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di beth

Wim Wenders riesce, ancora una volta, a trovare il luogo in cui poesia, cinema e filosofia si intrecciano, mostrandoci uno squarcio della vita di un lavoratore essenziale nella Tokyo ambientata ai nostri giorni. Realizzato attraverso tenero apprezzamento per i momenti “intermedi”, Perfect Days si configura come un equilibrio tra malinconia, sincerità e ottimismo.

“Perfect Days” di Wim Wenders (Credits: Wenders Images)

Alla fine di maggio, in un pomeriggio di sole, nella sala del Grand Lumiere Theatre, il nuovo lungometraggio di Wim Wenders, Perfect Days, originariamente pensato nella forma di un cortometraggio, è stato presentato in anteprima mondiale, in concorso all’interno della selezione ufficiale del Festival di Cannes, rendendolo il suo secondo film ad apparire nella programmazione della scorsa edizione del Festival. Il film di Wenders, dal ritmo compassionevole e lento, è una coproduzione tedesco-giapponese con un cast interamente giapponese. Il film cattura alcuni scorci della vita di Hirayama (interpretato da Kōji Yakusho, tra le altre cose, anche co-produttore del film), un uomo di mezza età che vive a Tokyo.

"Perfect Days" di Wim Wenders
“Perfect Days” di Wim Wenders (Credits: Wenders Images)

Wenders dipinge un quadro intricato sull’umile esistenza di Hirayama, che ogni giorno si prende il proprio tempo per dedicarsi a una serie di hobby che derivano dai suoi molteplici interessi: coltiva piante, legge filosofia, scatta fotografie e si perde nella musica. Tuttavia, Hirayama non permette mai ai suoi interessi di definire la sua persona: trae gioia da queste attività nello stesso modo in cui trova gioia nella quiete della vita. La radice della sua felicità trascende qualsiasi esperienza, luogo o persona tangibile, portando avanti un tema meravigliosamente rilevante per una storia sulle ultime fasi della vita. Hirayama non esprime mai il desiderio di diventare un coltivatore professionista di piante, un fotografo o un musicista: la sua esistenza semplicemente ruota attorno all’osservare la bellezza di queste cose e, per guadagnarsi da vivere, pulisce bagni pubblici.

"Perfect Days" di Wim Wenders
“Perfect Days” di Wim Wenders (Credits: Wenders Images)

In bilico tra lo spettacolare e il banale, l’esistenza di Hirayama è, allo stesso tempo, cinematografica e semplice. La prima ora della pellicola è quasi completamente priva di dialoghi e c’è una curiosa ambiguità quando Wenders lascia che si rifletta sul perché si è stati invitati a prendere parte alla vita di quest’uomo. Il realismo mondano e le sperimentali sequenze oniriche in scala di grigi si intrecciano grazie all’attenta manipolazione del tempo e del ritmo cinematografico, cosa che Wenders gestisce con delicatezza per riflettere l’esperienza assolutamente soggettiva di Hirayama nel mondo che lo circonda. Ci muoviamo nella metropoli urbana al fianco di Hirayama, osservando le sue pause per notare i piccoli dettagli della sua vita quotidiana, a volte mediocre, a volte bellissima.

"Perfect Days" di Wim Wenders
“Perfect Days” di Wim Wenders (Credits: Wenders Images)

Come suggeriscono le riprese aeree del paesaggio, Hirayama trascorre la maggior parte della sua giornata rinchiuso in “scatole”. Il suo appartamento è minimal e sobrio, raccoglie il caffè mattutino da una scatola posizionata comodamente fuori dalla facciata della sua casa, il furgone che guida lo trasporta attraverso le strade ordinate da un lavoro all’altro e trascorre la sua giornata lavorativa pulendo i gabinetti nei bagni (sempre a forma di cubo) sparsi per la città. I bagni pubblici che si vedono nella pellicola, “bagni all’avanguardia”, sono una vera e propria invenzione e sono stati installati nel 2020: si trovano nei parchi di tutta Tokyo e sono stati progettati da alcuni dei migliori designer e architetti del Paese. Sono completamente trasparenti, ad attivazione vocale, e sono stati progettati per integrarsi con l’ambiente naturale circostante.

"Perfect Days" di Wim Wenders
“Perfect Days” di Wim Wenders (Credits: Wenders Images)

Non deve stupire lo spettatore il fatto che Wenders scelga di proiettare il film nel classico formato claustrofobico in 4:3, inserendo questo intero mondo che decide di filmare all’interno di un’ulteriore finestra a forma di scatola. Wenders è un maestro nell’incorporare gli ambienti urbani nel tessuto dei suoi film, e qui assegna alla città di Tokyo un ruolo molto importante; razionalizzata e ordinata, a volte poco empatica ma mai monotona, la routine di Hirayama è scandita dalle regole della città in cui vive, e il suo futuro sembra tracciato davanti a lui all’infinito. Apparentemente privo di una famiglia e senza nemmeno avere consapevolezza della propria voce (Hirayama rimane praticamente in silenzio per la maggior parte del film, mentre sono gli altri personaggi a parlare con lui o a rivolgergli la parola), sembrerebbe che il protagonista si sia incamminato sulla strada sbagliata, verso l’infelicità, ma non è così. Hirayama, nonostante la sua posizione all’interno della società e il suo lavoro manuale poco remunerativo, nonostante la sua mancanza di interesse romantico e l’assenza di una rete di supporto evidente, è un uomo straordinariamente soddisfatto della sua vita.

"Perfect Days" di Wim Wenders
“Perfect Days” di Wim Wenders (Credits: Wenders Images)

Il film è stato girato interamente a mano, come Wenders ha affettuosamente sottolineato durante il discorso di chiusura della premiere, menzionando direttamente il suo direttore della fotografia (Franz Lusting) e definendolo un “treppiede vivente”. Perfect Days è un beato viaggio in una città in continua evoluzione, ricca di sensazioni e di riferimenti alla cultura underground, nel tipico stile di Wenders. Rimane un film ottimista in modo tenace, piacevolmente riflessivo e sorprendentemente positivo di fronte ai cambiamenti. La sceneggiatura si concentra sullo scambio positivo delle interazioni intergenerazionali e su come generazioni diverse possano imparare l’una dall’altra. La sceneggiatura evita anche di fornire qualsiasi tipo di critica ai rapidi cambiamenti della società moderna e celebra, invece, le nuove voci e le innovazioni, pur mantenendo un cupo rispetto per il passato. Il film è un vero e proprio riflesso dell’atteggiamento di Wenders nei confronti delle arti e del mondo esterno, e forse anche del motivo per cui, all’età di 77 anni, continua a produrre film così rilevanti e significativi.

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