmente ricondotti a demenza. Questa sua certezza andrà in frantumi nel momento in cui, durante un pranzo, vedrà dietro i suoi nonni un uomo strisciare per terra con occhi e bocca cuciti. Da qui cadrà in un abisso di angoscia, pazzia e paura, scoprendo una verità terrificante impossibile da credere. 

“Best wishes to all” di Yuta Shimotsu (Credits: TOhorror Film Fest)

All’inizio del film ci sono numerosi topoi dell’horror molto abusati, primo fra tutti il viaggio da una casa di città a una casa fuori porta in cui si è vissuto lungo il periodo infantile e che contiene un segreto nascosto in una stanza apparentemente inaccessibile. L’incipit presenta dei punti di contatto anche con altri film, primo tra tutti The Visit (2015) di Manoj Nelliyattu Shyamalan. Ma ciò che colpisce e che rende interessante la pellicola è l’utilizzo che viene fatto di questi elementi stereotipati. Lo spettatore si identifica perfettamente con la ragazza, vivendo sulla propria pelle momenti di puro terrore, uniti a momenti di bizzarria e follia, che provocano spesso la risata. Come però accade per gran parte dei film di genere, si scopre, alla fine, che il male nella sua forma più pura non è semplicemente insediato nel luogo di interesse, ma si spinge oltre, diffondendosi ovunque. Ed è questo il peso con cui dovrà convivere la ragazza alla fine del film. La sua iniziale ingenuità è stata distrutta e segnata dagli eventi, incastrandola in una situazione ormai ingestibile in cui è il male a predominare su qualsiasi altra forma di umanità, umanità che sembra perduta per sempre.

TOhorror Film Fest
“Best wishes to all” di Yuta Shimotsu (Credits: TOhorror Film Fest)

“razzennest” di johannes grenzfurthner

Se si vuole guardare un film sperimentale non si può non consigliare Razzennest di Johannes Grenzfurthner, un vero e proprio esperimento sonoro e linguistico, come lo ha definito il regista stesso. Il suono e il linguaggio sono gli aspetti predominanti dell’intera pellicola. Non ci si ritrova davanti a all’ennesimo film horror con un’ambientazione scarna in cui ci si aspetterebbe di trovare i classici elementi paranormali. Il film che viene visionato in sala altro non è che una serie di immagini girate nelle lande desolate austriache dal regista (Johannes Grenzfurthner) a cui sono state aggiunte delle voci fuoricampo. L’elemento sonoro corrisponde a un audio commentary fittizio di Manus Oosthuizen – spocchioso e arrogante regista indipendente, alter-ego di Johannes Grenzfurthner – in cui parla del suo nuovo film (Razzennest appunto) con la partecipazione della critica cinematografica Babette Cruickshank, la producer e il direttore della fotografia. 

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“Razzennest” di Johannes Grenzfurthner (Credits: TOhorror Film Fest)

Per la prima parte della pellicola si assiste a una conversazione tra i quattro il cui scopo è appunto la creazione dell’audio commentary per l’uscita del Blu-ray del film. Fin da subito gli animi si scaldano perlopiù a causa dell’estrema arroganza del regista e della evidente impreparazione della critica. Le numerose risposte che Manus fornisce alle domande postegli coincidono con la realtà e col lavoro svolto dal regista austriaco. Il fulcro di ciò che viene mostrato allo spettatore è il luogo in cui si nascondevano i civili durante la Guerra dei Trent’anni, i razzennest, accompagnati da carrellate di paesaggi, simboli religiosi, oggetti deteriorati e animali – spesso privi di vita.  Ma quando nello studio di registrazione il direttore della fotografia inizia a sentirsi male, le cose cambiano radicalmente: le immagini, in precedenza apparentemente senza significato, iniziano a seguire il ritmo pulsante della narrazione, creando un forte senso di disorientamento e terrore. Quello che era una semplice giornata di registrazione, si trasforma in un vero incubo dell’orrore e, presumibilmente, un bagno di sangue. Ma il terrore e l’orrore che vivono i quattro protagonisti non viene mai mostrato, si sente soltanto ciò che accade tramite appunto l’audio che stavano registrando in precedenza. 

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“Razzennest” di Johannes Grenzfurthner (Credits: TOhorror Film Fest)

Durante l’incontro col regista sono emersi numerosi spunti interessanti su come è stata organizzata la produzione del film. Ha espressamente detto di aver subito l’influenza – come la maggior parte dei registi della sua generazione – di film come The Blair Witch Project e di voler, a modo suo, satirizzare e criticare i cineasti indipendenti eccessivamente pretenziosi, motivo per cui, a detta sua, è riuscito a ingaggiare Joe Dante e a farsi prestare la sua voce per la parte finale della pellicola. Il film può quindi considerarsi un esperimento ben riuscito e una evidente dimostrazione di quanto sia ancora possibile sperimentare nel campo del cinema horror, uscendo così dai classici stilemi ormai spesso troppo logori.

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“Razzennest” di Johannes Grenzfurthner (Credits: TOhorror Film Fest)

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