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intervista a cura di virginia maciel da rocha

«Wishing on a Star» è un documentario diretto da Peter Kerekes e racconta la curiosa vicenda di un gruppo di persone che decidono di affidarsi a una famosa astrologa per cambiare la loro vita. Il consiglio che viene dato loro è di viaggiare nel giorno del compleanno in un luogo specifico, diverso a seconda delle persone, per consentire una nuova rinascita sotto un’altra costellazione. In occasione del Pianeta Mare Film Festival, dove il film è stato presentato dopo aver compiuto un lungo giro intorno al mondo, abbiamo scambiato due chiacchiere con Erica Barbiani, sceneggiatrice e produttrice del lungometraggio.

Wishing on a Star
«Wishing on a Star» di Peter Kerekes (Credits: Videomante / Kerekesfilm)

Da dove è nata l’idea di raccontare questa storia e come è stato realizzarla? O meglio, come è stato trasformare la storia reale in una trasposizione sul grande schermo?

«Conosco Luciana [de Leoni d’Asparedo], l’astrologa, da almeno trent’anni! Mia zia aveva fatto il viaggio di compleanno che le aveva consigliato nel 1993 o 1994 e ha festeggiato i suoi quarant’anni a Capo Verde. Tutta la mia famiglia si interrogava sul perchè avesse deciso di passare il suo quarantesimo da sola in questo viaggio e l’astrologa le aveva detto che se lo avesse fatto avrebbe trovato l’uomo della sua vita — anche se alla fine è successo tutto vent’anni dopo! Mi è rimasta molto la curiosità su questo metodo e mia zia, poi, mi ha regalato negli anni una consulenza con Luciana nel giorno del mio compleanno, ma nonostante la chiacchierata non ho mai avuto il coraggio di compiere uno dei viaggi. Ho pensato che sarebbe stato interessante girare un documentario su questa situazione e metodo per esaurire i propri desideri, ma non sono riuscita a trovare, nel corso degli anni, un regista italiano che avesse questo tipo di ironia che piaceva me, un po’ “trattenuta” in un certo senso e tragicomica». 

«Wishing on a Star» di Peter Kerekes (Credits: Videomante / Kerekesfilm)

Infatti questo è uno dei punti “curiosi” del documentario, che si propone di raccontare una storia molto specifica e legata a costumi e tradizioni italiane, ma è stato girato da un regista straniero.

«Avevo bene in mente l’ironia e la malinconia dei film di Peter Kerekes, un regista slovacco di cui apprezzavo il lavoro. Trovo che questa malinconia dell’Europa del centro—est sia qualcosa che mi appartenga, in qualche modo, dato che sono nata io stessa a pochi chilometri dal confine. Quando ho proposto a Peter di fare la regia di questa storia e gli ho fatto conoscere Luciana ho proprio visto un incastro perfetto, tra la potenza dell’ironia napoletana e quella dell’Europa dell’est, una combinazione “strana” ma che poteva funzionare! Nè io né Peter crediamo nell’astrologia, ma la cosa che ci ha intrigato è tutto l’aspetto del tentativo di dare un ordine e provare ad avere un certo controllo su qualcosa che, di fatto, è incontrollabile — il caos, il destino, la vita in generale. Questo viaggio, non a caso, viene raccontato nei termini di un pellegrinaggio, proprio perchè nel compiere questo viaggio si assiste a un tentativo di rimessa in ordine con sé stessi». 

Wishing on a Star
«Wishing on a Star» di Peter Kerekes (Credits: Videomante / Kerekesfilm)

La voglia di mettersi in gioco per cambiare alcuni aspetti della propria vita è il filo rosso che, chiaramente, lega le storie dei diversi personaggi. In particolare mi è rimasta impressa la storia del personaggio che, nell’impossibilità di potersi recare in Alaska, decide di ricreare l’habitat nel salotto della propria casa.

«Sì, esatto, a me ha affascinato molto questo aspetto, il fatto che le persone si mettano in moto per cercare quello che vogliono — che si tratti di iscriversi in palestra, all’università o al sito di incontri per conoscere qualcuno con cui iniziare una relazione. Al di là dell’atto psicomagico, della condizione che succeda qualcosa solo come conseguenza al viaggio, credo nella potenza di un gesto che può dare potere alle persone ed è con questo sguardo che ci siamo approcciati alla materia: il tutto funziona perchè sono le persone in primis a farlo funzionare. Anche chi non sa niente di astrologia o non ci crede può comunque facilmente identificarsi con il percorso che queste persone fanno, con un gesto che porta a cambiare la propria vita. Non ci è interessato fare un’indagine scientifica su cosa funzioni o meno, il nostro focus era sul metodo adottato da Luciana e le persone che hanno deciso di seguirlo. Il film, poi, ha avuto una lunga gestazione: la progettazione è iniziata prima del Covid e poi si è tutto sviluppato in un periodo in cui non era possibile viaggiare più di tanto, anche se si tratta di un film molto itinerante da questo punto di vista. Il viaggio della ragazza che decide di restare in casa per andare in Alaska è uno dei punti più forti del senso di empowerment dei protagonisti: non è tanto necessario compiere il viaggio ma scegliere di farlo».

Wishing on a Star
«Wishing on a Star» di Peter Kerekes (Credits: Videomante / Kerekesfilm)

Il documentario ha girato in lungo e in largo, contando la partecipazione, oltre che alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, anche a festival d’oltreoceano. Hai notato una differenza nella ricezione da parte del pubblico del film, in tutti questi luoghi diversi?

«Diciamo che il pubblico, in generale, è riuscito a cogliere la malinconia quasi esistenziale: dal pubblico che vede il documentario d’autore passando per l’insospettabile casalinga friulana! Dare un punto di vista diverso su qualcosa, lasciare la sensazione che ci siano tentativi di realizzare i propri sogni anche in modi impacciati è andato bene: alle persone è arrivato questo messaggio sia che si trovassero in Cina, a Toronto o a Hong Kong. Il pubblico si è identificato con le aspirazioni e le frustrazioni di tutti i giorni, cosa che sentiamo tutti».

Wishing on a Star
«Wishing on a Star» di Peter Kerekes (Credits: Videomante / Kerekesfilm)

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