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di giulia

Partiamo col dire, innanzitutto, che il rapporto tra cinema e città va valutato diversamente a seconda dei contesti – culturali, urbani e, più precisamente, cinematografici – e dei periodi; in ogni caso, interessa occuparsene quando la città in questione non è considerata solo come “sfondo”, seppur significativo, bensì come “agente” che interviene attivamente nella rappresentazione, con tutte le sue componenti.

“Cleo dalle 5 alle 7′ di Agnès Varda (Credits: IMDb).

Emblematico in questo contesto è il caso di Cleo dalle 5 à 7 di Agnès Varda, girato nel 1962. Anche se nella storia del cinema “istituzionale” non le è mai stato attribuito un ruolo pari a Godard e Truffaut, né tanto meno ad altri autori della Nouvelle Vague, è proprio a Varda che possiamo attribuire lo status di origine della Nouvelle Vague. Infatti, in un film come Cleo dalle 5 to 7 si ripetono continuamente alcuni dei principi cardine del movimento: la figura del regista come autore del film, la volontà di girare fuori dagli studi cinematografici, la scelta di attori nuovi o esordienti, l’uso di salti e montaggi tipici dei giovani ribelli.

“Cleo dalle 5 alle 7′ di Agnès Varda (Credits: IMDb).

Il film di Varda racconta due ore di vita di una giovane cantante di varietà, in attesa del risultato di un esame che determinerà se ha il cancro. Nel tempo che la separa dal riscontro medico (ovvero dalle 5 alle 7 – 17:00 alle 19:00) la giovane si dedica alle sue attività abituali: va al bar con la sua assistente Angèle, passeggia per le vie di Parigi, fa acquisti, incontra il suo amante, i suoi colleghi e la sua amica. Riprese dei quartieri e delle strade di Parigi accompagnano la protagonista nel suo viaggio di 90 minuti passando da rue de Rivoli all’ospedale Salpetrière. Uno sguardo sociologico sulla vita parigina si unisce al punto di vista di Cleo e alla sua interiorità tormentata dal pensiero della morte, rendendo questo film un’opera unica. Il film racconta la trasformazione di Cleo in relazione all’ambiente parigino. La protagonista si libera da uno sguardo esterno, riuscendo ad osservare il mondo con i propri occhi. La crescita di Cleo avviene per le strade del quartiere, in Boulevard Raspail e vie limitrofe: il suo passeggiare può sembrare a primo sguardo passivo, uno dei tanti atti quotidiani della vita, ma la paura di una vita che sta raggiungendo il suo termine fa prendere nuovi significati anche alle piccole cose, caricando i fatti di un valore speciale.

“Cleo dalle 5 alle 7′ di Agnès Varda (Credits: IMDb).

Cleo e Montparnasse sono i due protagonisti del film: la regista costruisce una sorta di documentario sul quartiere e sulla ragazza. Varda infatti segue la sua eroina senza puntini di sospensione: per le strade del quartiere, quando viaggia in taxi e in autobus, segue il percorso reale nella sua durata temporale e nella sua dimensione geometrica e topografica. Tutto sembra essere ripreso con un occhio obiettivo. L’uso di inquadrature fisse e ampie, tipiche di un’inquadratura oggettiva, si alterna a sofisticati movimenti di macchina, chiaramente indicativi di uno sguardo soggettivo. Abbiamo infatti una sovrapposizione e un’influenza degli sguardi di Varda – che riprende Cleo e il suo quartiere – e di Cleo che guarda se stessa e il mondo che la circonda. Nel gioco di sguardi tra la regista e la sua eroina, l’occhio della protagonista a volte sembra sovrapporsi e fondersi con quello della regista stessa che inserisce alcuni momenti documentaristici nella finzione della narrazione.

“Cleo dalle 5 alle 7′ di Agnès Varda (Credits: IMDb).

Gli scatti del quartiere riflettono lo sguardo di Cleo sulla realtà, quindi, davanti al cambiamento radicale che avviene in lei, la città fa da sfondo, spesso in un’immagine sfocata. Diventa visibile solo quando è Cleo che la scopre, che si sofferma sui suoi dettagli, che vuole conoscere nuove zone, come il parco Montsouris di cui le parla la sua amica Dorotée. Prima del cambiamento Cléo è indifferente allo spazio in cui si muove, domina da sola la scena perché guarda solo se stessa. La città appare costellata di simboli di morte o come tali sono da lei interpretati: il negozio “Rivoli Deuil” (Rivoli in lutto) davanti al quale passa con Angèle, le lugubri maschere africane che Cleo vede due volte dal taxi esposte in un negozio e che le portano tristezza e angoscia. La realtà che entra nell’abitacolo del taxi attraverso la radio parla ancora una volta di morte e malattia: le violente manifestazioni contro la guerra in Algeria e l’operazione chirurgica di Edith Piaf. La città appare agli occhi di Cleo indifferente e distante. D’altra parte, lei stessa è distante e indifferente alla città che è lo specchio del suo stato d’animo. Dominata dalla paura, la giovane donna sembra vedere solo segni di morte o tristi presagi, facendole vedere solo ciò che è connesso ad essa.

“Cleo dalle 5 alle 7′ di Agnès Varda (Credits: IMDb).

Cleo è colpita e interessata da chi abita quelle strade: Montparnasse è la gente che ci abita. Il quartiere diventa ora co-protagonista: la ragazza è infatti ripresa dall’alto mentre cammina a passo spedito lungo il Boulevard così che la sua figura appare immersa nell’imponenza del viale e dei suoi alberi. Il viale sembra un enorme palcoscenico dove si esibiscono strani personaggi, come un mangiatore di rane oppure un uomo che si “trapana” il braccio, apparentemente senza dolore. Una folla variopinta, quasi un freak show, che mette in scena uno spettacolo per i passanti, realizzando così le intenzioni del costruttore di questi spazi urbani, immaginati come palcoscenici. Il Boulevard, opera di Haussmann, creato per dare un volto grande e teatrale alla città, è un enorme palcoscenico verde (gli alberi sono l’elemento fondamentale) su cui agire attraverso i caffè e i negozi che vi si affacciano. Per Cleo, sempre più sola, la città diventa un luogo dove cercare affetto e amicizia. La città è ora un luogo da scoprire con nuova attenzione.

“Cleo dalle 5 alle 7′ di Agnès Varda (Credits: IMDb).

Dal momento in cui Cleo cambia il suo modo di guardare la realtà, la città diventa co-protagonista della narrazione. La cantante, come Varda, è più interessata alle persone che incontra che all’urbanistica del quartiere. Infatti, secondo quanto pensa la regista, la città è fatta dalle persone che la abitano. Varda parte dalla realtà per raccontare la sua storia immaginaria: la realtà filmata è solo il punto di partenza per un discorso personale e talvolta fantastico. È animato da un’anima particolare che la regista coglie nei luoghi e nelle persone che li abitano.

Giulia

Nouvelle Vague, arti visive e ramen istantaneo. Non mi piace parlare di me, ma mi piace parlare di film.

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