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di giuseppe

Nella selezione del Laterale Film Festival 2023 figurano ventuno corti d’autore, inclusi quelli di registi affermati come Laura SamaniPeter TscherrkasskyBen Rivers e Pedro Costa. Esempi di un cinema libero da norme e imposizioni, queste nuove forme di ricerca visuale, del tutto o quasi slegata dalla necessità industriale della narrazione, si dispiegano variamente, offrendo una prospettiva inconsueta sulle possibilità espressive del medium nel panorama contemporaneo.

“L’estate è finita. Appunti su Furio” di Laura Samani (Credits: Laterale Film Festival)

La settima edizione del Laterale Film Festival, rassegna di cinema sperimentale che si concentra sulle dimensioni alternative dello sguardo cinematografico, in programma dal primo al 3 settembre 2023 a Cosenza, indirizza gli occhi e la mente degli spettatori con i due gerundi e l’infinito che ne compongono il titolo quest’anno: Guardando cadere filmando. La combinazione dei tre verbi, capace di produrre molteplici effetti di senso, sottolinea la centralità dell’atto del guardare: scrutare il movimento e replicarlo tramite il mezzo di ripresa, lasciarsi andare al flusso visibile di ciò che non si conosce e avvicinarlo osservandolo, con partecipazione e apertura.

“Ritratto temporale II” di Ilaria Pezone (Credits: Laterale Film Festival)

Nelle parole dell’artista vicentino Emanuele Sartori, da uno dei corti della selezione, Ritratto temporale II. Emanuele, della regista Ilaria Pezone

Ci sono dei periodi in cui tendi a ripulire, ci sono dei periodi in cui tendi a sperimentare di più. Sono molto interessanti i periodi in cui sperimenti perché… come dire, se è sperimentazione vera, sperimentazione pura, non ti fai alcun tipo di problema in ciò che fai, non ti interessa cosa avverrà, non ti interessa cosa hai rappresentato. La sperimentazione è non avere limiti.

La semplice descrizione, che con immediatezza illustra l’impulso alla base del lavoro del pittore, può essere estesa, senza che appaia in qualche modo meno efficace, alle radici del processo creativo dei film scelti per il Laterale 2023. 

laterale film festival 2023
“Bleared Eyes Of Blue Glass” di Kyujae Park (Credits: Laterale Film Festival)

Lungi dal constatare l’ovvio, ci si può legittimamente chiedere in cosa consista precisamente lo ‘sperimentalismo’ nei film proposti. Vi si trovano elementi tali da rendere necessaria questa etichetta tanto ampia e generale, quanto volta a separare nettamente un territorio da un altro?  Vedendo i corti, sembra che il filo conduttore utile a riempire di senso questa nozione sia da cercare nell’opera di ri-contestualizzazione del visibile, di trasformazione del dato già esistente, messa in atto da molti di essi: la ricerca dell’affermarsi di uno stato di cose in cui niente è di per sé già evidente. Il grande spazio dedicato alla visualizzazione della ‘matericità’ del film, che comporta un ritorno all’analogico da parte della maggior parte degli autori, lo dimostra con chiarezza.

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“Up From The Dark Womb Of The Earthdi Brandon Wilson (Credits: Laterale Film Festival)

L’inattualità del focus sulla materia prima dell’immagine, la pellicola, e la sua sfrontata esibizione guidano chi guarda attraverso una riflessione sul mezzo e sul linguaggio cinematografico. Il soffermarsi sui dettagli, lo sfasamento della colonna sonora dalle immagini, il montaggio discontinuo, la manipolazione ostentata del profilmico sono principi comuni, rivolti nella stessa direzione: far emergere ciò che non c’è, fare affiorare l’invisibile. Da spettatori, entriamo in contatto con parti di mondo mutuate da una percezione plasmata da occhi accoglienti che non tentano una concettualizzazione, ma osservano non meno coinvolti. Il cinema sperimentale provoca, si àncora senza remore all’interiorità, cerca di farsi strada verso il vuoto e lo riempie. Perché, ancora secondo Sartori, “il vuoto non è il vuoto ma sempre una sua interpretazione”. E in questo è più vicino alla poesia e ai suoi giochi di associazioni privi di logiche consequenziali che al cinema del circuito delle sale, oggetto altro, utile soltanto ad assumere il ruolo di parte di un processo dialettico, la cui sintesi è un regime di enunciazione difficilmente subordinabile ai meccanismi commerciali.

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As filhas do fogo” di Pedro Costa (Credits: Laterale Film Festival)

Così, se si segue il percorso interno della selezione, ci si imbatte nell’uso di differenti formati ridotti, dal road movie in 8mm di Erren Franklin, che porta a galla l’aura mitologica e allo stesso tempo il senso di rovina della Route 66, ad A Space Intonation di Fabiano Teixeria Mota, improntato alla rappresentazione di un corpo senza volto in un non-luogo, e a This is How I Felt di Josh Weissbach, breve soggettiva sensoriale di un uomo a cui, per ventiquattro ore, è stato installato un apparecchio di misurazione del battito cardiaco (entrambi girati in 16mm). Per certi aspetti simile, nella volontà di restituire le sensazioni del soggetto che filma, Test Objects di Sam Drake affronta la difficoltà di messa a fuoco del mondo esterno propria di una percezione alterata. In una rassegna i cui film risultano più impegnati nella creazione di frammenti di spazio onirici, dal tempo sospeso, in cui luce e tenebra si contendono l’immagine – come bleared eyes of blue glass di Kyujae ParkUp from the dark womb of the earth di Brandon Wilson, The End di Richard Wiebe e Slowly di Antoni Orlof, caratterizzati da montaggi lirici e una qualità visuale quasi astratta – l’uomo passa spesso in secondo piano, rimanendo protagonista in quei lavori in cui si possono trovare tratti più accentuati di narratività.

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“Test Objects” di Sam Drake (Credits: Laterale Film Festival)

È il caso di A Day, That Year di Stanley Xu – parabola malinconica su un litigio fra una madre, il cui volto è significativamente relegato fuori dal quadro, e il figlio piccolo –, di Baki Tadu È di Kate Saragaço-Gomes e Calum MacBeath Morgan, che mette in scena la ripetitività del lavoro di raccolta del suo protagonista per poi misteriosamente trasformarsi in una storia di fantasmi, e di L’estate è finita – Appunti su Furio di Laura Samani, che, tramite il suo lavoro di risemantizzazione, prende in prestito le immagini di vacanza e di viaggio del patrimonio degli home movies del Friuli Venezia Giulia e, come se aprisse una capsula del tempo, restituisce un’amara autoanalisi di un amore finito.

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“Ijen, London” di Ben Rivers (Credits: Laterale Film Festival)

Le incursioni nell’animazione di Boywhood di Enrico ed Emanuele Motti e di Flumina di Antonello Matarazzo e i loro immaginari opposti anche stilisticamente, l’uno cupo e stilizzato, l’altro, anche grazie alla tecnica dello stop motion, più solare e giocoso, confermano la varietà della selezione. Attraverso dispositivi di ripresa alternativi alla pellicola, A Body, Outisde di Nik Liguori, con la fissità e la prospettiva tipica dei filmati di sorveglianza, e Seven Images of Disappearance di John Winn, che accosta la sua estetica video a un’indagine sulla formazione/deformazione dell’immagine e del suono con alcuni rimandi al cinema strutturalista, si associano metaforicamente in un dittico difficilmente scindibile. 

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“Seven Images of Disappearance” di John Winn (Credits: Laterale Film Festival)

La casa del bosco di Giovanni Benini e Luca Mantovani e Alétheia di Eleonora Cutini ricostruiscono, in marginali ambienti di provincia, degli scenari a metà fra sogno e incubo, l’uno fra suggestioni pop e coreografie eccentriche, l’altro prediligendo una composizione formale studiatamente glaciale, e si contraddistinguono per la grande importanza conferita alla voce over. Ben Rivers in Ijen, London documenta uno spazio dall’atmosfera malsana. I suoi fumi densi e colorati tramutano la superficie dell’immagine in un territorio quasi alieno. A fare da controparte simbolica al film di Rivers, As filhas do fogo di Pedro Costa immerge le sue protagoniste in scorci di paesaggi lambiti dalle fiamme. A ognuna di esse è dedicata una porzione di uno schermo iconicamente tripartito. Il loro canto di dolore forma una sola voce: il sottotesto è legato alla violenta storia coloniale con cui il Portogallo di oggi è ancora chiamato a fare i conti. Il finale è affidato ad alcune immagini d’archivio che irrompono nella rigorosa struttura del film, ricomponendo l’immagine e riportando la luce. 

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“L’estate è finita. Appunti su Furio” di Laura Samani (Credits: Laterale Film Festival)

Si giunge, infine, a Train Again di Peter Tscherkassky. Il regista austriaco da anni compone, grazie a un metodo davvero artigianale, montaggi che impiegano, fino a portarla alle estreme conseguenze, la tecnica del found footage, minando nel profondo la concezione tradizionale di immagine cinematografica. Gli universi che crea, collegando punti distanti secondo uno schema liberamente associativo, collassano progressivamente su loro stessi, rivelando l’artificio della loro origine fotochimica.

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Train Again” di Peter Tscherrkassky (Credits: Laterale Film Festival)

In un gioco di luci, sovrimpressioni, anafore e accostamenti, Tscherkassky sceglie di concentrare l’attenzione sulla figura del treno, soggetto cinetico per eccellenza che percorre tutta la storia dell’immagine in movimento a partire da L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat, dal mitico colpo di pistola de La grande rapina al treno e dal doppio viaggio di Come vinsi la guerra. Il titolo stesso, un omaggio all’avanguardista Kurt Kren, rimanda all’idea della ripetizione. Il regista, affascinato più di ogni altra cosa dalla tecnica, con la sua caleidoscopica massa di fotogrammi disarticolati riflette sul funzionamento della macchina-cinema, aggiornando, per la nostra epoca frammentaria e post-storica, la celebre battura di un lungometraggio di Truffaut. Forse i film non possono più essere “più armoniosi della vita”, è certo, però, che continuano ad avanzare come treni nella notte.

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