di ilaria
Coogan, sceriffo dell’Arizona, poco amato dai suoi colleghi per i suoi metodi duri, è costretto ad andare nella Grande Mela per farsi consegnare un detenuto e riportarlo nella sua città. Arrivato a New York, sorgono una serie di problemi con il fuggito che riesce a scappare dall’ospedale in cui è ricoverato per un’overdose da LSD e non farsi arrestare. Durante questa avventura sono fondamentali gli incontri con due donne, caratterialmente opposte, che gli permettono di arrivare a catturare Rigerman: l’ufficiale di sorveglianze Julie Roth, precisa e impostata, e la ragazza del ricercato Linny, tipica ragazza ribelle e hippie degli anni in cui la pellicola è ambientata. Alla fine, grazie alla sua caparbietà, il mitico Clint Eastwood, nei panni dell’uomo con la cravatta di cuoio, riesce (ovviamente) ad acciuffarlo e riportarlo in Arizona.

Il film, attraverso quest’avventura poliziesca, ci riporta al mitico ‘68, mostrandoci una serie di personaggi che vivevano in questo grande momento di rivoluzione, finendo però su una cattiva strada, e contrapponendoli al protagonista: un veterano vice-sceriffo che non conosce questo nuovo mondo ma che, con i suoi metodi tradizionali e un po’ burberi, riesce sempre a raggiungere i propri obiettivi. La contrapposizione delle personalità di quegli anni è uno degli aspetti più interessanti di questo film. Infatti, il regista Don Siegel decide di iniziare e concludere questo scontro tra bene e male nella natura: la scena iniziale del film si svolge in una zona rurale dell’Arizona con uno scontro tra lo sceriffo e un indiano, dove questa specie di deserto è l’unico vero protagonista; mentre l’arresto finale dell’antagonista, che dai tratti fisici sembra anche lui un pelle rossa “contemporaneo”, avviene nel Fort Tryon Park di New York.

La grandiosa ‘caccia’ che viene messa in scena sembra quasi volerci dire come gli istinti naturali dello sceriffo Coogan vincono sempre sulla contemporaneità, dato che la moto non basta per scappare da quel grande parco circondato da alberi. Anche il soprannome del protagonista, “uomo dalla cravatta di cuoio”, richiama un passato più burbero e primitivo, di un uomo con la pelle dura e pronto a tutto. Ma tutta questa durezza e filosofia viene smorzata dal regista con piccole battute nel corso del film, che fanno sorridere e divertire lo spettatore, come quando Coogan continua ad essere scambiato per uno sceriffo del Texas e lui è sempre costretto a specificare di essere dell’Arizona. Questo perchè nelle grandi città, tutto quello che sta fuori o non è al passo con i tempi, è considerato tutto uguale, quando in realtà ci sono grandi differenze tra i due stati americani. Tuttavia, grazie alla scelta del regista di attuare questi piccoli sketch comici che fanno sorridere, come ha dichiarato Quentin Tarantino: «Quello che noi consideriamo cinema d’azione comico è nato il giorno dell’uscita di Coogan’s Bluff».

Coogan’s Bluff ci aiuta a riscoprire un regista dimenticato, forse perchè non ha mai ricevuto la giusta importanza in quanto autore, anche se è stato capace di essere eclettico spaziando per vari filoni del cinema, pur specializzandosi alla fine nel poliziesco. Tuttavia, Don Siegel necessita di essere rivalutato e riconsiderato in quanto, inaspettatamente, con un western poliziesco, anche molto simpatico, è capace di portare alla luce le differenze sociali americane di quegli anni e raccontare un’avventura avvincente con scene d’azione progettate per emozionare e spaventare.