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di emma

È difficile pensare ad una storia più adatta all’immaginario cinematografico di Sofia Coppola di quella di Priscilla Presley: nella sua storia, infatti, ritornano molti temi cari alla regista, tra cui la maturità precoce della protagonista, l’impossibilità di agire data dalla propria situazione di subalternità, il ritratto di una relazione alla cui base vi sono netti squilibri di potere. Quello di Priscilla è un mondo fatto di spazi ristretti e chiaramente delimitati da confini invalicabili: dalla base americana nella Germania Ovest degli anni Sessanta dove la sua famiglia viene ricollocata per seguire il padre fino alla villa di Elvis a Graceland, Memphis. Graceland, infatti, è l’ultima nella serie delle “prigioni dorate” della filmografia di Coppola, dopo la reggia di Versailles in Marie Antoniette, l’hotel di Lost in Translation o la casa di The Virgin Suicides

“Priscilla” di Sofia Coppola (Credits: A24)

Incontriamo per la prima volta Priscilla mentre sta frequentando la prima liceo in una scuola americana in Germania: è già una protagonista “coppoliana” in piena regola, silenziosa e malinconica. Quando uno dei militari della base le propone di andare a casa di Elvis Presley – anche lui arruolato e stazionato lì nonostante il livello già stratosferico della sua fama – Priscilla accetta immediatamente: dopotutto, who doesn’t like Elvis? Sono invece la giovinezza, il candore, la timidezza ma soprattutto l’americanità di Priscilla a colpire Elvis: ancora devastato dal dolore per la morte della madre e trapiantato in una realtà a lui ostile come quella dell’esercito, Elvis trova in Priscilla la perfetta girl next door, l’unico elemento familiare in un mondo a lui straniero. 

"Priscilla" di Sofia Coppola
“Priscilla” di Sofia Coppola (Credits: A24)

Priscilla non parla molto: i pochi momenti di conflitto esplicito nella prima parte del film sono quelli con i genitori, i quali sono sconcertati e talvolta addirittura spaventati dalla sua emotività adolescenziale. Priscilla lotta soltanto per rivedere Elvis, insiste sull’importanza della sua presenza per aiutarlo a superare il lutto: quello della relazione con lui sembra essere l’unico desiderio di un’esistenza di obbedienza e auto-privazione. Durante il corso del film e della relazione tra i due, lo spazio per i desideri di Priscilla verrà sempre più ridotto sotto la volontà di Elvis. La grande differenza d’età, evidenziata esplicitamente più volte da Coppola, è uno dei tanti elementi che va a rendere la dinamica di potere all’interno della relazione incredibilmente sbilanciata. Priscilla non solo non ha neanche sedici anni, e quindi, per ovvi motivi, è impossibilitata a scegliere per sé, ma è anche una giovane donna e perciò si trova al di sotto di una serie di aspettative e necessità di conformarsi a determinati ruoli di genere: primo fra tutti, quello della casalinga perfetta. A confronto, la libertà di Elvis è quasi totale, agevolata dalla fama e dal denaro oltre che dal suo status: è una libertà di movimento – Elvis è infatti chiaramente libero di andarsene da Graceland a suo piacimento – ma anche dai vincoli di una relazione standard.

"Priscilla" di Sofia Coppola
“Priscilla” di Sofia Coppola (Credits: A24)

In Priscilla Coppola riesce ad evocare perfettamente l’adorazione adolescenziale: il giorno dopo aver baciato Elvis per la prima volta, vediamo Priscilla camminare per i corridoi della sua scuola (immagine che viene ripresa spesso anche più avanti nel corso del film per sottolineare ancora di più la sua estraneità nei confronti dei coetanei) con un’espressione contenta ma anche consapevole di doverlo nascondere a tutti i costi. L’interpretazione di Cailee Spaeny si muove in dimensioni soprattutto sottintese, che raggiungono uno spettatore predisposto ad accoglierle.  

"Priscilla" di Sofia Coppola
“Priscilla” di Sofia Coppola (Credits: A24)

Ad alimentare ulteriormente questa sensazione di adorazione caratterizzante l’innamoramento iniziale di Priscilla è anche l’interpretazione di Jacob Elordi. Lo studio del personaggio fatto da Austin Butler nel film di Baz Luhrmann sarebbe stato in questo contesto decisamente superfluo: difatti, nonostante la relazione con Elvis, sia ciò cui ruota intorno la maggior parte dl film (del resto, è pur sempre l’adattamento di un libro che si chiama Elvis & MePriscilla rappresenta un Elvis di cui non vediamo la carriera – ad eccezione di qualche diverso taglio di capelli o cambio di costume ogni tanto. Non ci sono trucco prostetico o grandi effetti speciali: la grande attenzione al dettaglio da parte della produzione non si misura su una prova attoriale che punta raggiungimento di una perfetta somiglianza. Ciò che Elordi riesce ad incorporare perfettamente è il fascino di un personaggio come quello di Elvis, che trasuda coolness e attira tutte le persone intorno a lui come un magnete: in Priscilla questa caratteristica è di gran lunga più rilevante di qualsiasi performance di Elvis rifatta passo per passo. 

“Priscilla” di Sofia Coppola (Credits: A24)

Priscilla è una storia d’amore e di potere: è una storia di sentimenti reciproci ma anche di manipolazione. Coppola fa emergere un’immagine di Elvis che ha degli ideali molto chiari e indiscutibili sul ruolo della donna e sul matrimonio. Priscilla per lui è la donna perfetta, in quanto esiste soltanto in relazione a lui, che non ha una carriera o una personalità che si imponga sulla sua. Dopo il trasferimento definitivo di Priscilla a Graceland, Elvis diventa addirittura architetto della sua immagine: sceglie i vestiti da farle indossare, le fa tingere i capelli e le indica acconciature e trucco da portare.

“Priscilla” di Sofia Coppola (Credits: A24)

Una donna perfetta per Elvis è però soprattutto una donna che aspetta, in silenzio. E Priscilla non fa che aspettare, in una Graceland che man mano diventa una sorta di limbo, in cui le lunghe assenze di Elvis sono punteggiate soltanto dalle ultime notizie sui suoi flirt con le dive del cinema sulla stampa scandalistica. Quando (inevitabilmente) le è stato chiesto in conferenza stampa se Priscilla fosse un film femminista Sofia Coppola ha risposto di no: è una storia di crescita – sicuramente meno empowering di altre – di una ragazza che entra in una realtà più grande di lei da bambina e che ne esce da donna adulta. Chiaramente Priscilla non ha nessun tipo di agency, non solo per il periodo in cui è ambientato il film, ma soprattutto perché come potrebbe averne a Graceland, luogo in cui tutto e tutti sono a servizio dell’immagine di Elvis (lui compreso)? La storia di Priscilla non può che svilupparsi in una serie di non detti: Coppola traccia un quadro in cui questi silenzi possono essere riconosciuti e finalmente compresi dallo spettatore.

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