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approfondimento a cura di emanuela marotta

Dopo L’avventura e La notte, Michelangelo Antonioni conclude la sua trilogia dell’incomunicabilità con L’eclisse, film con uno dei più grandi finali di sempre. Protagonisti sono i due divi del cinema Monica Vitti e l’icona francese Alain Delon. L’eclisse corrisponde anche all’ultimo film in bianco e nero realizzato da Antonioni, che dopodiché passerà ai colori con Deserto Rosso.

«L'eclisse» di Michelangelo Antonioni
«L’eclisse» di Michelangelo Antonioni

In una mattina di luglio, Vittoria (Monica Vitti) lascia il compagno Riccardo, architetto, che non ama più. Il loro addio è indolore e freddo. Vittoria cerca di aprirsi con le persone intorno a lei: prima con l’amica Anita, con la quale però non si sente così in confidenza da poter parlare di sé ed aprirsi; poi cercherà di recuperare un rapporto con la madre, che riesce ad incontrare solamente presso la Borsa di Roma, luogo dove la donna si reca quotidianamente. Sarà proprio durante una di queste visite alla madre che Vittoria incontrerà Piero (Alain Delon), giovane e cinico agente di cambio. Piero lascia subito la propria ragazza e inizia una relazione con Vittoria. Una mattina, nel salutarsi, Piero le ricorda l’orario del loro appuntamento serale. «Alle 8. Solito posto». Ma sono le loro ultime parole perché non si sa se i due effettivamente si rivedranno. Infatti, i luoghi dove Piero e Vittoria erano soliti incontrarsi, ora appaiono senza i loro protagonisti: l’angolo di strada, l’edificio in costruzione accanto, la fermata dell’autobus e i volti delle persone che Vittoria incrocia quando torna a casa a piedi.

«L'eclisse» di Michelangelo Antonioni
«L’eclisse» di Michelangelo Antonioni

Ne L’eclisse, fin dalla scena iniziale, gli oggetti svolgono un ruolo fondamentale e lo mantengono per tutta la durata del film. Il film si apre con una sequenza che vede la protagonista, Vittoria, aggirarsi inquieta e turbata all’interno di una stanza piena di oggetti – soprammobili, quadri, pesanti tendaggi scuri, paralumi, cornici, libri, riviste – i quali assistono alla decisione della ragazza di porre fine a un rapporto amoroso ormai vuoto.

«L'eclisse» di Michelangelo Antonioni
«L’eclisse» di Michelangelo Antonioni

Fra le tante inquadrature significative ricordiamo l’imponente pilastro della Borsa, dove avviene l’incontro fra Vittoria e Piero. Separando fisicamente i due personaggi, il pilastro preannuncia simbolicamente che fra i due si frapporrà sempre un ostacolo: la spietata aggressività del mondo finanziario. Il vero protagonista della sequenza è senza ombra di dubbio il granitico pilastro. La Roma che Antonioni ci propone ne L’eclisse è quella circoscritta al quartiere dell’EUR, progettato nel 1938-39. Il regista sceglie l’EUR, luogo che al tempo presentava spazi ampi che nel film, data l’ambientazione estiva, si mostrano deserti e assolati. Le architetture, contemporanee, sono caratterizzate da linee rette e superfici piane e giardini curati con grandi pini a cui si affiancano distese quasi brulle e cantieri di palazzi in costruzione.

«L’eclisse» di Michelangelo Antonioni

Questo scenario estivo, desolato e assolato, riflette alla perfezione la solitudine di Vittoria. Il vuoto quale condizione esistenziale, il senso di solitudine e isolamento vengono enfatizzati dalle immagini che riprendono i vasti viali e gli spazi smisurati, deserti e frequentati quasi esclusivamente dai protagonisti, i quali compiono passeggiare tra i silenzi del quartiere che diventa, dal punto di vista visivo, il personaggio principale del film. L’estetica del cinema di Michelangelo Antonioni prevede quindi paesaggi desolati che sottolineano l’alienazione dei protagonisti, ampie inquadrature in spazi vuoti, paesaggi incorniciati da infissi o oggetti di arredamento, incapacità di comunicare e crisi d’identità.

«L'eclisse» di Michelangelo Antonioni
«L’eclisse» di Michelangelo Antonioni

Nelle regie più ricercate e sofisticate, la presenza di un particolare dipinto o architettura non è solo semplice citazione estetico-formale, ma viene quasi sempre contestualizzata all’interno di un particolare significato intrinseco alla sceneggiatura, quale messaggio emozionale da trasmettere allo spettatore, per invitarlo a interpretare le immagini e a scoprirne i significati nascosti. Le ambientazioni predilette da Antonioni sono principalmente urbane. Anche dove gli scenari sono naturali, paesaggi e architetture, possiedono una valenza espressiva analoga: in entrambi i casi avvertiamo un senso di vuoto, perturbante come un dipinto di Giorgio De Chirico.

«L'eclisse» di Michelangelo Antonioni

La ricerca artistica e architettonica del regista e intellettuale ferrarese ha sempre impreziosito sia i suoi film sia la sua vita privata. Prova di ciò è un edificio progettato dall’architetto Dino Bini, il “Binishell”, una cupola realizzata con un’unica colata di cemento, commissionato dallo stesso Antonioni per la sua amata Monica Vitti. Entrando quindi nel merito, l’architettura per Antonioni, nelle sue opere cinematografiche, ricopre sempre un ruolo da personaggio co-protagonista. Uno sfondo architettonico che parla e che è parte integrante delle sensazioni e delle tematiche proprie della sua poetica, quali l’alienazione, l’incomunicabilità e quindi la percezione del vuoto e dell’assenza.

«L'eclisse» di Michelangelo Antonioni
Binishell di Dino Bini

Verso la fine del film le inquadrature sugli elementi architettonici si fanno più insistenti e i piani, le linee e gli angoli sembrano rubare la scena ai protagonisti. Nel finale, uno dei più belli di sempre, il personaggio di Vittoria appare per l’ultima volta a 7 minuti dalla fine della pellicola: tra lei e Piero non ci sarà più nessun incontro. Il film eclissa i personaggi e la macchina da presa si sofferma sui luoghi dell’EUR già familiari allo spettatore.

«L'eclisse» di Michelangelo Antonioni
«L’eclisse» di Michelangelo Antonioni

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