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di virginia

20th Century Women, distribuito in Italia con il titolo Le donne della mia vita, è il terzo lungometraggio di Mike Mills, da lui scritto e diretto. Il film, uscito nel 2016, segue Beginners (2010), pellicola dai forti toni autobiografici in cui il regista analizzava, ormai a distanza di anni, il rapporto con i genitori, partendo dall’adolescenza fino all’età adulta. In un certo senso, 20th Century Women si può considerare un “sequel ideale”, visto che anche qui il regista racconta l’impatto che la figura della madre ha avuto nel corso della sua vita. Stando alle dichiarazioni dello stesso Mills, infatti, l’intento del film è quello di riportare agli occhi dello spettatore l’ambiente familiare in cui è cresciuto e non è un caso che abbia preso ispirazione dalle figure della madre e delle sorelle per scrivere e delineare i caratteri dei principali personaggi del film.

Greta Gerwig ed Elle Fanning in “Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

La storia prende luogo alla fine degli anni Settanta, precisamente nel 1979, a Santa Barbara, in California e segue le vicende di Jamie Fields (interpretato da Lucas Jade Zumann), giovane quindicenne che – come tutti gli adolescenti – ancora non ha trovato la sua dimensione nel mondo. A calmare le apprensioni della madre Dorothea (Annette Bening) nei confronti del figlio ci sono due importanti figure femminili: Julie (Elle Fanning), coetanea e amica di Jamie, e Abbie (Greta Gerwig), fotografa e studentessa di arti visive trasferitasi nella grande casa di Dorothea per sfuggire all’ambiente tossico della sua famiglia. La storia si sviluppa a partire da una richiesta da parte di Dorothea verso le due ragazze: chiede che possano aiutarla a crescere Jamie e darle consigli, dato che ormai sente di non avere più la stessa autorevolezza sul figlio di un tempo.

Annette Benning in “Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

Nonostante i dubbi iniziali di Julie, che si domanda se non sia necessario un uomo per crescere un altro uomo, le due ragazze si impegnano per inserire Jamie nei loro rispettivi ambienti sociali e stargli vicino. Nel processo di formazione che vede coinvolto il protagonista si osservano alcuni eventi che inevitabilmente allontanano la generazione della madre da quella del figlio e dei suoi coetanei, rendendo un dialogo tra Jamie e Dorothea se non impossibile, certamente più distante e difficile. Si ha una forte caratterizzazione dei principali personaggi: di ognuno si conosce la formazione e la storia personale, fornita sempre da una voce fuoricampo e accompagnata da foto che scorrono sullo schermo; questo contribuisce a collocare in un preciso periodo la loro crescita e, di conseguenza, funziona come una guida per lo spettatore, dato che spiega molte cose del loro modo di pensare.

Elle Fanning e Lucas Jade Zumann in “Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

Dorothea è, agli occhi dello spettatore, una donna moderna e indipendente: ha divorziato da suo marito poco dopo la nascita di Jamie, lavora come designer in un’importante azienda e cresce da sola il figlio adolescente. Per quanto voglia sembrare al passo coi tempi, nel corso della storia non è difficile rendersi conto di quanto questo suo atteggiamento sia solo di facciata: i suoi tratti contemporanei si ritrovano soprattutto in superficie (come la voce fuoricampo di Jamie non manca di sottolineare, indossa scarpe Birkenstock e fuma sigarette Salem perché “è contemporanea”), la sua modernità è solo apparenza. Finge di non arrabbiarsi, ostenta tranquillità e noncuranza di fronte ai comportamenti provocatori e ribelli del figlio ma in realtà non riesce a prendere sonno finché non ha la certezza che sia rientrato a casa sano e salvo. Dorothea si rivela come una donna ancorata al passato e non sembra volerlo abbandonare. Infatti, per quanto si sforzi di sembrare attuale, in realtà, nelle piccole cose, non riesce a liberarsi di ciò che ormai è stato: il suo uomo ideale è ancora Humphrey Bogart e la vecchia automobile che possiede, un tempo appartenuta all’ex marito, nonostante prenda fuoco nella scena iniziale del film, è, secondo la donna, “tutto sommato ancora in funzione”.

“Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

Il grande scarto generazionale, che divide la madre dalle generazioni successive, viene esemplificato nella scena del discorso alla nazione sulla crisi di fiducia (A Crisis of Confidence Speech), discorso che Jimmy Carter, allora Presidente degli Stati Uniti, tenne in diretta televisiva il 15 luglio 1979. Dorothea, dal salotto di casa sua, sta ascoltando le parole del presidente insieme a Jamie e a un gruppo di ragazzi molto più giovani di lei, i quali, nel momento esatto in cui Carter cessa di parlare, convengono su quanto sia spacciato e i suoi giorni da presidente stiano finendo. Dorothea, al contrario, trova il discorso bellissimo e molto profondo, dotato di una grande carica motivazionale. La differenza di posizioni della madre con il resto dei presenti è stridente e questo contribuisce a farla sentire sola e sempre più isolata in un mondo che sta cambiando troppo velocemente: non capisce la musica che Jamie ascolta ai concerti, non capisce il modo di vestirsi di Abbie e trova inspiegabile il modo di comportarsi di Julie, che decide di dormire con più ragazzi e lo dichiara apertamente.

Le donne della mia vita
“Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

Dorothea appartiene a quel mondo in cui parlare di mestruazioni è ancora un taboo e questo retaggio culturale della donna viene accentuato dal divario generazionale con gli ospiti che gravitano attorno a casa Fields, sempre più giovani della madre di Jamie. Abbie è tormentata dai crampi mestruali e non riesce a cenare insieme a tutti gli altri invitati, dando chiari segni di sofferenza. Quando alla ragazza viene chiesto che cosa le stia infliggendo così tanto dolore e quest’ultima dichiara il motivo della sua sofferenza Dorothea arriva quasi a vergognarsi, come se questo fattore fisiologico non la riguardasse o, peggio ancora, le facesse provare disgusto. La forma mentis di Dorothea si spiega bene con il contesto in cui è cresciuta, all’interno di una società ipocrita e prettamente maschilista secondo cui una donna deve mostrarsi sorridente e tenere per sé qualsiasi cosa possa costituire fonte di dolore o sofferenza.

Le donne della mia vita
“Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

Un altro grande tema che si sviluppa nel corso della storia è quello della maternità. Non sorprende che venga fuori l’argomento in un film con personaggi prevalentemente femminili, ma è curioso il modo in cui viene affrontato, analizzando il rapporto delle tre donne nei confronti dei loro figli o genitori. Del personaggio di Dorothea, ampiamente trattato, resta solo da dire che si caratterizza come madre, non solo di Jamie, ma anche delle ragazze che si ritrova ad accogliere in casa: Abbie ha un rapporto conflittuale con i genitori così come Julie, anche se per motivi diversi e Dorothea finisce per accogliere queste due giovani donne ma non si fa scrupoli a redarguirle se nota qualcosa di sbagliato nei loro comportamenti. Abbie si ritrova a vivere con la famiglia Fields perché, a detta sua, sua madre non è stata in grado di comprenderla: dopo che le è stato diagnosticato un cancro alla cervice, i rapporti si sono frantumati – probabilmente anche per il fatto che il cancro di Abbie è stata conseguenza diretta di una pillola per la fertilità che sua madre aveva assunto prima di concepire la figlia.

Le donne della mia vita
Greta Gerwig “Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

Abbie si configura come una madre mancata, desidera avere figli ma si sente “tradita” dal suo corpo, che, non è in grado di sostenere una gravidanza. In molte scene si ha una sorta di complementarità tra i due personaggi di Dorothea e Abbie, viene manifestata la piena realizzazione di una come madre e il desiderio inappagato dell’altra (soprattutto quando Abbie chiede alla madre di Jamie se averlo come figlio sia stata la gioia più grande della sua vita). Julie, invece, la cui madre è psicoterapeuta, paradossalmente non ha né un dialogo né un canale di comunicazione con lei: la notte scappa di nascosto e trascorre la maggior parte del suo tempo con Jamie, che è anche il principale confidente e la prima persona a cui si rivolge se ha un problema, nonostante la giovane età. Anche Julie si trova a dover fare i conti con il concetto di maternità – anche se in modo brutale e forzato – dopo che una sera ha avuto rapporti non protetti con un ragazzo: la ragazza è impaurita e disperata al pensiero di poter avere un figlio a quest’altezza di tempo ma, anche in questo caso, è Jamie ad assisterla, quando le resta vicino mentre sperimenta un test di gravidanza fai-da-te (sono questi gli anni in cui lo strumento inizia a diffondersi a prezzi popolari sul mercato).

“Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

Al di là di questo riferimento alle scoperte della medicina e scienza di quegli anni – scoperte che in modo speculare rovinano Abbie, rendendola sterile, e salvano Julie, consentendole di scoprire se sia rimasta incinta o meno – Mills riesce a restituire lo spirito del tempo in modo impeccabile e senza servirsi di grandi congetture: la rivoluzione Sandinista viene citata di sfuggita, Jamie indossa una t-shirt di Tony Alva, il suo skater preferito – sono infatti questi gli anni portati sul grande schermo anche da Catherine Hardwicke nel suo Lords of Dogtown (2005), film cult sulla scena dello skateboard californiana. Vengono ripresi gli scontri e le rivalità tra band, tra i fan dei Talking Heads e quelli dei Black Flag e Abbie sottolinea come sia divisiva la scena del punk dopo che la macchina di Dorothea è stata sfregiata da qualche sostenitore dei Black Flag. Si hanno poi moltissimi riferimenti alla prosa e poesia femminista, oltre che a libri e manifesti effettivamente pubblicati in quegli anni, libri che aiutano Jamie nella sua formazione.

Le donne della mia vita
Greta Gerwig in “Le donne della mia vita” di Mike Mills (Credits: IMDb)

In conclusione, 20th Century Women racconta una storia di formazione personale che, attraverso i personaggi che la compongono, riesce ad elevarsi a racconto universale: nonostante la specificità del tempo e del luogo in cui le vicende sono ambientate, le dinamiche tra genitori e figli, ora conflittuali, ora pacifiche, restano comunque uguali a se stesse nel tempo, qualsiasi sia il contesto in cui si ritrovino a vivere.

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