approfondimento a cura di emma marinoni
Anche quest’anno ritorna la rassegna cinematografica organizzata da Insolente presso Z.I.A – Zona Indipendente Artistica, in Via Francesco de Sanctis 43 a Milano. Con il titolo Nostro sovversivo amore, la rassegna di propone di indagare il desiderio e la politica sentimentale attraverso il cinema — sempre in tipico stile Insolente, ovvero “al di fuori dal genere e dei generi.” Ogni appuntamento della rassegna inoltre presenterà un corto ricevuto da un open call tematica, dedicata a student3 delle scuole di cinema di Milano.

Il secondo appuntamento della rassegna, venerdì 21 novembre, si concentra in particolare sul rapporto tra corpi, desiderio e memoria (spesso sottoforma di archivi, siano essi pubblici o personali). Il cortometraggio Domus de Janas di Maria Vittoria Daquino (ricevuto da open call) esprime un forte legame non solo con il filmato d’archivio ma anche con le leggende popolari e storiche. Le “domus” del titolo sono antiche tombe prenuragiche ad oggi ancora presenti sul territorio sardo, mentre le “janas” sono le fate che proteggono questi spazi, figure mitologiche protagoniste di leggende popolari sarde, in cui si dice che abbiano il potere di uccidere con una sola carezza. Domus de Janas è un cortometraggio di denuncia non solo del degrado che questi luoghi subiscono (tra mancanza di tutele per la conservazione delle tombe e i saccheggi dei tombaroli) ma anche di una forma di umanità che non rispetta la propria terra e le proprie tradizioni, contro cui le fate tramano giustamente vendetta.

Un altro cortometraggio a confrontarsi con l’archivio e la storia è When the Towel Drops – Vol. 1 Italy, prima parte di un progetto di ricerca sulla rappresentazione cinematografica del femminile e del desiderio, a opera del collettivo Rhada May. Sviluppato principalmente presso gli archivi della Cineteca di Bologna, il corto si compone di una selezione di scene raffiguranti donne che sono state tagliate da diversi film per motivi di censura. Nella maggior parte dei casi a essere censurati non sono necessariamente corpi nudi ma corpi ritratti nel provare desiderio (in alcuni casi persino non eteronormativo). La sfera sessuoaffettiva non è l’unica ad essere rappresentata: tra le varie immagini vi è anche una scena di parto, la cui presenza sottolinea l’impossibilità di rappresentare sullo schermo un corpo femminile che si trova al di fuori di determinati canoni. All’apparenza un semplice videosaggio, When the Towel Drops è in realtà un atto politico, una restituzione al grande schermo di momenti cinematografici dispersi tra gli archivi.

You can’t get what you want but you can get me si concentra invece su un altro tipo di archivio frequentemente nascosto, ovvero quello personale, in particolare quello appartenente alle coppie t4t (termine che indica relazioni tra due o più persone transgender). Il cortometraggio di Samira Elagoz e Z Walsh è uno slide show di immagini, passando da fotografie fino a screenshot di messaggi e meme, che documenta la relazione tra i due registi del corto dal primo incontro alla top surgery di uno dei due. Se When the Towel Drops drops sottolinea l’importanza del recuperare un archivio che è stato disperso, You can’t get what you want but you can get mesi concentra invece sul creare un proprio archivio “sovversivo”, che documenta esistenze già presenti nel nostro passato ma che non ci sono mai state effettivamente tramandate. La necessità di ritrarre e ritrarsi è un connubio perfetto tra la sempre più digitale generazione Z e l’attivismo queer contemporaneo, che produce una testimonianza il cui obiettivo è anche solo semplicemente il poter dire “noi ci siamo statǝ”.

A coniugare un po’ tutte le tematiche presenti negli altri corti selezionati è mast-del di Maryam Tafakory. In linea con l’opera precedente dell’artista, il film ripropone immagini cinematografiche del cinema dell’Iran post-rivoluzionario, resignificandole attraverso la presenza di un testo sullo schermo scritto in prima persona. Anche mast-del parla di desideri repressi dalla censura, che però in questo caso non si limita ad agire sul materiale filmico ma impatta il vissuto vero e proprio della protagonista, che racconta alla donna con cui si relaziona l’incursione della polizia durante un appuntamento avuto con un uomo in passato. Ciò che viene raccontato non può essere rappresentato visivamente in modo diretto — al tempo stesso, le immagini scelte dalla regista non sono libere di rappresentare ciò che vogliono, creando una doppia dinamica di sovversione, in cui la potenza testuale di ciò che viene raccontato viene amplificata dall’aspetto visivo del corto.

Tra desiderio, corpi e censura, Nostro sovversivo amore propone una selezione di corti in dialogo non solo con il presente ma anche con il passato, recuperando da una tradizione apparentemente limitata elementi che invece sottolineano l’esistenza al suo interno anche di storie sovversive, queer, discordanti e inclassificabili.




