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di benedetta

la storia di abusi sugli attori di nickelodeon (o quanto ci possiamo fidare dei nostri ricordi)

Qualche anno fa, lo psicologo Charles Fernyhough scriveva sul Guardian che «i ricordi non vengono classificati nel cervello come delle videocassette, per essere riviste quando è il momento di ricordare il passato. Sono piuttosto ricostruzioni mentali, collage multimediali di come le cose erano, cui ridiamo forma in base a come la realtà è oggi. Ciò rende i ricordi curiosamente suscettibili a distorsione, e spesso non così affidabili come vorremmo». Nonostante questa generale considerazione, a volte la sensazione – conseguente ad un’infanzia passata immersi nella totale multimedialità – è di possedere dei ricordi vividi di interfacce, set televisivi, immagini pixelate, personaggi dei videogiochi, colori snaturati, chat online e altri non-luoghi: frequentati così assiduamente da essere familiari come lo è la strada di casa. Il miscuglio – di cui forse questa generazione è pioniera – della realtà fattuale con quella digitale e visiva – passando per tutte le sue espressioni classiche e moderne – rende i ricordi infantili un sereno fiume, i cui due argini raccolgono le cose che ci succedevano e che facevamo. Ma anche quelle che guardavamo e che – allo stesso modo – contribuivano alla formazione della nostra idea di reale e immaginario, con una possibilità di fusione inedita e inesplorata. 

“Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV” (Credits: Investigation Discovery)

La conseguenza di questo tempo, poi, è la maledizione di avere ancora un accesso completo al mondo digitale, televisivo, sonoro e culturale di cui eravamo attivi abitanti anni fa. Non poter recidere questo filo nettamente, ci costringe a ritornare spesso in quei posti e risentire il legame, la distanza e la malinconia: finché il dolore del mondo di oggi non arriva pure lì. È questo, sommariamente, lo stato d’animo che si può registrare da quando è uscito Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV, il documentario in quattro parti che ripercorre la storia di Nickelodeon, una delle emittenti televisive per bambini più famose nella storia della televisione. Nickelodeon nasce nel 1977, come pendice di Paramount, e da sempre manda in onda un palinsesto di programmi dedicati ai bambini e ai ragazzi – con più canali – in forma di serie tv o cartoni animati. Negli anni, la rete si è affermata come una delle più apprezzate dal pubblico, arrivando a diffondersi su altre piattaforme: oltre a guardare la televisione, potevi giocare su un sito, ascoltare la musica che veniva registrata dagli attori durante un lungo periodo di collaborazione con Columbia Records, seguire i dietro le quinte su un giovanissimo youtube e vedere i tuoi personalissimi Oscar, i Kids’ Choice Awards. La creazione di questo microcosmo rispondeva esattamente a tutti gli stimoli possibili che i bambini e i ragazzi cercavano, attraversando un periodo di passaggio tra la televisione e internet: essere ovunque, creare una quotidianità oltre gli orari di programmazione della rete, andare oltre il proprio medium per arrivare a due passi dal futuro, è stata la scelta più fortunata di Nickelodeon. 

“Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV” (Credits: Investigation Discovery)

Ad accompagnare – e forse dettare – questa fortuna, dal 1993 al 2019, è stato Dan Schneider: attore, autore e soprattutto produttore. Esordisce a Nickelodeon per contribuire alla scrittura di All That, una serie televisiva comica trasmessa in replica fino al 2020, che – tra le varie cose – ha contribuito a lanciare la carriera di Amanda Bynes. Nel 2012 abbandona la sua carriera da attrice, dopo essere stata sottoposta a libertà vigilata per guida sotto effetto di stupefacenti. Gli anni successivi restano turbolenti, per cui Bynes non tornerà mai a recitare o ad avere una vita pubblica: nel 2014 fa sapere tramite un tweet di soffrire di un disordine bipolare-maniaco depressivo e di essere stata abusata da Dan Schneider, che l’avrebbe messa incinta e costretta ad abortire. Le accuse cadono nel silenzio, a causa delle condizioni dell’attrice non si concretizzano in nulla. Nel 2022 Jennette McCurdy, attrice protagonista nella serie iCarly pubblica “Sono contenta che mia madre sia morta”, il suo primo libro, in cui racconta della sua esperienza nell’industria televisiva per bambini e ragazzi, in particolare di Nickelodeon e Dan Schneider. È questo il momento in cui la stampa statunitense prende nuovamente in considerazione il racconto di Amanda Bynes, facendo soprattutto riferimento ad un Vine pubblicato da Jennette McCurdy anni prima, dal contenuto piuttosto disturbante. Alcune ipotesi suggeriscono che Jannette stesse imitando l’aspetto fisico di Bynes, dicendo letteralmente: “Guarda Dan Schneider. Guarda cosa mi hai fatto”.

Quiet on set
“Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV” (Credits: Investigation Discovery)

Il libro di Jennette McCurdy non serve solo all’attribuzione di un valore nuovo alla storia di Bynes, ma aiuta la stampa e l’opinione pubblica a considerare Nickelodeon diversamente, ipotizzando che potesse essere davvero luogo di violenze sistematiche nei confronti dei suoi attori, quasi tutti minorenni. Nello specifico, dal 2022, ricominciano a circolare alcuni spezzoni di programmi scritti e prodotti da Dan Schneider, così come alcuni suoi tweet e dietro le quinte già pubblicati su YouTube da anni. Il risultato è che molte persone, per la prima volta, riescono a vedere quello che per anni gli è passato sotto il naso, probabilmente incapaci di giudicarlo negativamente perché inserito in una cornice venduta ottimamente: realizzare che una battuta, una scena, uno scambio tra due attori, sia fuori luogo e inappropriato all’interno di un programma per bambini è molto più che difficile, perché si asserisce – quasi senza accorgersene – che l’intero sistema che si muove alle spalle del programma renda impossibile l’esprimersi di un doppio senso o di uno scherzo inopportuno. È come se si venisse privati di alcune categorie, che si spengono quando – con qualsiasi mezzo – entriamo nel mondo dell’infanzia: alcune cose ci sembrano impossibili, quindi decidiamo di non vederle. In virtù di questa cecità selettiva, tra i fatti e la loro discussione pubblica, sono passati dieci anni. 

All’interno del documentario sono raccolte diverse interviste di autori, membri della produzione e attori, che descrivono i set di Nickelodeon come disfunzionali e spesso sessualizzanti. Le loro testimonianze raccontano una versione vicendevolmente coerente dell’esperienza nella rete. La prima e condivisa accusa verso Dan Schneider è quella di aver spesso creato un clima di lavoro inadatto a dei bambini, sfruttando la posizione di potere in cui era, in quanto produttore e punto di riferimento per gli attori. Durante le riprese di iCarly e Victorious, Schneider filmava dei dietro le quinte dei set, ancora disponibili su YouTube, in cui invade in maniera evidente lo spazio personale degli attori, mettendoli a disagio. 

“Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV” (Credits: Investigation Discovery)

Parte del documentario è dedicato alla storia di Drake Bell, protagonista della serie Drake and Josh, che per la prima volta racconta di essere stato abusato da Brian Peck, suo coach di recitazione e uso della voce a Nickelodeon. Peck è stato condannato già a 16 mesi di detenzione, segnalato come “sex offender” nel 2004. Il racconto di Bell è piuttosto grafico ed è riconducibile a quando aveva 15 anni. Durante il processo di Peck, diversi attori – famosi allora e anche adesso – gli hanno mostrato il loro sostegno tramite le “character letter”, delle lettere che negli Stati Uniti hanno valore conoscitivo nell’ambito di un processo, con cui delle persone non coinvolte possono raccontare il loro rapporto con un imputato e la loro visione della sua persona e delle accuse che gli sono state mosse. Non è raro che, proprio grazie a queste considerazioni, le sentenze vengano ampiamente ridimensionate. A seguito dell’uscita del documentario molti degli autori noti di queste lettere hanno detto di pentirsi di quanto fatto, scusandosi con Drake Bell. In questa stessa porzione del documentario è raccolta anche la testimonianza della mamma di un’attrice della serie The Amanda Show, che racconta di aver scoperto uno scambio di email tra sua figlia – che allora aveva 11 anni – e Jason Handy, assistente alla produzione. Spiega di aver trovato una fotografia di Handy che si masturba, indirizzata a sua figlia. Nel 2004 Handy è stato condannato a 6 anni di carcere. 

Quiet on set
“Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV” (Credits: Investigation Discovery)

Oltre a questi casi specifici, molte delle persone intervistate nel documentario hanno portato l’attenzione sulla sessualizzazione che gli attori subivano non solo fuori dal set, ma anche come parte dei loro copioni. In realtà questi racconti fanno da raccordo con quanto, dalla pubblicazione del libro di Jennette McCurdy in poi, stava ri-circolando su internet. Alcuni spezzoni dei programmi più famosi di Nickelodeon mostrano, per esempio, scene ricorrenti in cui gli attori recitano in sketch che coinvolgono i propri piedi: ripresi da vicini, coperti da ketchup, addirittura messi in bocca. Ma non è l’unico caso di battute inappropriate, gli scambi tra gli attori erano spesso impercettibilmente sessuali per i bambini, ma totalmente comprensibili nel loro intento da adulti. 

“Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV” (Credits: Investigation Discovery)

Quel che questo racconto implica, è l’esplicarsi di una dinamica di potere. Schneider, e l’intero sistema Nickelodeon, sono stati fondamentali nell’avvio delle carriere di moltissime persone, tra cui la più fortunata di tutte, quella di Ariana Grande. Questa condizione, come raccontato nel documentario da più persone, rendeva impraticabile la possibilità di muovere critiche o – persino – proteggere i propri figli. Mary Robertson, una delle registe del documentario, ha detto a Hollywood Reporter che Quiet on Set è molto di più della storia di una rete televisiva e del suo fallimento nel tenere al sicuro i suoi giovani attori: «Penso che siamo in un momento culturale in cui riflettiamo di più e più spesso, e forse capiamo più profondamente, i lati negativi della fama. Nel caso di Quiet on Set, stiamo prestando più attenzione a quel che significa per questi bambini-attori fare esperienze molto positive e molto negative, attraversando entrambe come bambini. Abbiamo osservato cosa significa per loro esistere in un ambiente dove sono celebrati, dove possono divertirsi, a volte cantare e ballare e dire delle battute divertenti, ma dove i confini sono spesso sfumati, e dove è difficile per loro sentirsi sereni a parlare di cosa succedeva». 

Quiet on set
“Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV” (Credits: Investigation Discovery)

La discussione sulla regolamentazione del lavoro dei bambini nell’industria dell’intrattenimento è ancora molto presente negli Stati Uniti. Sono i singoli Stati a stabilire le leggi che proteggono i minori che lavorano sui set, lasciando, al momento, ancora 17 Stati senza una regolamentazione specifica. I due Stati più importanti per l’industria televisiva e cinematografica sono la California e New York. Qui è stabilito che i bambini possono lavorare solo alcune ore del giorno: tra i 6 e gli 8 anni è permesso stare su un set per 8 ore, che si riducono a 4 nei periodi in cui le scuole sono aperte. In California il tempo impiegato nella preparazione, cioè al trucco o ai costumi, è considerato lavoro. In entrambi gli Stati i bambini devono avere un permesso per lavorare e devono dedicare tre ore di quelle passate sul set allo studio, con un tutor. In California un minore di 16 anni deve avere un genitore o un custode al seguito, mentre i minori più grandi di 16 anni possono frequentare il set senza accompagnatori. Nello Stato di New York i minori di 16 anni devono avere un custode maggiorenne, che monitori il suo benessere. L’ultimo sostanziale aggiornamento alle leggi in tema di lavoro minorile, negli Stati dell’intrattenimento, è del 2023.

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