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approfondimento a cura di emma marinoni

Proseguono le avventure di un fine settimana allegro passato in completa e totale compagnia di Tom Cruise.

Domenica sera – Mission: Impossible – Fallout

Arrivatǝ a metà di Fallout inizio ad arrabbiarmi parecchio per non averlo visto al cinema, capendo finalmente (al sesto film) il motivo per cui la saga persiste: è una grande esperienza da sala cinematografica. Compro immediatamente i biglietti per andare a vedere Final Reckoning

«Mission: Impossible – Fallout» di Christopher McQuarrie

Di nuovo, il mondo è al confine del collasso nucleare: Hunt e la sua squadra devono fermare i residui del Sindacato (compreso il loro capo, Lane) dall’annientare un terzo della popolazione mondiale. Al cast si aggiungono Vanessa Kirby (slay di proporzioni devastanti) e Henry Cavill (il cui aspetto mi ripugna visceralmente). Cavill è probabilmente l’unico membro del cast fisicamente in grado di superare il livello atletico di Cruise – e non a caso finisce per stare dalla parte dei cattivi. Fallout è tendenzialmente il preferito tra gli appassionati della saga – il che, dopo averne visto il terzo atto, non mi stupisce affatto. Se da Ghost Protocol in poi la qualità dei film è nettamente migliorata, con Fallout la saga cementa definitivamente il suo posto nell’olimpo del cinema d’azione. Purtroppo, la faccia di Henry Cavill e la minaccia di una bomba nucleare me lo fanno comunque percepire come un film di supereroi. 

Lunedì sera – Mission: Impossible – Dead Reckoning Part One

La visione di Dead Reckoning viene inizialmente ostacolata dalla mia impossibilità di usare siti streaming “alternativi”, ma alla fine mi convinco a cacciare fuori le tre sterline per noleggiarlo – fatto trenta, facciamo trentuno.

Mission: Impossible
Tom Cruise in «Mission: Impossible – Dead Reckoning» di Christopher McQuarrie

Il nome di Ethan Hunt è sconosciuto alla maggior parte della CIA e le sue passate missioni sono tra la leggenda e le voci di corridoio. Il mondo è sotto la minaccia dell’Entità (lol), un’intelligenza artificiale che ha sviluppato una coscienza e che è in grado di accedere a qualunque tipo di informazione confidenziale nonchè armarsi di tutte le testate nucleari del pianeta. L’unico modo per fermarla è recuperare una misteriosa chiave composta da due parti e riuscire a scoprire che cosa apra. Una buona parte di Dead Reckoning è girata in Italia: c’è un grande cameo della metropolitana di Roma e un paio di scene bellissime a Venezia (Costanza c’era). Anche qui il cast non protagonista fa il film: menzione speciale a Pom Klementieff, che nonostante abbia tre battute in croce riesce comunque ad avere una grande presenza scenica. Da Fallout in poi la qualità della fotografia è nettamente superiore, ma Dead Reckoning ha un’aura estetica a sé stante, misteriosa e un po’ stilosa, che me lo fa ricordare come più piacevole degli altri dal punto di vista visivo.

Martedì pomeriggio – Mission: Impossible – The Final Reckoning

Finalmente sono sedutǝ al cinema – anche se purtroppo non in una sala IMAX. Prima del film compare un videomessaggio di Tom Cruise che ci ringrazia per aver scelto di vedere Final Reckoning al cinema e ci invita a prepararci per “the biggest mission yet”.

Mission: Impossible
Tom Cruise in «Mission: Impossible – The Final Reckoning» di Christopher McQuarrie

La prima parte del film è abbastanza appesantita dal fatto di essere al tempo stesso il film di chiusura della saga (quindi pienissimo di rimandi ai precedenti) e una parte due di Dead Reckoning (quindi con una trama già praticamente nota). Tuttavia, dalla metà del film in poi la situazione cambia notevolmente – complice una lunghissima sequenza subacquea che mi ha tenuto incollatǝ allo schermo. Incredibili performance collaterali di Tramell Tillman e Katy O’ Brian (la crew del sottomarino più gay di sempre). Se alcuni callback ai film precedenti sono scontati, altri si dimostrano giustificati – soprattutto quelli al primissimo film. Per qualche motivo tutti i tentativi di colpirmi emotivamente riescono nel loro intento e mi ritrovo quasi a trattenere le lacrime verso la fine – complice anche la quasi morte di Benji (Simon Pegg), il mio personaggio preferito della serie.

Epilogo

Questa non vuole essere un’apologia di Tom Cruise – che, per ovvi motivi, è una persona terrificante. Ad affascinarmi non è tanto la sua dedizione agli stunt, ma quanto essa contribuisca a rendere l’esistenza di questi film quasi completamente assurda: nonostante facciano il pieno al botteghino, stento a immaginare un produttore esaltato all’idea di partecipare a uno dei film della saga, che si prospettano un incubo dal punto di vista assicurativo. La volontà di creare queste sequenze allucinanti ha dilatato i tempi di uscita dei film non solo per ovvi motivi finanziari, ma anche per l’assenza di tecnologie adatte a realizzare le scene ideate dalle folli menti di Cruise e McQuarrie.

Mission: Impossible

Cruise parla del pubblico in un modo quasi fanatico, citando la volontà di intrattenerlo come il motivo principale dietro la produzione dei film di Mission: Impossible. In un periodo in cui il pubblico viene spesso infantilizzato tra un fan service e l’altro, il desiderio di superarsi ogni volta tecnicamente e filmicamente per esso fa quasi sembrare Mission un progetto sorprendentemente sincero: del resto, nessuno di questi film finge di essere ciò che non è, ovvero qualunque cosa che sia diversa da puro e semplice intrattenimento, paradossalmente finendo a trovarsi più vicino alle ragioni per cui è nato originariamente il cinema rispetto a tante altre recenti uscite in sala. 

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