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di pavel

Non conoscevo il Cinema Beltrade, che si trova a Milano. Mi ci trovo, lo scorso 26 settembre, per una rassegna cinematografica, INDOCILI, quest’anno alla sua terza edizione. Organizzata da Tafano, associazione culturale che si occupa di cinema e cultura audiovisiva a tutto spiano, INDOCILI mi colpisce sia per la scelta della selezione che della location.

“Creatura” di Giada Bossi (Credits: Indocili)

Arrivo alle porte della città, a due passi da Piazzale Loreto, e sono accolto da un’atmosfera suggestiva: Il Cinema, recentemente ristrutturato, prende in prestito il nome dalla chiesa adiacente, Santa Maria Beltrade, ed è un classico d’essai monosala tappezzato di vermiglio, dai contorni puliti e lineari e dal design essenziale. Subito mi ricorda un pragmatismo costruzionista anticoncettuale, di quelle architetture socialiste dell’edilizia anni Settanta che a Roma ha fallito miseramente, e subito penso, a maggior ragione, che questa città, così grigia e bruttina, ha comunque il suo fascino e la sua funzionalità (altre ragioni, oltre le mille che ho accumulato recentemente, per cui dovrei vivere a Milano).

“Jamal Tosmal” di Martina Pastori (Credits: Indocili)

Le sedute, all’ingresso, sono occupate da riproduzioni di stampe di una installazione della fotografa Anna Adamo, Ocean Eyes, e ci sono omaggiate come regalo (okay, adesso hanno la mia attenzione). Il curatore della rassegna, Davide Perego, presenta tre registe esordienti, Martina Pastori, Emanuela Muzzupappa e Giada Bossi e i loro rispettivi lavori, Jamal Tosmal, I Pezzi Buoni e Creatura. Il primo è una picaresca marsigliana di due giovani alla ricerca di una moto sequestrata, il secondo una sorta di riduzione di un Amleto moderno ambientato in uno sfasciacarrozze romano e l’ultimo mi ricorda una psicosi aronofskfiana declinata nel mondo della ginnastica ritmica brianzola. Rimango piacevolmente intrattenuto dalla visione, ma ancor più sbalordito dalla varietà di approcci e dalla diversità di percorsi ed esperienze delle tre autrici. Muzzupappa viene dall’accademismo audiovisivo, Pastori si specializza nella direzione di videoclip musicali, Bossi invece si forma come sceneggiatrice. Se la godibilità delle opere mi risulta ermeneuticamente, larga parte è dovuta dallo spazio di conversazione che viene ritagliato, dopo la proiezione, da Valentina Pietrarca che stimola le autrici attraverso domande che aprono a considerazioni sullo stato attuale dell’arte, la poetica individuale e le menialità logistiche, che si intersecano tra loro in un mosaico che dona profondità alla conversazione e partecipazione all’evento.

“I pezzi buoni” di Emanuela Muzzupappa (Credits: Indocili)

Mi riprometto di tornare. 

Il secondo appuntamento di Indocili si terrà il prossimo martedì 17 ottobre, sempre al Cinema Beltrade. Protagonisti della serata saranno i CANEMORTO. E quello che più mi sorprende è scoprire che i CANEMORTO, oltre ad essere una triade di artisti, non si occupano solo di street art visuale, sono anche autori musicali! Attivi da diversi anni sul territorio, i CANEMORTO ‘vandalizzano’ gli spazi vuoti degli angoli periferici dell’Italia e dell’Europa.

Indocili
CANEMORTO

Devoti alla Txakurra, divinità postmoderna dalle sembianze di un cane in cancrena, il trio mascherato gioca con la commistione di dispositivi artistici, partendo dai graffiti metropolitani e finendo con la produzione musicale, passando attraverso l’audiovisivo. E, altra cosa di cui non ero al corrente, ad INDOCILI presenteranno proprio la Trilogia della Txakurra, diretta da Marco Proserpio. Realizzata nell’ampio arco di sei anni, questa trilogia è esemplare della loro programmatica: l’eversione. E non credo che ci sia dispositivo migliore dello schermo per poter mostrare l’eversione, con tutte le contraddizioni che implica. Questa incursione visiva meta-poetica inizia con Toys (2016), che vede il trio indeciso sul futuro del proprio movimento artistico: dopo aver scoperto che un restauratore ruba i loro graffiti per trasporli su tela e dare loro una degna collocazione, sulla scia della cultura della conservazione, i CANEMORTO si interrogano se rinnovare la loro fedeltà alla programmatica eversiva della street art oppure vendere la propria etica per entrare nel canone contemporaneo, e il brano musicale ivi contenuto risente delle contraddizioni di un contemporaneo italiano che rifiuta il camp dell’evento pop mentre elegge nell’Olimpo i più sordidi scandali politici. 

Indocili
CANEMORTO

“Guardati allo specchio, vedi riflesso il Toy”, i CANEMORTO scandiscono, dove il toy potrebbe simbolicamente ricordare quel mondo di marionette bergmaniano dove il materialismo contingente regna su qualsiasi valore, soprattutto su quello dell’arte come liberazione. E dico ‘scandiscono’ proprio perché, quando non cantano, i CANEMORTO mugugnano, ciascuno di loro in un idioletto incomprensibile, ma non per questo non si comprendono: al contrario, se la intendono e anche bene. Così, sul piano semantico la linguistica rompe quel muricciolo in cortina tra postmoderno e iperrealismo. Dopo furto d’arte e plagio, in Golden Age (2017) il trio torna insignito dell’ennesima spada di Damocle: il dilemma, stavolta, è se allestire una mostra nello Studio Crome di Grottaglie o utilizzare il budget per produrre la propria musica. Essere o Non essere, Ideologia o Capitale, Arte o Non arte, i CANEMORTO con la Trilogia della Txakurra non interrogano solo se stessi, ma anche il pubblico, in modo ironico, su cosa significa essere fedeli ai propri principi, se farlo poi è effettivamente giusto o meno, e se la definizione di artista e di arte possa cambiare rispetto ad una o l’altra decisione. 

La regia di Proserpio è mista, brutale, tagliuzzata, così come la musica dei CANEMORTO non è sinfonica, il rap non produce melodia, e le basi non sono armoniose. La bassezza tonale e le storture visive rispecchiano l’aplomb dei protagonisti: rozzi, non verbali, sembrano delle iene pronte a chiudere e divorare vivo il primo forestiero che incontrano, così come il mostro al quale sono devoti, che dalle fauci affilate e crudeli inneggia ai ‘soldi, soldi, soldi’. I CANEMORTO raccolgono un’istanza importante, tra macchiette da physical comedy e battute di rap underground: l’arte non si vende, e men che meno la loro, dato che per il trio devastare e creare, in questo mondo, sono la stessa cosa. Martedì 17 ottobre, al Cinema Beltrade di Milano, saranno presenti, in conversazione con Antonio Grulli (che tra l’altro compare in un simpatico cameo in Golden Age) e Pietro Ferri, per presentare in anteprima assoluta il capitolo conclusivo della trilogia della Txakurra, En Plein Air, sempre con la regia di Proserpio. L’ultima colonna di Ercole vedrà il trio sul lastrico, alle prese con un concorso di pittura all’aperto con vittoria in denaro… Quello che succederà, lo scoprirete solo se vi presenterete in sala!

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