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di virginia

Il regista Giuseppe Tornatore incontra il pubblico del Lucca Film Festival in occasione della consegna del premio alla carriera Sguardo senza confini. La presentazione del suo ultimo lavoro, Ennio, documentario sul compianto maestro Morricone già presentato durante la 78 Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è stata moderata da Cristina Puccinelli, membro della direzione artistica del Festival.

Giuseppe Tornatore presenta “Ennio” (Credits: Lucca Film Festival)

Sono molto curiosa di sapere, visto che conosco un po’ di storia del documentario, quanto materiale è stato scartato, dato che il primo montaggio durava all’incirca sei ore e mezzo. Come sei riuscito a tagliare quattro ore di film, quante cose hai dovuto sacrificare e in base a cosa hai scelto di mantenere alcuni materiali a discapito di altri, quali sono state le scelte dietro a questo montaggio?

Sì, è stato molto faticoso dover tagliare ed operare delle selezioni. In genere, il primo montaggio di qualsiasi cosa viene sempre molto lungo ma poi segue una fase di lavoro molto interessante, quella di sintesi. Fino ad un certo punto abbiamo sintetizzato, poi, però è stato necessario eliminare dei capitoli interi; ho dovuto rinunciare ad alcuni materiali (essendo già un documentario già lungo e, quindi, anche abbastanza anomalo, non si poteva andare oltre e sforare). Ho operato delle scelte, talvolta, anche seguendo la logica di montare il film rispettando più la legge della musica che quella delle immagini. Alcune eliminazioni sono state abbastanza naturali, pur essendo capitoli di per sé molto interessanti. Ad un certo punto, però, sono stato portato a praticare una serie di scelte e non è stato facile.

Giuseppe Tornatore presenta “Ennio” (Credits: Lucca Film Festival)

Anche il regista, in un certo senso, si può considerare un direttore d’orchestra: dirige gli attori, le scenografie, i suoni, le luci, i costumi… c’è mai stato un parallelo del genere negli incontri che hai avuto con Ennio Morricone?

No, nei nostri incontri questo confronto non c’è mai stato! Ho frequentato Morricone per molto tempo, per più di trent’anni e sapevo che, a dispetto dell’immagine pubblica che di lui esisteva, quella di un uomo molto introverso e chiuso, era in realtà un uomo molto simpatico e divertente, ironico. Anche molto generoso nella capacità di raccontare la propria vita; nei nostri numerosi incontri mi ero fatto raccontare, spesso, cose private della sua vita e quindi volevo un po’ ricostruire questo clima abbastanza privato.

Giuseppe Tornatore presenta “Ennio” (Credits: Lucca Film Festival)

Quando ha accettato non di essere intervistato, dato che si è trattato di una lunga chiacchierata, ho cercato di ricreare questo rapporto che tra me e lui c’era sempre stato, un rapporto di amicizia in cui ci si racconta a vicenda esperienze della propria vita. Non ho mai pensato di pormi come direttore e neanche lui ha fatto il direttore di niente: si è lasciato andare ed ha raccontato la sua vita come faceva sempre, canticchiando sempre qualche melodia per farsi intendere. È un tratto che ho lasciato nel film, questo suo istinto di ricorrere alla musica per comunicare e mi ha sempre affascinato molto. 

Quali consigli ti sentiresti di dare a degli studenti compositori, come devono approcciarsi al lavoro cinematografico senza lasciarsi andare troppo alla propria idea compositiva?

Con Morricone parlavamo spesso di questo argomento, anche nel film ne parla, è una tematica molto importante. Il consiglio che mi sento di dare ai giovani compositori – ma anche ai giovani registi – forse sembrerà un consiglio un po’ strano da seguire: non approcciate mai nessuna musica al montaggio. Oggi è la prassi di appoggiare, durante la realizzazione di un film, una musica di repertorio ma è la cosa più sbagliata da fare. In questo modo, inevitabilmente, sarete costretti a chiedere al compositore di imitare quella musica che avete, in qualche modo, già scelto. È la cosa peggiore che si possa fare: non solo una richiesta del genere è umiliante per il compositore, ma anche per il film; quando si monta il film, in quella fase in cui il montaggio è ancora grezzo e il racconto non compiuto, qualsiasi musica ci mettiate, funziona sempre.

Giuseppe Tornatore presenta “Ennio” (Credits: Lucca Film Festival)

Dopo aver ascoltato la musica, poi l’orecchio si abitua e finirete col non capire mai quale sarebbe stata la musica giusta per quel racconto lì. Appoggiare la musica di un film del passato o di qualunque altra composizione già esistente è sempre un errore, oltre che motivo di autoumiliazione per il regista, dato che limita pesantemente la propria capacità di cercare nuova musica. Anche se sembra difficile farsi intendere dal compositore con quelli che, a prima vista, possono sembrare termini astratti, alla fine si rivela sempre la strada migliore, oltre che quella più diretta per comunicare queste necessità artistiche. Questo tipo di fatica e di ricerca, da fare sempre in due, fa parte comunque del processo creativo e inserire musica di repertorio non è altro che un fallimento per tutti, anche se può sembrare la strada più breve. Mi è sempre dispiaciuto chiedere ad un compositore l’imitazione di una melodia già esistente e non vi consiglio di farlo.

Giuseppe Tornatore presenta Ennio
“Ennio” di Giuseppe Tornatore (Credits: Lucky Red)

Come hai percepito questo tormento, questa tristezza da parte di Morricone di non essere riconosciuto come compositore di musica assoluta ma, esclusivamente, nonostante il successo, come compositore di musica per film?

Non si trattava di tristezza, Ennio non era una persona triste, assolutamente. Lo definirei un compositore tormentato, questo sì, ma non dal fatto di non essere riconosciuto come compositore assoluto, si trattava, piuttosto, di un problema interiore suo. Morricone nasce dal mondo della musica pura, della musica assoluta, poi, le chance che la tecnologia, il mercato, gli ha richiesto, lo ha portato a confrontarsi con diverse applicazioni della musica e in questo è stato modernissimo. Alla fine degli anni Cinquanta capì che c’era una separazione troppo drastica tra la musica di consumo e la musica popolare e capì che questa distanza andava, in qualche modo abolita.

Giuseppe Tornatore presenta Ennio
Ennio Morricone e Giuseppe Tornatore sul set di “Ennio” (Credits: IMDb)

La sua idea era di rendere più colta e raffinata la musica popolare e, al tempo stesso, più accessibile la cosiddetta “musica pura”, che non doveva essere necessariamente noiosa e difficile. Questa sua convinzione lo ha portato per molti anni ad essere un po’ colui che rompeva gli equilibri: la musica per il cinema era per lui opportunità di sperimentazione, non è mai stato un compositore per film passivo, ha sempre sperimentato, anche quando si trattava di comporre la colonna sonora di un film umile, che sapeva benissimo già in partenza non avrebbe avuto successo. Ecco, anche in quei casi, si impegnava come se dalla composizione dovesse dipendere la sua esistenza.

Giuseppe Tornatore presenta Ennio
“Ennio” di Giuseppe Tornatore (Credits: Lucky Red)

Anche nel campo della musica assoluta, come la chiamava lui, questo cercare di non scambiare e non confondere la profondità dell’opera con la sua inaccessibilità è stato fondamentale. Possiamo fare un esempio con il mondo del cinema: più un film è inaccessibile meno gente lo va a vedere, allora, di conseguenza, viene considerato puro e serio ma questa cosa ha fatto dei danni storici e culturali terribili! Ennio cercava di rompere le regole in tutti i campi in cui si trovava ad applicare la musica e questo sforzo gli è stato utile. Quella che Nicola Piovani definisce “schizofrenia da compositore” si rimargina e la sua anima di compositore popolare si incontra con quella di compositore assoluto. Questo suo tormento è un tormento attivo e positivo che gli dava l’opportunità di crescere sempre di più.

Giuseppe Tornatore presenta Ennio
“Ennio” di Giuseppe Tornatore (Credits: Lucky Red)

Credo che dal film emerga questo, non era il mondo accademico che non voleva riconoscerlo come un certo tipo di compositore – sì, il mondo accademico di quegli anni guardava alla musica per il cinema dall’alto in basso, era giudizio generale e non specifico nei confronti di Ennio Morricone – ma tutto rientrava in questo suo tormento personale. Morricone ha sempre composto musica cercando di inventare qualcosa di nuovo, non ha mai cercato di ripetere uno schema già tracciato, già esistente (cosa che, nel cinema soprattutto, avviene spesso). Anche coloro che storcevano il naso di fronte alla dicitura “musica per cinema”, sapevano benissimo di trovarsi davanti a qualcosa di completamente diverso, quando si trattava di Morricone.

Per quanto riguarda “Nuovo Cinema Paradiso”, il tema finale come è nato? C’è stata un’interazione con Morricone, come è stata ideata quella melodia?

Ennio, quando decidevamo quali dovessero essere i temi del film, in quel caso avevamo convenuto che doveva essercene uno del cinema – dato che il personaggio più importante del film era la sala del cinema – uno della storia d’amore, e, infine, un tema dell’infanzia uno della maturità. Una volta decise queste cose, mi proponeva più opzioni: per il cinema ne aveva composti tre o quattro e io scelsi quello che alla fine è stato inserito nel film e così anche per il tema d’amore. Per quest’ultimo ne scelsi uno, quello che ritenevo fosse il più bello; più tardi, in sala di registrazione, arrivati quindi a incidere il tema stabilito, mi richiese se mi piacesse davvero, chiedendomi con insistenza se fossi sicuro della mia scelta.

“Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore (Credits: IMDb)

Non capivo il perchè di questa improvvisa apprensione ma, alla fine della registrazione, si avvicinò e mi rivelò di dovermi confessare qualcosa. Disse che questo tema non era il suo, ma di suo figlio, e mi spiegò di averla sentita un giorno mentre stava studiando musica. Dopo averla sentita, la sviluppò e la rielaborò di modo da tirarne fuori quella che oggi si sente nella colonna sonora del film, ma aveva paura di farmi questa rivelazione. Nei titoli di coda, infatti, si legge tra i crediti Andrea Morricone, non Ennio, per quanto riguarda il tema d’amore. Penso che questo aneddoto abbia comunque un significato più profondo: per Morricone, la melodia non era la cosa più importante di una composizione musicale: poteva inventarne moltissime. Era però importante tutto il resto, il contrappunto, l’armonia, questo era l’orizzonte che più lo entusiasmava.

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