Skip to main content

Di che cosa parliamo, quando parliamo de “Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti? Abbiamo provato a mettere insieme, in questa sorta di tavola rotonda, pensieri, parole, opere, omissioni e tutto quello che ci è passato per la testa durante (e dopo) la visione del film. Prendete sul serio queste nostre parole, ma con moderazione.

(@nannimoretti_ via instagram)

giulio

Mi hanno chiesto di sedermi concettualmente a questa tavola rotonda al posto di Giulia, che è a Parigi e che quindi non può vedere Il sol dell’avvenire.

“In testa ci stanno troppi pensieri, però troppi pensieri fanno bene perché bisogna pensare a tutto”. Sembra parlare della mia situazione guardando il film, questo pensiero tratto da una scena di Palombella Rossa. Sembra parlare della situazione in cui mi trovo in questo momento, dovendone scrivere, durante il continuo della scena: “Non bisogna leggere, ma non bisogna nemmeno scrivere, perché un concetto appena viene scritto ecco subito che diventa menzogna”. Invece, stavolta, provo a dare forma scritta alle sensazioni vissute guardando il film nel pomeriggio del giorno di uscita. Premetto che Nanni Moretti è una delle persone che hanno inciso di più nella mia vita, educandomi soprattutto alla passione, alla critica e all’autocritica; le sensazioni provate durante la visione di un suo film sono quindi sempre inquinate dai sentimenti che mi legano alla sua arte, prendetele per tali.

“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Byung-Chul Han parla dell’amore come mezzo di una rivoluzione poetica della lingua e dell’esistenza, capace di connettere l’elemento artistico, quello esistenziale e il politico. L’amore, quindi, come gesto artistico, esistenziale e politico. Questo è quel che mi arriva da Il sol dell’avvenire, un film d’amore basato su un continuo intreccio di questi tre elementi. Ne è esempio perfetto il film sul ’56, gesto artistico, esistenziale e politico del personaggio Giovanni da intendere come gesto profondamente esistenziale e politico per la persona Nanni, oltre che per lə spettatorə. Altro esempio è la relazione fra Giovanni e Paola, che afferisce sicuramente alla sfera esistenziale, ma che si ripercuote in maniera dirompente su quella artistica e politica in forma di chiara contrapposizione tra le opposte visioni che i due sono arrivati ad avere del cinema. Da un lato, quindi, l’approccio passionale e artistico di Giovanni, dall’altro l’approccio entusiasta, consumistico e algoritmico delle produzioni di Paola.

“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Ad arricchire l’opera, poi, le scelte e i dettagli, capaci di avvolgere il film in un velo di nostalgia. Il finale ovviamente ne è testimonianza massima, ma il film è denso di altri dettagli e rimandi alla filmografia di Nanni Moretti. Per citarne due: il nome del circo che è chiaro rimando a Imre Budavári pallanuotista ungherese (interlocutore peraltro di Michele Apicella nella scena da me citata in apertura), mentre l’iconica scena di Caro Diario con Moretti che palleggia ripetuta con l’attore che, però, stavolta si stanca. Un film “con tante belle canzoni, […] tante canzoni italiane”: iconica l’ennesima scena in cui Nanni Moretti canta stonato una canzone, stavolta tocca a Sono solo parole di Noemi, così come iconica è la scena in cui tutti girano come i “dervisci rotanti” sulle note di Voglio vederti danzare. Senza dimenticare Lontano lontano di Tenco e La canzone dell’amore perduto di De Andrè. Insomma, uscendo dalla sala ho detto a mio babbo che Nanni è sempre capace di farmi sentire meno solo.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

virginia

Cos’hanno in comune Paolo Sorrentino, Steven Spielberg, Alejandro González Iñárritu e Nanni Moretti? Sono tutti affermati registi uomini, diranno subito i miei (non così piccoli) lettori. Vero. In particolare, sono tutti registi che negli ultimi anni sono ritornati sulla scena cinematografica con un film che racconta della loro vita o della loro esperienza lavorativa fino a ora. Nanni Moretti si inserisce prepotentemente in questa schiera di registi, ma riesce a farlo a modo suo, senza mai prendersi sul serio e raccontare con un filtro melodrammatico (al contrario del resto dei registi sopracitati) un’intera carriera nel mondo del cinema italiano. Qualcuno, dopo la visione del film, mi ha fatto notare che, tutto sommato, non possiamo considerare Moretti una new entry in questa categoria di registi, dato che per la maggior parte dei suoi film ha intrecciato vicende personali al suo personalissimo concetto di cinema. In effetti, è vera anche questa considerazione, soprattutto se teniamo a mente quanto drammatico e triste avrebbe potuto essere questo film quando, invece, riesce nel suo intento di restare leggero ma senza mai scadere nel superficiale.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Devo essere sincera: avevo basse aspettative per questo film. Il trailer, uscito qualche settimana fa, le ha abbassate ulteriormente. Ma che vuol dire, di preciso, “film sovversivo”? Dopo l’enorme delusione rappresentata da Tre Piani (sì, lo sappiamo bene che al Festival di Cannes qualsiasi cosa Moretti decida di presentare, si prende comunque i suoi dieci minuti di applausi e standing ovation) avevo perso completamente la fiducia in Nanni Moretti. Avevo già iniziato a pensare al fatto che, ormai, dopo una lunghissima carriera dove aveva raccontato tutto il possibile e l’immaginabile, avesse finito le storie da raccontare. Fortunatamente, però, sono stata smentita – anche se, ancora una volta, ritorna sullo schermo quella dinamica coniugale consumata e ormai arrivata al capolinea interpretata, ancora una volta, da Margherita Buy e Moretti stesso.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Un basic fan di Nanni Moretti (e chi non lo è in questa Penisola?) apprezza sicuramente le citazioni più o meno velate che il regista decide di inserire nel suo ultimo film – personalmente, la mia preferita è la stessa coperta, ripresa da Sogni d’oro, che il personaggio di Giovanni indossa sul divano. È anche vero che, a volte, queste citazioni finiscono per apparire un po’ troppo fini a loro stesse e ridondanti: la scena in cui Giovanna dichiara di voler scrivere una sceneggiatura con protagonista un nuotatore, mentre sta nuotando in piscina serve, sì, a ricordarci di che gran bel film sia Palombella Rossa, ma a parte quello? Moretti, qui, non fa solo i conti con il proprio cinema, ma anche con la scena cinematografica intesa in senso lato: con le ferree regole di marketing imposte da Netflix; con un gruppo di produttori sudcoreani che, alla fine della fiera, è responsabile per la realizzazione del film di Giovanni; con giovani registi, che sembrano avere una concezione di cinema completamente diversa da quella del protagonista. Addirittura arriva a fare i conti con la storia, proponendo una versione ucronica dei fatti – forse per fare i conti con quel Partito Comunista Italiano che già avevamo conosciuto dai suoi precedenti film – in un finale che ha dell’ottimismo quasi inedito al giorno d’oggi. Le parole sono importanti, ma lo sono anche i film – e questo Nanni Moretti lo sa.

“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

martino

Caro Nanni, ti ricordi quando andavi in vespa per i quartieri di Roma facendoci innamorare dei tuoi film? Che reazionario che eri, come ci piaceva quell’immagine di libertà che ci regalavi insieme alle tue massime sul cinema e sulla vita. L’altra sera vederti su quei monopattini elettrici mi ha distrutto. Mi sono sentito come se avessi visto Pepe Mujica a Miami sulla spiaggia, con il costume di Travis Scott, a far festa con Bolsonaro, è stato un colpo al cuore. Nonostante questo Il sol dell’avvenire crea un ponte tra un passato politico e cinematografico, che ricordiamo forse con troppa ingenuità e ammirazione, e il bieco presente.

Il sol dell'avvenire
(@nannimoretti_ via instagram)

L’alter ego Giovanni è un Michele Apicella cresciuto, ma non maturato, che utilizza la sua unicità non più per farci sorridere e riflettere sulla realtà circostante, ma per difendersi da questa. Questo perché i tempi sono cambiati e Giovanni è incompreso nel mondo di oggi, è cosciente di questa situazione e si difende come può, con il rituale di vedere il solito film con la moglie e la figlia, con le sue critiche alla violenza, con il convincersi che un film ogni 5 anni è troppo poco per i tempi che corrono. Anche il film che sta girando su una piccola sezione del PCI degli anni ’50 che decide, dopo i fatti di Budapest del ’56, di prende le distanze dall’Unione sovietica, non è altro che un rifugio sicuro per Giovanni, forse anche per lo stesso Nanni Moretti, visto che quelle distanze dall’URSS non furono mai prese nella storia. Il capo sezione è interpretato da Silvio Orlando, che come sempre è impeccabile. La scena del cappio dà l’idea di uno sfizio che Nanni Moretti si vuole togliere, un po’ per dare complessità al personaggio e un po’, forse, per creare uno stato di ansia che ci accompagni, anche se per poco, nel mondo di Giovanni.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

La crisi con la Moglie (Margherita Buy) e il distacco della figlia sono un cliché ben rodato, ma con l’universo di Nanni Moretti hanno poca assonanza ed inevitabilmente cadono nel futile, stridendo con la filmografia del regista. Il topos delle scarpe, l’amore per il nuoto, la selezione di canzoni da viaggio in macchina con gli amici e l’autoreferenzialità ci fanno sorridere come sempre e ci accompagnano lungo tutta la narrazione. Il regista omaggia Fellini con una serie di scene circensi e inserendo il finale de La dolce vita creando così un’antinomia con il Nanni Moretti che voleva staccarsi dal cinema italiano per creare un prodotto nuovo, che come abbiamo visto negli anni è stato apprezzato e premiato più in Francia e all’estero che in Italia.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

La scena finale mostra una parata, una processione in festa verso il sol dell’avvenire. Questo corteo è la continuazione di quei grandi ideali che muovono gli animi dei “compagni” della piccola sede del PCI all’interno della narrazione e che purtroppo restano nell’ucronia del film. Nella parata il regista inserisce anche gli attori con cui ha collaborato negli anni: Giulia Lazzarini, Alba Rohrwacher, Jasmine Trinca, Anna Bonaiuto, Lina Sastri e Renato Carpentieri come a voler ringraziare, in quest’opera celebrativa dei suoi 50 anni da regista, gli attori che hanno contributo al suo successo e a quello dei suoi film.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

filippo

Esco dal cinema pervaso da una strana dolcezza. La platea, in un silenzio contemplativo, non si è mossa fino all’ultimo titolo di coda, e solo allora si è sciolta in un lungo applauso. Il Nuovo Sacher è un templio del morettismo, mi dicevano, e questa sera ne ho avuto la conferma. La gente che viene qui ha vissuto una vita intera facendosi accompagnare dai film di Moretti. Si è innamorata dell’irriverente e malcelata insofferenza di Michele Apicella, si è ritrovata nel racconto maturo di Caro diaro, di Aprile, e ascolta adesso Giovanni, regista protagonista del film, che fa i conti con il suo passato, con ciò che è stato e con ciò che sarebbe potuto essere.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Tutto in questo film ruota intorno a politica e amore. Hanno così tanto in comune politica e amore! Quell’amore che l’audace Barbora vuol far emergere a tutti i costi nella recitazione, ma che la sceneggiatura invece dimentica, trascura. E in quella battuta, già diventata cult – “Giovanni, questo è un film d’amore!” – sono convinto che risieda una svolta in cui il regista finalmente capisce il senso del film che sta girando, e forse guadagna anche una nuova consapevolezza di sé.

Il sol dell'avvenire
(@nannimoretti_ via instagram)

Nelle battute suggerite ai suoi personaggi nel film delle canzoni, in una scena che si configura come una sorta di dialogo transgenerazionale, Giovanni parla al sé di un tempo, quasi sentisse l’urgenza di fargli arrivare un consiglio, di fargli evitare i suoi errori. Hanno così tanto in comune politica e amore, dicevo. A partire al fatto che entrambi funzionano solo se si fanno con il cuore. E forse è proprio questo che Giovanni vorrebbe far capire al sé ragazzo, di non soffocare il cuore sotto la voce della mente. Così Moretti si concede un lusso impossibile nella vita vera, fare la storia con i “se”. Pensiamo alla figura di Ennio, che si obbliga alla fedeltà al partito, che è disposto a obbedire a una scelta in cui non crede, e che finisce per morire schiacciato dal tradimento dei suoi ideali. Ennio però muore secondo una sceneggiatura che non viene girata, che non deve essere girata: Giovanni decide di fargli seguire la moglie e di non fargli tradire il sogno che lo anima. In lui Giovanni stava raccontando senza saperlo la propria disperazione e proprio a lui decide di affidare la riscrittura di una storia fatta con i “se”, la storia di chi ha seguito il cuore.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Facendo i conti con l’esito delle speranze giovanili e con una necessaria disillusione, Moretti poteva fare un film profondamente triste, e invece ha fatto un film allegro. Raccontando di un amore che finisce e del tempo che lo consuma, poteva fare un film doloroso, di autocommiserazione, e invece ha fatto un film pieno di tenerezza. Moretti è invecchiato, è vero, ma non è cambiato e la sua ironia, così tagliente, così sincera, continua ad essere un’ancora a cui chi vuole può ancora una volta aggrapparsi.

pavel

A scanso di equivoci: chi non conosce Nanni Moretti o il suo cinema avrà difficoltà a carpire tutta l’escalation di emozioni e situazioni contenuta nella sua ultima opera, a mio parere un amorevole tentativo di riscrittura della breve memoria collettiva italiana. Dopo un adattamento un po’ nì del romanzo di Nevo, Tre Piani, uscito nel 2021, il nostro pallanuotista romano-intellettuale ci aveva lasciati traumatizzati con il crudo ritratto dell’amore filiale declinato nel rapporto tra Margherita Buy e una madre sulla via della senilità. Scritto con la collaborazione di Chiara Valerio, che torna stavolta in un piccolo cameo, Mia Madre è davvero una spassionata analisi affettiva dell’amore doloroso con cui si ama un genitore, e il tanto atteso Tre Piani, uscito ben 7 anni dopo, siamo onesti, ci aveva lasciati delusi, critica d’essai e amatori inclusi.

Il sol dell'avvenire
(@nannimoretti_ via instagram)

A dire il vero, il Sol dell’avvenire, dal poster al trailer, non mi sembrava promettere granché. Mi è apparso, sin dall’opera di promozione e le interviste, una bevanda calda per coloro che hanno sete di ciò che il tanto amato Partito Comunista italiano sarebbe potuto essere ed invece non è stato. Mi sbagliavo. Lo trovo, a 4 euro, ad uno spettacolo delle 21:30 in un bellissimo cinema di Torino, dove la scelta dei posti è libera (che emozione, per me che sono un socialista disincantato!), e allora mi ci fiondo, perché tutti i miei cari ormai da una settimana lo avevano visto e si raccomandavano di correre a guardarlo perché lo avevano adorato. E io mi fido dei miei compagni.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Dopo una intro pano-romantica che strizza l’occhio al compianto cinema immaginifico di Fellini, il Sol dell’avvenire sorge su una storia semplice, lineare: Nanni interpreta, letteralmente, Giovanni. Regista con all’attivo una carriera di successo, alle prese con la sua crisi coniugale, impantanato in un film che non s’ha da fare, tra produttori francesi fanfaroni fraudolenti e freddi calcolatori Netflix che ne sminuiscono il carattere. La storia narra la ricezione della rivoluzione d’Ungheria di Nagy da parte di un microcosmo, una sezione del PCI del Quarticciolo, quartiere popolare di Roma, nel 1956, una data decisiva per le sorti della politica italiana, nella posizione finale di Togliatti di dissociarsi da Mosca dopo la repressione ungherese.

Il sol dell'avvenire
“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution

Per chi ha una memoria storica decente, ciò non sembrerebbe suggerire nulla di nuovo. Anche se so che qualcuno leggendo si chiederà di cosa sto parlando. Bene, prendetevi una pausa. Leggete un libro di storia contemporanea e poi ritornate su questo pezzo. Moretti rilegge questo passo d’importanza storica nell’unico modo che conosce, amareggiato, sornione, certe volte retorico, ma mai scontato. Perché diciamocelo: Nanni Moretti sarà tardo-borghese, snob, anche solipsistico, sicuramente egocentrico. Il suo personaggio, difatti, ammette di “non fare i film per il pubblico, ma per sé (anche se poi non ne è così tanto sicuro)”. Eppure, questo lavoro colpisce di più dei suoi ultimi tre o quattro. Perché? Forse è andato in analisi, forse ha cambiato analista, forse ha davvero divorziato e noi non lo sappiamo: Nanni si mette tutto in gioco, con la sua voce afona e le sue pause snervanti, si racconta, si mette in dubbio, gioisce, soffre, prosegue i suoi piccoli riti e si arrabbia per un paio di sabot indossate da Barbora Bobulova, ferma un’intera produzione all’ultima notte di riprese per denunciare, con l’intervento di Corrado Augias e Renzo Piano, il brutalismo intrattenitivo della violenza visuale.

“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Nanni interseca la sua grande espressione, il suo Cinema, con la sua grande passione, il suo Sogno marxista, e lo fa attraverso un gioco metamorettiano, non risparmiandosi di ammettere i suoi limiti, ma augurandosi di mantenere la sua fede: in questo particolar momento, dove la politica non parla più a nessuno, e nessuno parla più con nessuno, Nanni si oppone alla Morte dell’Amore, della Politica, e dell’Arte. Nanni crede in un’amore che rinnovi la politica, e in un’arte che esprima amore, e anche in un’amore per l’arte che possa redimere la politica, ma anche nell’arte come pratica politica e come amore. E ha ragione, dio se ha ragione, perché tutte e tre le cose, quando vere, sentite, sofferte, pensateci bene, son la stessa cosa. 

cesare

Stalin non lo voglio vedere, NO, i sabot no e viva la musica italiana di Battiato e De Andrè. Sembrano parole estrapolate da chissà dove, ma in realtà fanno tutte parti dell’ultimo film di Nanni Moretti. In concorso a Cannes, il regista romano arriva con un nuovo film che ci fa (ri)innamorare del suo mondo – non troppo distante dal nostro. In circa un’ora e mezzo veniamo catapultati in tutto ciò che passa per la testa di Giovanni, regista in procinto di girare un (primo) film su un giornalista dell’Unità che nel 1956 si ribella alle scelte del suo partito, quello Comunista. Ma non finisce qua.

“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

Nel frattempo, nella mente e nella materia filmica si realizzano contemporaneamente altri due film: uno su Il nuotatore di Cheever e l’altro su una giovane coppia innamoratasi grazie ai capolavori cinematografici (e musicali) degli anni ’60, come La dolce vita di Federico Fellini e Lontano, lontano di Luigi Tenco. Ancora una volta Giovanni/Nanni cerca in vari modi di riflettere (e forse anche cambiare) il passato per leggere diversamente il presente. Prendendoci per mano verso il Sol dell’avvenire, Moretti ci trasporta in una realtà che potrebbe essere la nostra o quella più generale dell’Italia trasformata come conseguenza a scelte politiche differenti. Nonostante alcune difficoltà e vere e proprie incomprensioni che il regista dimostra nei confronti del presente (molto comiche le scene con i dirigenti di Netlfix e con il giovane regista amante della violenza fine a sé stessa) il film di Moretti cerca di rifugiarsi in un sogno utopico, molto felliniano, che possiamo apprezzare nel finale.

“Il sol dell’avvenire” di Nanni Moretti (Credits: Fandango, Sacher Film, 01Distribution)

P.S. Sono solo parole!

2 Comments

Leave a Reply