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di virginia

★★★★

 

Valeria Bruni Tedeschi torna, ancora una volta, dietro alla cinepresa per regalare al pubblico del Festival di Cannes quello che – senza ombra di dubbio – è il suo lavoro più riuscito. A distanza di quindici anni dall’uscita di Actrices (2007), la regista italo-francese riprende un’ambientazione teatrale per raccontare una storia in cui si confondono realtà e ricordi personali.

parigi, anni ottanta

Les Amandiers segue le vicende di Stella (Nadia Tereszkiewicz), giovane attrice che è stata appena ammessa alla prestigiosa scuola di teatro insieme a (pochi, dodici in totale) altri ragazzi. Le vicende del film, che prendono luogo verso la metà degli anni Ottanta, ruotano attorno all’omonimo teatro di Nanterre, quando Patrice Chereau (qui interpretato da Louis Garrel) ricopriva il ruolo di direttore. Si tratta di un omaggio, più che all’importante figura che Chereau ha incarnato sulla scena teatrale francese per anni (e che ancora oggi continua ad essere), al mestiere dell’attore e, più in generale, al teatro. La stessa Bruni Tedeschi ha frequentato la scuola del teatro Amandiers negli anni in cui il film è ambientato e, attraverso i suoi ricordi personali ed interviste ad ex allievi per ricostruire lo spirito di tempo di quei precisi anni, racconta quello che ha significato per una generazione intera di giovani attori ritrovarsi a studiare e lavorare in uno dei più prestigiosi teatri di Francia.

Gli imperdibili dalla 75 edizione del festival di cannes

“Les Amandiers” (Credits: Ad Vitam Productions)

new york city, anni ottanta

I personaggi sono frenetici, corrono pieni di vitalità e dinamismo da una parte all’altra del teatro e da una parte all’altra del mondo: molti studenti, iscritti alla scuola con la prospettiva di poter studiare all’Actors Studio di New York City, non vedono l’ora di viaggiare e di sfruttare tutte queste nuove opportunità. Durante il soggiorno negli Stati Uniti, i ragazzi hanno modo di scoprire le loro fragilità e un nuovo lato della propria personalità e, man a mano che il film procede a raccontare la storia in modo lineare, mostrando la formazione e l’affermarsi dei protagonisti come attori e più in generale come individui nel mondo, si svela sempre di più questa scoperta di sé stessi. In modo inversamente proporzionale, quanto più i personaggi “indossano” maschere e vestiti di scena, tanto più svelano la loro intima e più nascosta individualità allo spettatore, mettendo in scena sì, la gioia e l’euforia di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, ma anche tutte le ansie e paure che solo a vent’anni, quando il mondo sembra al tempo stesso minuscolo e mostruoso, si possono provare.

Nadia Tereszkiewicz in “Les Amandiers” (Credits: Ad Vitam Productions)

ma chi sono davvero pierre e patrice?

La rivelazione dei caratteri personaggi non avviene soltanto per i protagonisti: attraverso piccoli dettagli e spunti, come se stessimo osservando di nascosto dal buco della serratura, si aprono squarci sulla vita personale di Patrice. Infatti, dietro ad una facciata severa e distaccata – fino a rasentare l’arroganza – emerge un uomo profondamente solo ed insoddisfatto, probabilmente che si è auto-relegato in un mondo in cui, a volte, sente come troppo stretto. Patrice ha in qualche modo superato in bravura Pierre Romans (Micha Lescot), direttore della scuola, e questo ha provocato un’eterna rivalità e senso di competizione nella loro amicizia, per quanto Patrice cerchi di far ritornare le cose a come erano un tempo, Pierre si rifiuta di assecondarlo, in un dialogo in cui i due insegnanti – apparentemente molto distanti dal punto di vista ideologico – finiscono per rimproverarsi a vicenda le stesse cose.

Les Amandiers (Credits: Ad Vitam Productions)

Per quanto il loro approccio nei confronti degli studenti sia diverso, Pierre è certamente più vicino e umano con i ragazzi con cui deve lavorare, al contrario di Patrice, che frequentemente esplode in scatti d’ira – riprendendo anche il topos dell’insegnante geniale, dotato e talentoso ma, al tempo stesso, fuori contatto con la realtà e completamente fuori controllo. In un certo senso è come se la posizione lavorativa di (relativa) inferiorità di Pierre gli imponesse di essere più gentile con i nascenti attori mentre, il privilegio di poter dirigere il teatro, dall’altra parte, giustificasse la brutalità con cui Patrice interagisce non solo con gli studenti, ma anche con la sua stessa assistente. Pierre chiede, Patrice esige, Pierre suggerisce, Patrice impone e così via: i due insegnanti si configurano come due facce della stessa medaglia, una più “sbiadita” e l’altra più marcata, per poi – tolte tutte le maschere che la posizione lavorativa e sociale impone di indossare – mostrarsi molto simili. I due condividono gli stessi vizi, le stesse paure, gli stessi sogni e manie di grandezza e protagonismo, ma questo non traspare mai di fronte agli studenti, come se allo spettatore venisse regalato un momento di vita privata a cui nessuno – all’infuori di quest’ultimo – è concesso accedere.

“Les Amandiers” (Credits: Ad Vitam Productions)

“hey, stella!”

All’interno di questa grande cornice, ovvero quella che segue le vicende dei ragazzi, si trova un altro livello, quello del teatro vero e proprio nello spettacolo che gli studenti stanno preparando sotto la supervisione di Chereau. Il film è costellato qua e là di piccoli momenti metanarrativi, soprattutto quando viene collegata (in modo implicito, ma alla fine neanche così tanto) la relazione tossica tra il personaggio di Etienne (Sofiane Bennacer) e Stella. Etienne si configura come un moderno Stanley Kowalski e, se lo spettatore sospetta questa correlazione, l’identificazione diventa palese quando il personaggio corre per cercare la fidanzata, chiamando a gran voce il nome di Stella dopo averla colpita in uno scatto di gelosia.

Nadia Tereszkiewicz e Sofiane Bennacer in “Les Amandiers” (Credits: Ad Vitam Productions)

Il film presenta, poi, tre involucri di “realtà”, se così si possono definire: se i personaggi di Pierre Romans e Patrice Chereau sono realmente esistiti, non si può dire lo stesso per quanto riguarda la protagonista, Stella, che sì, ricorda Valeria Bruni Tedeschi ed è in questo personaggio che la regista fa confluire il suo punto di vista e i suoi principali ricordi, ma resta pur sempre inquadrata nella categoria del personaggio verosimile; romanzate e fittizie sono invece le vicissitudini dei restanti personaggi, che colorano lo sfondo del teatro e della vita di Stella, senza però scadere nel “troppo inventato” – in fondo, come tutti i ventenni del mondo, ridono, crescono e sperimentano i primi dolori, cercando di attraversare la avversità della vita insieme tenendo sempre di mira i loro sogni.

 

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