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Recensione di Falcon Lake di Charlotte Le Bon, lungometraggio presentato durante la ventiduesima edizione del Toronto International Film Festival (TIFF22).

di virginia

 ★★★

Falcon Lake rappresenta il debutto alla regia di Charlotte Le Bon, attrice e regista canadese. A dire la verità, non si tratta propriamente di un debutto, in quanto, nel 2018 aveva realizzato il cortometraggio Judith Hotel, presentato in occasione del Festival di Cannes. Si tratta, quindi, per essere precisi, del suo esordio alle prese con un lungometraggio, nonché trasposizione cinematografica della graphic novel Une soeur di Bastien Vivès. La storia ha come protagonista Bastien, “Bas” (interpretato da Joseph Engel, già noto per aver recitato ne L’Homme Fidele e La Croisade, entrambi diretti da Louis Garrel), un giovane adolescente che si ritrova a trascorrere le vacanze estive insieme alla famiglia nella loro casa al lago. Qui incontra Chloe (Sara Montpetit), sedicenne molto spigliata e caratterialmente opposta al timido Bastien.

"Falcon Lake" di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)
Joseph Engel e Sara Montpetit in “Falcon Lake” di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)

I due protagonisti hanno un approccio molto diverso alla vita: se Bastien è ancora timido, Chloe, invece, si mostra fin da subito come una ragazza estroversa e aperta all’avventura. La differenza di età che intercorre tra i due – Bastien deve ancora compiere quattordici anni mentre Chloe ne ha già sedici – porta la ragazza ad atteggiarsi in modo diverso, come se sentisse sulle spalle il peso di questo grande bagaglio di esperienza che Bastien, ancora, non ha raggiunto.

Chloe, nella prima parte della storia, quando ancora i due si conoscono da poco, fa di tutto per sottolineare questo divario che li separa, seppur per un paio d’anni: ostenta un telefono cellulare che Bastien potrà ricevere solo dopo aver compiuto quattordici anni e dimostra un’insolta alta resistenza all’alcol, rimproverando il ragazzo di bere “a piccoli sorsi” da una bottiglia di vino rosso sottratta di nascosto dalla cantina dei genitori. La scena in cui i due ragazzi, seduti a bordo del lago, sorseggiano vino bevendo direttamente dalla bottiglia e passandosela a vicenda, fa da contrappunto in modo ironico al momento in cui gli adulti – in particolare i genitori dei due protagonisti e alcuni loro amici – discutono durante un pranzo e in una situazione decisamente più formale se la bottiglia che hanno tra le mani sia o meno un Chateaubriand. Quello che Chloe vuole però esibire più di ogni altra cosa è la sua forte sicurezza di sé e la sua determinazione, anche se, un po’ per orgoglio, un po’ per il brivido di provare nuove cose – d’altronde l’adolescenza è un periodo pieno di sperimentazioni – questi due tratti caratteriali la porteranno a vivere esperienze memorabili per tutti i motivi sbagliati.

"Falcon Lake" di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)
Joseph Engel in “Falcon Lake” di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)

Tra i due adolescenti si instaura un rapporto all’insegna della competizione: Chloe si tuffa nel lago e sfida Bastien a fare lo stesso, ma, mentre la ragazza entra di getto e senza pensarci due volte, Bastien non riesce a imitarla e, quando si decide ad entrare in acqua, lo farà camminando dalla riva molto cautamente. Bastien non tiene il passo di questo spirito libero e indomabile che sembra possedere Chloe ma comunque continua a provarci: memore del rimprovero della ragazza, decide di non bere più il vino a piccoli sorsi ma di scolarsi una bottiglia intera – salvo poi vomitare il tutto e chiedere aiuto a Chloe, che prontamente lo accudisce e lo aiuta a riprendersi. Con Chloe, quindi, il protagonista vive alcune delle sue prime esperienze; non solo sopravvive alla sua prima sbornia ma partecipa anche alla prima festa della sua vita e sarà in questo contesto, pieno di persone, di musica, di confusione, che riuscirà a vincere la sua timidezza. Bastien riesce a superare questo “blocco” che gli impedisce di interagire con la stessa disinvoltura di Chloe in modo paradossale e cioè nascondendosi ancora di più attraverso una maschera (lasciando, però, una buona impressione sugli invitati alla festa con le sue doti nel ballo). Con lo scorrere delle vicende, la tanto decantata differenza d’età sembra progressivamente appiattirsi, fino a scomparire del tutto e a rendere il legame tra Bastien e Chloe indissolubile.

Sara Montpetit in "Falcon Lake" di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)
Sara Montpetit in “Falcon Lake” di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)

Oltre alla scoperta di sé e a tutte le questioni legate alla crescita e alla delicata fase rappresentata dall’adolescenza, un altro grande tema del film sicuramente lo si ritrova nel paesaggio e nella natura incontaminata in cui si muovono i due protagonisti. Charlotte Le Bon ha dichiarato di aver ambientato la pellicola in Quebec, anche se nella graphic novel la storia prendeva vita in Bretagna. Questa modifica è dovuta principalmente al fatto che la regista conosce molto bene la regione in cui si sono svolte le riprese, regione dove era solita trascorrere le vacanze estive durante la sua infanzia. Lo scenario, a tratti idilliaco, a tratti inquietante, è molto lontano da tutte le rappresentazioni del locus amoenus che, solitamente, si vedono sullo schermo. Nonostante il bosco, la fitta vegetazione e un vasto lago, non si ha mai l’impressione di trovarsi in un posto del tutto sicuro o tranquillo. Scene vagamente macabre sono associate a momenti di spensieratezza: la pellicola si apre con il fotogramma di Chloe che galleggia, la cui immagine, agli occhi dello spettatore, è facilmente ricollegabile ad un cadavere abbandonato nel lago, immobile e con il corpo che si intravede in lontananza.

in "Falcon Lake" di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)
“Falcon Lake” di Charlotte Le Bon (Credits: Tandem Films)

Attraverso inquadrature fisse e ravvicinate della natura, in particolare degli alberi e del lago, si ha la sensazione che qualcosa di brutto possa verificarsi da un momento all’altro, una tensione difficile da descrivere dato che non c’è niente o nessuno a minacciare mai la sicurezza dei personaggi sullo schermo. Tutta questa angoscia che accompagna la pellicola si ritrova esemplificata nel poster di Psyco appeso sulla parete della camera di Chloe: in numerose occasioni i protagonisti si muovono e interagiscono nella stanza, sempre con questa locandina sullo sfondo, ma inconsapevoli e come se non sentissero su di loro questa atmosfera preoccupante (atmosfera che invece lo spettatore coglie e percepisce molto distintamente). Se nella prima parte del film – quando ancora i due ragazzi non si conoscono bene e si avverte una certa tensione da parte di Bastien – dominano atmosfere cupe e angoscianti, mano a mano che i due stringono amicizia, i toni si alleggeriscono, anche visivamente, dato che i colori si schiariscono grazie agli attimi di sole che riempiono le giornate dei ragazzi.

Charlotte Le Bon sul set di “Falcon Lake” (Credits: Tandem Films)

Charlotte Le Bon riesce a raccontare con originalità e con uno sguardo insolito una storia che avrebbe tutte le carte in regola per mostrarsi al pubblico come l’ennesima rappresentazione piena di cliché sul percorso di crescita adolescenziale. Attraverso l’unione di due generi ovvero quello del coming of age e del thriller (anche se non mancano toni soprannaturali), evoca con la sua pellicola atmosfere nostalgiche e malinconiche, un po’ alla Stand By Me – forse complice anche il formato in 16mm – ma con un approccio molto più realistico e sensibile al mondo degli adolescenti del giorno d’oggi.

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