‘Sommarlek’ di Ingmar Bergman: un’immersione nel mondo astratto e senza tempo del grande regista svedese.
di costanza
Ingmar Bergman è uno dei più grandi registi della sua generazione. Nonostante siano passati ormai molti anni dal termine del suo percorso artistico, continua a esercitare un’enorme ascendente anche oggi, ad esempio, su registi hollywoodiani come Ari Aster e Robert Eggers, che hanno dichiarato esplicitamente, in una puntata del podcast di A24, il suo influsso sulle loro opere. L’autorità e il credito di cui Bergman gode sono motivati da una filmografia unica che merita di essere analizzata nella sua interezza per coglierne tutti gli elementi e la crescita autoriale, che hanno portato il suo nome nell’olimpo del cinema.
racconti d’estate
La prima pellicola in cui Bergman stesso disse di aver potuto sperimentare uno stile suo, senza restrizioni, risale al 1951 e ha come titolo Sommarlek (in italiano Un’estate d’amore). È questo il film da cui sono partita recentemente per una personale retrospettiva estiva su di lui. La storia segue una ballerina, Marie, alla vigilia della prima di un grande spettacolo sul tema del Lago dei cigni. Durante le prove, il giorno dell’esibizione, la ragazza riceve un pacchetto con un vecchio diario che era appartenuto a un ragazzo di cui si era innamorata tredici anni prima, durante le vacanze estive trascorse su un’isola vicina.
Passare l’estate sulle isole del Baltico è una tipica tradizione svedese, cara a molti altri connazionali di Bergman come la scrittrice Tove Jansson (come si legge nel suo romanzo Il libro dell’estate). È un’abitudine consolidata e un tentativo di abbandonare i ritmi cittadini, per viverne di nuovi, più lenti, abitando per qualche tempo in vecchie case di famiglia che ospitano una generazione dopo l’altra, un’estate dopo l’altra. Questo aspetto ha nel film un ruolo centrale: la pellicola riporta, infatti, lo spettatore al tempo in cui i due giovani innamorati facevano escursioni, gite in barca e gare di tuffi, mentre trascorrevano le vacanze con le famiglie. Bergman stesso, come tutti, era solito passare le sue vacanze nell’arcipelago svedese e da ragazzo aveva scritto un racconto su un amore nato tra gli scogli e i pontili dell’isola di Ornö. Inoltre, dettaglio non indifferente, lo aveva fatto su un taccuino nero. Forse il quaderno che arriva alla protagonista di Sommarlek via posta potrebbe essere proprio lo stesso su cui il regista aveva raccolto i suoi ricordi a sedici anni. Questo elemento anticiperebbe una modalità di lavoro tipica di Bergman: l’intreccio, nelle sue storie, di elementi di finzione e autobiografici.
il tempo del ricordo in bergman
La storia è più complessa di quanto non appaia a prima vista: il ricordo del vecchio amore e il presente, in cui la ragazza decide impulsivamente di tornare sull’isola, si alternano continuamente. Il film, che sembrava presentarsi perlopiù come una spensierata rievocazione del primo amore, fin dalle prime scene sull’isola accorda sempre più spazio a un sottotono malinconico, più scuro, nei momenti in cui Bergman ci riporta al presente. L’effetto viene rimarcato anche dal carattere della protagonista, che, a tratti, sembra un’altra persona rispetto alla giovane di tredici anni prima. Le ombre autunnali, più marcate, riflettono in certa misura anche le sue ombre interiori. L’ambientazione insulare, a tratti selvaggia, rende possibile utilizzare la luce per ricavare effetti diversi e dissonanti tra il tempo estivo del passato, che la protagonista sta ricordando, e quello autunnale del presente, in cui è ritornata sull’isola.
L’atmosfera rarefatta e senza tempo del ricordo si ritrova in altri lavori del regista ambientati d’estate come Monica e il desiderio (1953) e Sorrisi di una notte d’estate (1955), a cui si può aggiungere anche Donne in attesa (1952) in modo tale da accorgersi delle numerose ricorrenze, non solo stilistiche, ma soprattutto tematiche che attraversano la prima parte della filmografia di Bergman. Quest’ultima pellicola, infatti, si conclude con la fuga in barca di due innamorati dall’arcipelago dove hanno passato l’estate con le loro famiglie, mentre Monica e il desiderio si apre, invece, con due amanti che salpano alla volta di un’estate d’amore: sembra quasi un’unica storia, un unico filo ripreso ancora e ancora, intessuto tra le isole svedesi sotto il sole d’agosto. Gli elementi di partenza sono sempre gli stessi, ma Bergman non risulta mai ripetitivo; al contrario, la sua maestria sta proprio nel ricombinare gli stessi ingredienti, esplorando territori sempre nuovi, viaggiando per sempre in questo arcipelago al di fuori del tempo. Tutte le sue storie presentano quest’aura rarefatta e indefinita: lo stesso La fontana della vergine (1960), ambientato nel Medioevo, nonostante la precisa collocazione a livello temporale, ha di fatto dei protagonisti fuori dal tempo. I loro pensieri, le loro domande sulla vita e sulla morte valgono ieri come oggi. Non si tratta quindi esclusivamente di un aspetto stilistico-estetico legato alla fotografia, ma è un carattere intrinseco dei suoi film, che, in ultima analisi, proviene dal regista stesso e costituisce uno dei nuclei più importanti del suo cinema.
il tema del lago dei cigni
L’equilibrio tra la ricerca estetica e narrativa è ciò che fa di Bergman uno dei registi più grandi del suo tempo: questo film, seppure degli inizi, non fa eccezione nel dimostrarlo. Se il contrasto tra presente e passato, come si è visto, trova una sua armonia nella rappresentazione della storia dei due giovani, rimane invece da sottolineare la scelta del tema del Lago dei cigni (ripreso anche da Aronofsky ne Il cigno nero per indagare un altro soggetto dal sapore bergmaniano: lo sdoppiamento dell’io). Le vicende del balletto trattano di un amore tragico che si consuma tra due giovani, separati dalla morte. Bergman crea come un riflesso di questo in ciò che accade ai protagonisti del suo film: i due, infatti, sono stati separati dalla stessa sorte. In modo catartico, in un unico giorno, Marie è costretta a mettere in scena lo spettacolo e rivivere tutta la storia del suo amore perduto. Sulle note del balletto di Čajkovskij, Bergman crea questa simmetria perfetta: un preludio dei capolavori che ne seguiranno e, quindi, una visione obbligatoria.
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