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di virginia

Louis Garrel torna dietro alla macchina da presa, dopo La Crociata, uscito nel 2021. Non so che cosa serva, di preciso, per guadagnarsi l’etichetta di “regista prolifico” ma sicuramente tre film usciti in quattro anni (oltre al già citato La Crociata, gli altri titoli sono L’uomo fedele e, appunto, L’Innocente) non sono pochi. Se per le due precedenti pellicole Garrel (servendosi dell’aiuto, nella stesura della sceneggiatura, del compianto Jean Claude Carriere) aveva costruito una storia continua, rendendo un film il sequel dell’altro, stavolta, con L’Innocente, decide di cambiare le regole. La storia è ispirata alla stessa vita del regista, come non ha mancato di sottolineare fin dalla conferenza stampa a Cannes75, dove il film è stato presentato fuori concorso – ma preceduto da una cerimonia sontuosa per la celebrazione dei 75 anni di vita del Festival. Le vicende narrate hanno come protagonista Abel (Louis Garrel), giovane vedovo che si trova a dover andare al terzo matrimonio della madre, Sylvie (Anouk Grinberg). Sylvie, attrice e insegnante di recitazione in carcere, si è innamorata di un suo “allievo”, Michel (Roschdy Zem), detenuto per truffa e in procinto di rivedere la luce del sole grazie alla condizionale concessa dal giudice penale. Abel è preoccupatissimo per la situazione e racconta tutte le sue paure e insicurezze a Clémence (Noémie Merlant), sua migliore amica e persona con la quale ha condiviso il dolore di aver perso troppo presto sua moglie. 

"L'innocente" di Louis Garrel
“L’innocente” di Louis Garrel (© Les Films des Tournelles)

Dopo una breve introduzione in carcere dei personaggi di Sylvie e Michel, il film prosegue con una scena in cui Sylvie e Abel, madre e figlio, si trovano in macchina. Già con Y tu mamá también e Lady Bird ci siamo abituati a considerare l’automobile un mezzo privilegiato per le grandi confessioni: i due personaggi, isolati dal mondo esterno e chiusi in questa “scatola” protetta possono parlare al sicuro e lontano da voci indiscrete. Sylvie decide allora di dichiarare i suoi piani futuri al figlio: ha intenzione di sposare Michel e niente e nessuno glielo impedirà, nemmeno la strenua opposizione di Abel. Così, i due convolano a nozze e Abel partecipa controvoglia al matrimonio in carcere, presentandosi con un mazzo di rose gialle.

"L'innocente" di Louis Garrel
“L’innocente” di Louis Garrel (© Les Films des Tournelles)

Uscito dal carcere su condizionale, Michel dà via al suo progetto di aprire un negozio di fiori insieme a Sylvie ed è a questo punto che si possono notare curiosi rimandi interni nella pellicola. Nella scena in cui i due sono impegnati a ricercare fiori per l’allestimento del negozio, Michel inizia a leggere la simbologia (o il linguaggio) dei fiori, cioè, quale sia il significato di ogni fiore. Spiega che le rose gialle significano allegria, felicità e amicizia, tutti sentimenti che certamente Abel non ha esternato nel momento in cui ha portato questo tipo di fiore al matrimonio. Prosegue, poi, elencando il resto di fiori e spiegando che i tulipani, ad esempio, sono simbolo di orgoglio. Qualche scena più avanti vediamo Clémence regalare ad Abel un mazzo di tulipani, dopo che entrambi si sono per caso incontrati al cimitero per portare un omaggio all’ex-moglie del protagonista. Sono tulipani bianchi quelli che Clémence porta per fare pace dopo un litigio con l’amico, quindi, paradossalmente, il mazzo porta con sé un significato diametralmente opposto all’orgoglio che i tulipani dovrebbero simboleggiare. Il significato dei fiori viene associato al comportamento dei personaggi: per quanto si tratti, alla fine, di una commedia a tinte noir, comunque mostra grande attenzione per i dettagli, servendosi di questo stratagemma per far vedere che nessuno, in realtà, comunica ciò che sente veramente.

"L'innocente" di Louis Garrel
“L’innocente” di Louis Garrel (© Les Films des Tournelles)

Abel continua a nutrire sospetti nei confronti attività che porta avanti Michel: il nuovo marito della madre è appena uscito di carcere, ma chi può fidarsi veramente delle sue azioni? Decide così di seguirlo, per scoprire di che cosa si occupa quando è lontano da sua madre e dal negozio che con lei si sta impegnando ad aprire. Garrel recupera se non tutti, molti degli elementi che costituiscono il genere del noir: vediamo personaggi che si nascondono dietro ad alberi e siepi con gli occhiali da sole e indossando un trench, scene di pedinamento a piedi per le vie della città, lenti inseguimenti in macchina e dissolvenze incrociate con tanto di primi piani sul volto (e sugli occhi, in particolare) del “detective” Abel. Tutto questo, chiaramente, è accompagnato da una colonna sonora strumentale di sottofondo, di musica jazz. Trattandosi di una commedia si potrebbe pensare ad un effetto parodistico: la ripresa di questi elementi di genere potrebbe facilmente far scadere tutto e creare un effetto ridicolo ma, in realtà, le scene più propriamente noir sono incastrate bene con il ritmo leggero del resto della pellicola e creano un effetto comico decisamente più raffinato rispetto alle battute che costellano i dialoghi dei personaggi. 

"L'innocente" di Louis Garrel
“L’innocente” di Louis Garrel (© Les Films des Tournelles)

Il film, allo scorso Festival di Cannes, si è rivelato una piacevole sorpresa e in Italia almeno, a giudicare dalla grande accoglienza ricevuta (prima presentato in occasione della Festa del Cinema di Roma, poi ha fatto tappa obbligatoria al Cinema Nuovo Sacher di Nanni Moretti, infine si è fermato a Milano, dove è stato accolto da Paolo Mereghetti con tutti gli onori del caso), si è rivelato un successo non da poco. Ricordo ancora (forse con un pizzico di nostalgia dato dalla solitudine in cui potevo amare il cinema indipendente? No, passerei per snob se dicessi una cosa del genere) i tempi in cui, per vedere Les deux amis dovevo spostarmi fino al capoluogo di provincia, dato che, nelle sale dei piccoli paesini della Toscana, film del genere non sarebbero arrivati mai. Del resto, comunque, Louis Garrel non ha mai fatto mistero del suo amore per questo Paese e per il cinema italiano in generale – in particolare per Nanni Moretti e a questo punto non so se sperare in una collaborazione tra i due. La pellicola si chiude con la canzone I maschi di Gianna Nannini, il che è curioso, perché non è neanche una delle canzoni più note della cantautrice senese, ma recupera perfettamente il punto di vista femminile della pellicola – dato dai personaggi di Sylvie e Clémence – nei confronti dei personaggi, appunto, maschi, che inadatti e inetti, non riescono a evitare di “finire nei guai”.

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