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di virginia

Pedro Almodóvar è uno dei miei registi preferiti – informazione che, legittimamente, potrebbe non importare a nessuno. Nello specifico, La mala educación è il mio preferito tra tutti i suoi lavori. Sì, per me batte alla grande Tutto su mia madre (1999) e il resto dei suoi grandi classici, Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988) in primis. Dire che periodicamente riguardo La mala educación equivale a porlo sullo stesso piano di un comfort movie e questa sarebbe un’affermazione un tantino inquietante. No, non è uno dei miei comfort movie, ma devo confessare che questo film su di me provoca lo stesso effetto de Il nome della rosa di Umberto Eco su un qualsiasi insegnante liceale di materie umanistiche: ogni volta che lo riguardo noto un dettaglio o un particolare che durante la visione precedente mi era sfuggito.

Fele Martinez ne “La mala educación di Pedro Almodóvar (Credits: IMDb)

Mi fa sempre molto ridere quando, ogni volta che digito su un qualsiasi motore di ricerca La mala educación, mi imbatto involontariamente in un programma televisivo dallo stesso titolo. Non credo che questo film di Almodóvar abbia bisogno di presentazioni, ma per chiunque abbia dormito negli scorsi vent’anni, possiamo fare una breve sintesi. La storia ha come protagonista un regista, Enrique Goded (Fele Martinez), che sembra aver perso l’ispirazione e cerca su ritagli di giornale una storia che possa costituire una buona base per la sua prossima pellicola. Durante queste sessioni di ritaglio e collage, alla sua porta suona il campanello Angel (Gael Garcia Bernal), vecchio compagno di scuola di Enrique. I due non si vedono da quando erano bambini; nel frattempo Angel è diventato attore e cerca occupazione da Enrique, che sa essere diventato regista di successo. La trama principale de La mala educación si potrebbe limitare a questa sintesi, di poche righe, anche perchè da questo punto in poi la storia entra in un vortice di cornici da cui è difficile riuscirne, se non si è visto il film. Se non volete spoiler, siete avvisati – ma non ci credo che a quasi vent’anni di distanza dall’uscita del film non lo abbiate ancora visto. Se, però, questo dovesse essere il caso, correte a rimediare.

Gael Garcia Bernal ne “La mala educación” di Pedro Almodóvar (Credits: IMDb)

Minnesso e Rizzoni, nella monografia che hanno dedicato ad Almodóvar[1], definiscono questo lavoro del regista spagnolo come un enorme esercizio di freddezza. Che dire, sì e no. Siamo d’accordo sul fatto che in tutta la pellicola risulta difficile trovare un personaggio che abbia almeno una caratteristica positiva – dove per positiva, come vedremo a breve, si intende banalmente “umana” – però, vuoi per movimento opposto e contrario, vuoi per la vicinanza e il dispiacere che inevitabilmente, in quanto spettatore, provi nello scoprire le vicende che hanno caratterizzato l’infanzia dei protagonisti, forse, tutto sommato, tutta questa “freddezza” rimane solo in superficie. Enrique Goded è protagonista della cornice del racconto ed è probabilmente uno dei personaggi più distaccati dalla realtà e immersi completamente nel proprio ego in tutto il cinema di Almodóvar. Con incredibile sfarzo di cinismo, la prima volta che appare sulla scena, Enrique sta ritagliando da un quotidiano il trafiletto che riporta la storia di un motociclista che si è schiantato in un incidente. L’evento, che ha provocato la morte sul colpo del pilota, non importa al regista; da questa notizia tutto ciò che gli interessa è come adattare il buon presupposto come storia per il suo prossimo film.

La mala educación di Pedro Almodóvar
Gael Garcia Bernal ne “La mala educación” di Pedro Almodóvar (Credits: IMDb)

Per sua fortuna (o sfortuna, chissà), incontra Angel, cioè Ignacio, cioè Juan. Spiegando meglio: quando arriva nel suo studio Angel, che in realtà dichiara di chiamarsi Ignacio ma di aver cambiato da alcuni anni il proprio nome perchè “sul palco suona meglio così”, portandogli il copione di un racconto che ha scritto basandosi sul ricordo della loro amicizia nel collegio cattolico che da bambini hanno frequentato, questo improvviso blocco dello scrittore sembra attenuarsi in Enrique. Il regista decide, quindi, di leggere il racconto di Angel, intitolato La visita, con la speranza di poterlo adattare sul grande schermo. Da questo momento in poi, seguiamo il film nel film: da una parte la storia della cornice, di Enrique e Angel/Ignacio, dall’altra quella narrata nel film diretto da Goded, dove comunque ritroviamo il personaggio di Angel, qui, però, nei panni di Zahara. Indicatore del fatto che ci stiamo spostando su due piani narrativi diversi è anche il cambio del formato: vediamo alternarsi scene in wide e in 16:9 a seconda della storia che viene raccontata.

La mala educación di Pedro Almodóvar
Gael Garcia Bernal ne “La mala educación” di Pedro Almodóvar (Credits: IMDb)

Piano piano, la verità sul conto di Angel inizia a emergere – e questo, principalmente perchè Enrique è una persona di natura sospettosa e che non sembra fermarsi alle apparenze. Dopo una serie di “test” che Angel non sembra superare (non si ricorda della canzone che i due cantavano da bambini, Cuore matto di Little Tony, perciò nutre forti sospetti su questo repentino cambio del nome, che sembra nascondere qualcos’altro). Ora, non perchè sono italiana e perchè Cuore matto, effettivamente, è un importante pezzo pop della musica leggera di questo Paese, ma, effettivamente, è una scelta musicale azzeccata. I due protagonisti stanno rientrando a casa di Enrique dopo aver fatto serata e in radio capita la canzone, che sfuma sotto ai dialoghi dei due per poi ritornare a risuonare ad alto volume sulle note di Little Tony che canta “Perché la verità, tu non l’hai detta mai”. Beh, no, Angel, Ignacio, chi per lui, la verità non l’ha detta mai.

La mala educación di Pedro Almodóvar
“La mala educación” di Pedro Almodóvar (Credits: IMDb)

Enrique si accorge che Angel sta mentendo spudoratamente, anche se ancora deve capire per quale motivo. Nonostante se ne sia benissimo accorto, comunque decide di non dire niente all’attore, portando avanti questa farsa fino a che uno dei due non esplode in una confessione. Purtroppo, la verità verrà fuori solo con l’intervento di un personaggio esterno – un po’ un deus ex machina come quelli che si citano sempre in riferimento a Euripide, solo con connotazioni nettamente più negative. Enrique è spietato nel suo modo di manipolare: Angel crede di avere in pugno il regista, convinto di portare avanti una bella messinscena sulla sua vera identità ma non sa, in realtà, di essere manipolato a sua volta da Enrique, che decide al limite del ricatto che cosa fare con l’attore. Enrique non è nemmeno interessato al fatto di essere stato preso in giro: quando scopre che Angel, che in realtà si chiama Juan, ha, in realtà, assunto l’identità di suo fratello maggiore Ignacio – il vero compagno di scuola del regista – comunque non ne fa parola: ormai si è assicurato Angel come amante e questo gli basta per portare a termine la propria giornata. Interessato solo alla propria persona e a soddisfare il suo piacere, fintanto che Angel, che adesso ha una parte da protagonista nel film di Enrique, accetta di essere il suo amante, sembra che per il regista tutto vada bene.

La mala educación di Pedro Almodóvar
Gael Garcia Bernal ne “La mala educación” di Pedro Almodóvar (Credits: IMDb)

Quello che rimane più impresso, nel mostrare i due ambienti in cui la pellicola prende vita – quello del mondo del cinema e quello di un collegio cattolico – è proprio il modo in cui Almodóvar rappresenta questi personaggi: tutta la loro cattiveria, in qualche modo, finisce per cambiarne le connotazioni fisiche. Padre Manolo (interpretato da Daniel Giménez Cacho, che più recentemente abbiamo visto nei panni del protagonista di Bardo, la cronaca falsa di alcune verità di Alejandro González Iñárritu) quando ricerca nella notte Ignacio, diventa una figura oscura, che ricorda i mostri del cinema delle origini. Nosferatu, la presenza costante di M, il Dottor Caligari con tutti i suoi modi manipolatori e autoritari: sono tutte figure che confluiscono in Padre Manolo e nell’insana ossessione che sviluppa nei confronti del bambino. Allo stesso modo, Enrique assume connotazioni bestiali quando, nella scena della piscina, osserva immerso nell’acqua entrare Angel. Tra il fatto che gli restano fuori soltanto gli occhi e si trovi in acqua, ricorda un coccodrillo, ma è il modo inquietante in cui osserva i movimenti di Angel, ormai sua preda e vittima ignara, che lo rende davvero spietato, anche fisicamente, agli occhi dello spettatore.

Fele Martinez ne “La mala educación” di Pedro Almodóvar (Credits: IMDb)

Nonostante la storia prenda vita negli anni della movida – siamo, infatti, tra fine anni Settanta e inizio anni Ottanta del Novecento – comunque il clima di spensieratezza e di libertà dato dalla fine del franchismo, non viene mai percepito. Anzi, avviene l’esatto contrario: attraverso i flashback d’infanzia, raccontati tramite il film che Goded sta girando, ci rendiamo conto che ancora quel clima di terrore e di manipolazione psicologica non sembra mai essersene andato dalla Spagna ed è come se gli effetti dell’educazione impartita ai giovani protagonisti continuasse a ripercuotersi anche a distanza di anni, anche quando ormai sono adulti.


[1] Barbara Minesso, Giovanni Rizzoni, Il cinema di Pedro Almodóvar – Dal postmoderno al contemporaneo, Marsilio, Venezia, 2010.

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