Skip to main content

recensione a cura di marco morelli

Ieri è stato il giorno di François Ozon a Venezia. Il prolifico regista francese, al settimo film dal 2019, è tornato al Lido nove anni dopo lo splendido Frantz per presentare in concorso la sua versione de L’Étranger di Albert Camus. Ad accompagnarlo, due volti noti del suo cinema come Benjamin Voisin (Été 85) e Rebecca Marder (Mon Crime) oltre a Pierre Lottin, Swann Arlaud e Denis Lavant.

Nella celebre intervista con François Truffaut[1], Alfred Hitchcock affermò di preferire l’adattamento romanzi popolari o leggeri piuttosto che di capolavori letterari. Il primo romanzo di Camus appartiene senz’altro ai secondi, almeno secondo alcune classifiche come quella di Le Monde e rappresenta ancora uno dei testi fondamentali per comprendere la prima produzione letteraria dell’autore franco-algerino. Ozon ha dichiarato in conferenza stampa di essere consapevole della portata dell’impresa, specialmente perché il dimenticabile adattamento di Luchino Visconti con Marcello Mastroianni e Anna Karina fu uno dei maggiori flop per l’autore milanese.

«L'Étranger» di François Ozon
«L’Étranger» di François Ozon (Credits: Biennale / Gaumont)

Il film ci catapulta immediatamente nell’Algeria francese: persino i titoli di testa relativi alle case di produzione (Gaumont in primis) sono in bianco e nero e ricordano i film degli anni ‘30. L’uso del B/N era stato un fondamentale espediente narrativo e psicologico nel precedente Frantz: ne L’Étranger, Ozon si limita a usarlo per tutta la durata della pellicola senza alternarlo alle immagini a colori per dare una cornice temporale particolare e omaggiare un’epoca. Nella prima parte assistiamo alla presentazione del caso di Meursault attraverso un flashback che alterna i momenti prima del processo e l’inizio della vicenda. Ozon qui segue la struttura del libro riuscendo a dare una caratterizzazione fedele al protagonista: nella press conference ha confermato di essersi ispirato al metodo di direzione minimalista di Robert Bresson. Questo modus operandi permette di mostrare un Meursault apatico e perfetto eroe del primo Assurdo[2] secondo la filosofia di Camus, per quanto si possano notare le tendenze depressive e sociopatiche segnalate dalla moderna critica psichiatrica.

«L'Étranger» di François Ozon
«L’Étranger» di François Ozon (Credits: Biennale / Gaumont)

Tuttavia, è nel secondo atto che Ozon riesce ad appropriarsi maggiormente dell’opera. In primis, emerge il rapporto di Meursault con la madre e il femminile (tema centrale nel precedente Quand vient l’automne) in un sogno a occhi aperti non presente nel libro, una fantasia di morte che si lega perfettamente al finale e lo rinforza. Inoltre, emergono alcune allusioni omoerotiche per Meursault (poco prima del delitto e con il prete) e, soprattutto,l’autore riformula l’idea del colonialismo di Camus. Nel romanzo originale nessun arabo ha un nome e cognome, una scelta politica per evidenziare il distacco tra il governo di Parigi e l’Algeria coloniale. Non è un mistero che Camus venne emarginato dall’èlite intellettuale francese a causa delle sue posizioni sulla guerra in Algeria[3], diventando inviso ad autori fondamentali dello scorso secolo come Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir

«L'Étranger» di François Ozon
Backstage de «L’Étranger» di François Ozon (Credits: Biennale / Gaumont)

Ozon accenna (con il titolo in arabo prima che in francese e con la ripresa di alcuni cartelli razzisti) e poi esplica questo problema di rappresentatività nel film, suggellandolo tramite la lapide dell’uomo ucciso da Meursault che riporta, per la prima volta, un nome e un cognome. La questione algerina è ancora una ferita aperta per la Francia e altri autori prima di Ozon hanno cercato di affrontarla: è il caso, ad esempio, di Michael Haneke nello splendido Caché[4] o di opere più datate come Muriel di Alain ResnaisLa Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. Il regista parigino ha ribadito in press conference il legame con l’Algeria, dal momento che suo nonno materno era stato un pied-noir fino al ‘56.  Per concludere, l’Étranger di Ozon risulta un’opera raffinata e sentita che si distingue in un Concorso finora privo di grandi picchi. Come il sole che colpisce Meursault prima del delitto, il film ci ha folgorato nonostante la pioggia battente ieri mattina fuori dalla proiezione stampa in Sala Darsena.


[1] Truffaut, F. (2016). Il cinema secondo Hitchcock. Il Saggiatore.

[2] Tiberghien, Eve. Albert Camus: Esistenzialismo, assurdo e ribellione. Plurilingua Publishing, 2023.

[3] Drake, David. “Sartre, Camus and the Algerian War.” Sartre Studies International 5.1 (1999): 16-32.

[4] Virtue, Nancy E. “Memory, Trauma, and the French-Algerian War: Michael Haneke’s Cache (2005).” Modern & Contemporary France 19.3 (2011): 281-296.

Leave a Reply