“le grand chariot” (the plough) di philippe garrel

Finalmente Philippe Garrel torna a lavorare con il figlio Louis, ma, nel farlo, si porta dietro anche le due figlie Lena ed Esther Garrel. Sì, perchè apparentemente nella famiglia Garrel sono tutti attori. La breve presentazione che la Berlinale fa di questo film ci informa che il direttore della fotografia di Le grand chariot è Renato Berta — no, questa informazione non c’entra niente con l’elogio sperticato che sto per fare della famiglia Garrel — lo stesso che aveva curato la fotografia del Buco (2021) di Michelangelo Frammartino. Leggere questo nome mi ha ricordato quella masterclass che Frammartino tenne a Firenze un paio di anni fa per spiegare la realizzazione della pellicola e mi fece molto ridere il racconto di Berta che faceva a gara a trovare nelle grotte del Bifurto, tramite i monitor in superficie, il “nero più nero che c’è”. Non che sia una cosa comica, ma mi fa sorridere pensare che esistano vari tipi di nero quando io a malapena lo distinguo dal bianco. Vabbè.
Quest’anno siamo stati troppo impegnati a seguire l’ultimo film di Louis Garrel da regista per accorgerci che, nel frattempo, il film di Philippe era pronto per andare in sala – il film di Louis è L’innocent, che dopo un’accoglienza positiva alla 75° edizione del Festival di Cannes, dove è stato presentato, ha fatto man bassa di nomination anche ai César. Che dire, bravo Louis. Era dai tempi de La gelosia (2013) che padre e figlio non lavoravano insieme e se il precedente Un été brûlant (2011) non aveva convinto nel suo insieme – a dire la verità, a me era piaciuto, se non altro perchè non penso che nessun altro film sappia trasmettere la sensazione di sudore e afa che uno può sperimentare a Roma in pieno agosto – l’ultima collaborazione era stata accolta con più favore da pubblico e critica. Per la prima volta i tre fratelli Garrel stanno davanti alla cinepresa del padre Philippe in quello che si configura come uno struggente quadretto familiare. Esther, nel frattempo, dopo la sua apparizione nei panni del personaggio di Marzia in Call me by your name (2017) ha continuato a lavorare in produzioni internazionali mentre Lena è fresca di Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi. Potrei addentrarmi in un discorso che trascende il film e iniziare a parlare di nepo-babies ma la verità è che qualsiasi cosa venga fuori da questa famiglia avrà sempre il mio cuore. Mi dispiace ma è così. E sì, è così dai tempi de Gli amanti regolari (2005).
“the fundraiser” di todd field

Non ho ancora visto Tár (sì, colpa mia, ma spero di recuperarlo a Berlino), però mi fido di come ne parla Pavel a riguardo. Quindi, mentre aspetto di prenotare i biglietti per poter accedere alla masterclass del cast del film che si terrà al Festival e dove verrà proiettato anche, in anteprima mondiale, il cortometraggio The fundraiser, realizzato con scene tagliate e inedite di Tár, leggetevi queste parole e lasciatevi convincere a vederlo in sala, dato che è anche uscito in Italia da poco. Come minimo, poi, i biglietti finiscono prima che riesca a prenotarli. Teniamo le dita incrociate.
Sincerely yours, Virginia xx.
“past lives” di celine song

Tutte le recensioni lette riguardo a questo film scritte da chi ha avuto il piacere di averlo già visto al Sundance Festival lo scorso gennaio parlano di una storia profonda sul destino, sul rimpianto e sulle forze invisibili che ci uniscono anche quando siamo lontani. Una storia così personale e sentita che va in profondità e tocca delicatamente l’anima. C’è da dire che non è la prima volta che un film della A24 viene descritto con così tanta passione, anche dalla sottoscritta — ammetto senza vergogna che non passo giorno della mia vita senza dedicare qualcuno dei miei pensieri ad Aftersun — quindi le aspettative al momento sono ad altissimi livelli.
Il concetto coreano di In-Yun suggerisce che le persone sono destinate a incontrarsi se le loro anime si sono sovrapposte un certo numero di volte in precedenza. La nascente storia d’amore tra Nora (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), compagni di classe in una scuola elementare di Seoul, finisce bruscamente quando la famiglia di Nora emigra in Canada. Dodici anni dopo, Nora, ora studentessa di teatro a New York, nota che Hae Sung la cerca sui social media. I due si ricollegano online, iniziano a parlare spesso e immaginano persino una riunione. Ma passano ancora una dozzina di anni prima che i due si incontrino finalmente in alcuni giorni fatidici durante la visita di lui a New York. Nonostante le loro vite siano cambiate radicalmente, rimangono legati da un legame malinconico.
Opera prima dolorosa e profondamente romantica della drammaturga Celine Song, Past Lives ci è presentato come una storia d’amore — anzi, diverse — raccontata attraverso momenti nel tempo. Uno studio sui legami e su ciò che ci lasciamo alle spalle. Continuate a leggerci, ho òa sensazione che parleremo ancora di questo film.
“infinity pool” by brandon cronenberg

Il romanziere James Foster (Alexander Skarsgård) e sua moglie Em (Cleopatra Coleman) trascorrono del tempo in un resort nell’immaginario paese di mare di Li Tolqa, dove è in corso un festival locale, con la speranza di risolvere il blocco dello scrittore di James. Il cronico conflitto coniugale della coppia si acuisce quando Gabi (Mia Goth), una fan dell’unico romanzo che James ha pubblicato fino a quel momento, li invita a trascorrere del tempo con lei e suo marito Alban. I quattro cenano e decidono di passare il giorno successivo a guidare in campagna, nonostante siano stati avvertiti che i turisti devono rimanere sempre all’interno del resort. Dopo una lunga giornata trascorsa a prendere il sole e a cucinare, i turisti si imbarcano in un viaggio in auto da ubriachi per tornare in albergo. Durante il tragitto, James investe accidentalmente un uomo del posto, uccidendolo. Gabi insiste sul fatto che non possono chiamare la polizia, perché il paese è corrotto e non sarebbero al sicuro.
Brandon Cronenberg — ennesimo nepo-baby di questo articolo — arriva alla Berlinale con un nuovo viaggio fantascientifico attraverso le malvagie imprese degli stranieri all’estero. Violenza schiacciante e orrori surreali scandiscono questa cupa satira dei pochi privilegiati. A questo giro le aspettative non sono altrettanto elevate, la vera ragione del mio interesse sta nel fatto di scoprire se a questo giro il figlio riuscirà a farmi apprezzare il suo film più di quanto non ci sia riuscito il padre lo scorso anno con Crimes of the Future. Anche se ahimè, fare peggio, sarà dura.
Sincerely yours, Giulia xx.