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Di che cosa parliamo, quando parliamo de “Le otto montagne”? Abbiamo provato a mettere insieme, in questa sorta di tavola rotonda, pensieri, parole, opere, omissioni e tutto quello che ci è passato per la testa durante (e dopo) la visione del film. Prendete sul serio queste nostre parole, ma con moderazione.

“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

virginia

La prima volta che ho visto Le otto montagne era il 18 maggio (ahimè) dello scorso anno e mi trovavo al Festival di Cannes con la mia compare. Aspettavo di vedere questo film da una vita (o meglio, da quando inizialmente, al posto di Alessandro Borghi, era stato ingaggiato Louis Garrel nel ruolo di uno dei due protagonisti della storia). Non avevo – e non ho ancora – la minima idea di come venissero percepiti all’estero la consolidata coppia di attori-orgoglio-nazionale Marinelli-Borghi, ma sicuramente il mio (il nostro) livello di hype era molto più alto rispetto alle persone che ci sedevano intorno e accanto in sala. Qualcuno li conosceva? Sicuramente. Potevano, però, i due attori italiani, vantare di avere la stessa presa che avevano su di noi, ex-adolescenti che hanno trascorso il periodo delle scuole superiori a guardare (e citare) Non essere cattivo di Caligari? Dubito fortemente.

“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Devo ammettere che la durata un po’ mi spaventava – sì, sono una di quelle persone che quando legge sulla scheda del film un numero superiore ai 120 minuti sente andare il cervello in cortocircuito, anche se, poi, alla fine arrivo sempre (eroicamente?) alla fine del film. Insomma, film bellissimo, tantissimi applausi, infiniti applausi nella sala Lumiére, tante lacrime, baci e abbracci, ma tutto questo si sa. Per me, Le otto montagne resta a mani basse il miglior film di tutto il 2022 e sono ancora parecchio furiosa per la distribuzione che ha ricevuto in Italia (ma veramente è stata una buona idea mandarlo in sala il giorno dopo l’uscita di Avatar?) e la folle scelta di non candidarlo agli Oscar come miglior film straniero per rappresentare l’Italia. Forse, dal punto di vista economico, Nostalgia di Martone può sembrare la scelta più felice, dato che i diritti sono stati comprati per una distribuzione negli States (e in non so quanti altri stati), ma a questo punto viene legittimamente da chiedersi se anche all’Academy non si siano stancati di vedere l’ennesima storia italiana su quanto splenda il sole a Napoli, sul valore della famiglia, dei legami e della propria terra natale. Scusami, Sorrentino.

“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Vorrei poter dare un approfondimento più serio sulle Otto montagne ma mi rendo conto che è già stato praticamente detto tutto: perfetto adattamento dal romanzo di Paolo Cognetti, già vincitore del Premio Strega nel non così lontano 2017, la storia segue le vicende di Pietro (Luca Marinelli) e Bruno (Alessandro Borghi), amici d’infanzia che nel corso della vita si perdono e si ritrovano, sempre con la montagna sullo sfondo (le Alpi e il Nepal, alla fine, non sono poi così distanti). Nel film non c’è veramente niente che non funzioni: dall’accuratissima fotografia di Ruben Impens, che ha anche motivato la scelta non così commerciale del formato in 4:3, alla colonna sonora di Daniel Norgren, fino alle performances del cast, in particolare dei due protagonisti. Ovviamente mi sono stupita nel sentire Borghi con un accento diverso da quello romano (con Marinelli mi ero già abituata ai tempi in cui interpretava De André) ma, come non ha mancato di sottolineare in conferenza stampa a Cannes, non è mai rimasto nel personaggio: alla fine della giornata, anche gli attori devono andare in banca e fare le loro commissioni, per cui è difficile restare nel ruolo da interpretare fuori dal set. Comunque, bravi.

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Faccio parte di quella generazione che ha subito il fascino di Into the wild, quindi sì, quando ho visto questa serie di montagne immense sullo schermo con una colonna sonora potentissima (al tempo ascoltavo Eddie Vedder ma poi sono cresciuta) ho pensato a quanto sarebbe stata contenta la me di quindici anni nel trovare un altro comfort movie ambientato sui monti. O nella natura incontaminata, anche se qui il personaggio di Bruno avrebbe sicuramente da ridire. Ho spesso sentito paragonare il film a Brokeback Mountain ma, se posso azzardare un confronto, anche se a cose normali sono contraria, a me sembra più un ibrido tra Into the wild e Call me by your name. Con questa nota forte ma controversa chiudo il mio delirio. 

marco

Sono andato a vedere Le Otto Montagne senza troppe pretese, trascinato in sala dal passaparola degli amici e dall’inerzia delle feste più che da un reale hype legato al progetto. Non ho letto il libro di Cognetti, di Groeningen conosco solo la squadra che ha lanciato Robben e Suarez e, onestamente, i progetti con Borghi e Marinelli mi hanno sempre lasciato piuttosto indifferente, eccezion fatta per il bellissimo Non essere cattivo di Claudio Caligari. Uscito dal cinema, sono rimasto piacevolmente stupito da quanto avevo visto e, nel complesso, soddisfatto dell’esperienza. Partendo dalle note positive, la cosa che ho apprezzato maggiormente è il ritmo molto compassato della narrazione che, unito alla rappresentazione dei paesaggi e alla esiguità di dialoghi, rimanda un po’ allo slow cinema che tanto amo. In particolare, la parte iniziale con i due protagonisti bambini (Pietro/Marinelli e Bruno/Borghi) è quella che ho preferito in assoluto: oltre ad essere importante per la narrazione, spiega in maniera esaustiva e genuina le loro differenze di background e caratteriali e, soprattutto, il rapporto di entrambi con il padre di Pietro, ben interpretato da Filippo Timi.

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Tuttavia, in questi giorni ho ripensato a Le Otto Montagne in maniera più distaccata e strutturata in vista delle classifiche di fine anno, riflettendo su quanto lo abbia apprezzato se paragonato non solo ai titoli usciti in Italia nel 2022 ma anche a pellicole con caratteristiche simili. Ho pertanto maturato l’impressione che il film perda un po’ di smalto nella seconda parte e, soprattutto, che i bellissimi paesaggi non rendano pienamente giustizia alla complessità della vita in montagna. Penso che lo sguardo della telecamera sia un po’ troppo filtrato da un sensazionalismo tipico degli occhi di città e che, nel fare questo, commetta lo stesso errore che Bruno sottolinea all’amico di Pietro durante la prima estate nella casa nuova. Ho percepito, insomma, un po’ la mancanza di quella consistenza e di quella materialità di cui il film si fa portatore soltanto a parole; concretezza, questa, che avevo trovato in opere di altri registi, da Werner Herzog a Lisandro Alonso passando per il nostro Michelangelo Frammartino, in cui “la natura” non si limita a fare da sfondo alla vicenda ma ne diventa la protagonista.

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

A dare manforte a questa impressione si aggiungono alcune scelte nella colonna sonora che ho poco apprezzato. Sebbene abbia adorato i tanti momenti di silenzio e l’importanza che viene data al “non detto” in tutta la vicenda, penso che l’uso massiccio di canzoni americane stoni parecchio con l’ambiente montanaro e con l’intimità che si percepiscono fin dall’inizio: questo fa risultare il film forzatamente mainstream e, anche qui, un po’ distante da ciò che si promette di raffigurare. Nonostante questi difetti, ritengo che nel complesso Le otto montagne sia un film apprezzabile e meritevole di una visione, e non disdegno il Premio della giuria vinto al Festival di Cannes.

alessia

“Famiglia è un legame malleabile”

È la frase che ho scritto durante la visione del film, aprendo le note nel buio della sala. Volevo fermarla prima che scomparisse tanto velocemente quanto era comparsa nella mia mente. Famiglia è un legame malleabile, un filo capace di allungarsi per anni e poi scattare all’indietro, riavvicinando le estremità; famiglia è sangue ed è scelta, ed è questa la parola che porrei al cuore del film. In due ore e ventisette di pellicola assistiamo ad un aggrovigliarsi e dipanarsi di vite: Pietro e il padre, Giovanni, l’affetto reciproco durante l’infanzia del primo, lo scontro nell’adolescenza e il riavvicinamento postumo alla morte del genitore, attraverso i ricordi e i sentieri che Pietro ripercorre da adulto; Giovanni e Bruno, che nel padre di Pietro ha riconosciuto quel compagno cercato e mai trovato nel suo, ma anche il suo stesso legame alla Montagna-Madre in cui il ragazzo è nato e cresciuto; Bruno e Lara, uniti da un sogno condiviso e separati dalla difficoltà del reale e della gestione di una famiglia. 

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Al centro della storia, troviamo Bruno e Pietro, il cui legame non riesco a definire con nessun’altra parola eccetto amore: perché quella che vediamo sullo schermo è una vera e propria storia d’amore, fatta di inciampi ed errori, ma anche fiducia e cura reciproche, sostegno, vicinanza. Non intendo che il rapporto fra i due nasconda in qualche modo un amore omosessuale che non viene mai reso esplicito nel film, perché non è mai stato l’obiettivo dell’autore raccontare questo: chi ha detto che l’amore è definito esclusivamente dall’attrazione sessuale? E chi ha stabilito che un’amicizia profonda non sia espressione d’amore?

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

L’ambiente della montagna, che fa da sfondo all’intero film, diventa specchio della personalità di ognuno dei due protagonisti, accompagnando Pietro, che viaggia alla ricerca del suo posto, e accudendo Bruno, ostinatamente radicato alla sua terra natale; ma si fa anche creatura viva, madre e figlicida, culla e bara, diventando così parte integrante della storia proiettata. La sua imponenza è restituita meravigliosamente dalla regia di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch e dalla fotografia di Ruben Impens, che gestisce le luci naturali, dal fitto sole estivo al fuoco di un falò, e i tagli d’ombra in maniera sublime (la prima mezz’ora mi ha fatta sospirare più volte per vari frame di rara bellezza). Il tutto è accompagnato dalla colonna sonora di Daniel Norgren, perfetta per tradurre in musica i vari momenti della pellicola (inutile dire che ce l’ho in cuffia dal giorno successivo all’uscita dalla sala del cinema).

ludovica

Nell’agosto del 2000 avevo cinque mesi e per la prima volta i miei polmoni da neonato hanno respirato l’aria della montagna. Da quell’anno ogni estate torno all’Alpe di Siusi, il mio rifugio estivo da 22 (quasi 23) anni in cui io e la mia famiglia scappiamo per riuscire a ricavarci quei pochi giorni di tregua. La noia borghese molte volte ci ha spint a pensare che la vita di montagna potesse essere la risposta ad ogni dramma esistenziale, lavorativo e familiare, e potesse salvarci dal capitalismo di città che sta risucchiando le nostre vite un po’ alla volta. 

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

La montagna che ci presentano Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch nella prima ora del loro film Le otto montagne è la rappresentazione perfetta di ciò che io e la mia famiglia ci immaginiamo: è casa, è madre, è luogo di incontri e di riscoperta di nuovi e vecchi legami. I paesaggi che ritraggono Pietro e Bruno bambini ci aiutano a creare un’immagine idilliaca del mondo ad un’altitudine diversa; la complicità e l’intimità che si crea tra i due personaggi è la stessa che nasce nel cuore di chiunque decida di donare una parte della propria anima alla montagna. Infatti, proprio come accade tra Pietro e Bruno, che nel tempo si scelgono e si ritrovano fratelli, anche la montagna potrà, se vogliamo, essere per sempre una fedele compagna in cui ritrovare pace e cura. I sentieri sui cui i due camminano, i campi in cui giocano diventano sede di connessioni familiari e non; tutto ciò che vediamo accadere prende forma e vita da essi. 

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Nella seconda parte del film viene però fuori l’altra faccia della montagna che nella vita vera è previdentemente nascosta dalla visione utopistica e che, ovviamente, coincide con la faccia che io e la mia famiglia non prendiamo in considerazione quando pensiamo ad un rinnovo della nostra vita sui monti, forse perché così possiamo far finta che il nostro sogno non sia dettato solo dal fascino di ciò che la borghesia prova nei confronti di ciò che di borghese ha ben poco. La montagna di Van Groeningen e Vandermeersch è infatti anche buio, tormento, spossatezza e morte. Ci viene presentata questa sua nuova veste dal momento esatto in cui Pietro e Bruno lasciano l’età della fanciullezza per ritrovarsi, uno di fronte all’altro, adulti. Anche in questo caso la madre – montagna diventa personaggio attivo e centrale per la definizione della storia dei due protagonisti. È il nido in cui Pietro e Bruno trovano riparo; la culla in cui Bruno crede di poter portare avanti il suo sogno costruendo una famiglia ma è contemporaneamente il motivo di distruzione di quest’ultima; è casa di un affetto primordiale; è la tomba di Bruno. 

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Nell’incarnare sé stessa ed ogni suo opposto la montagna si presenta in questa pellicola nella sua vera essenza: una creatura gentile che trattiene a sé i suoi amanti, accudendoli e distruggendoli, rispettando chi sa rispettarla e che sarà sempre capace di creare legami che superano anni, chilometri e norme sociali, proprio come accade tra Bruno e Pietro che si sceglieranno come compagni di vita fino all’ultimo secondo della pellicola. Avrei potuto parlare di molti aspetti de Le otto montagne che mi hanno lasciato un segno alla fine della sua visione ma il mio legame viscerale con la montagna mi ha portato a scrivere un articolo che sembra più una lettera d’amore alla personaggia principale di questo film. Vedere il capolavoro di Van Groeningen e Vandermeersch è stato come tornare a casa, quella vera, quella che ti fa male e ti distrugge, ma che sarà sempre casa.  

giulia

“Porterò sempre con me il ricordo di questi momenti come il rifugio più bello.”

Nelle ultime settimane, dall’uscita in sala de Le Otto Montagne, sto ricevendo messaggi dai miei cari: “Ho visto il film come mi avevi detto. Bello Giulia, mi ha smosso dentro tante emozioni.” Questi messaggi, tutti molto positivi mi hanno resa fiera, come se io davvero c’entrassi qualcosa direttamente con questo film. Vero è che non smetto di parlarne da quando ho avuto la fortuna e il piacere di vedere la premiere a Cannes75 insieme a cast e crew, però questo non è il motivo principale per cui sento questo film così tanto vicino. 

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Ho già scritto una recensione più “professionale” lo scorso maggio, subito dopo la prima visione, presa dall’entusiasmo da festival. Fatto sta che l’entusiasmo non è mai andato via e mesi dopo mi ritrovo con lo stesso desiderio di usare le mie parole per cercare di esprimere le sensazioni che si provano durante la visione de Le Otto Montagne. Pur non essendo una fan della montagna e quindi non capace di percepire quel tipo di legame con quel tipo di natura (scusa Bruno, l’ho chiamata natura) che tanto viene rammentato nel film, niente di questa storia ha perso per me il suo effetto. Più ci penso e più lo amo. Questa storia, queste immagini, uno sguardo tenero e doloroso su un legame che dura da una vita e sui modi in cui il mondo ci modella tutti. Dimostrazione che come alcune persone riescano a scavare un punto così profondo nella tua anima che, anche se non ci sono più, giocano un ruolo in tutto ciò che farai. 

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

Ecco, cosa mi fa sentire vicina a questo film, il fatto che riesca a narrare i segreti più nascosti delle dinamiche umane. Io forse sarò anche esagerata nel mio vivere la vita accompagnandola ai film che guardo, ma sono dell’idea che ci sono film che, per una ragione o per un’altra, vadano visti per il proprio bene. Quindi, ve lo dico col cuore, lo so che è lungo, lo so che è triste, ma fatevi il regalo di guardare Le Otto Montagne

pavel

Prendete L’amica geniale. Spostate l’ambientazione da Napoli alla Valsesia. Cambiate genere alle protagoniste e fatele interpretare da Luca Marinelli e Alessandro Borghi. Condite il tutto con qualche nevicata sparsa e buttateci un paio di massime nepalesi: ecco cosa potrebbe risultare, Le otto montagne. Vincitore quest’anno a Cannes del Premio della Giuria, tratto dall’omonimo romanzo premio Strega 2017 firmato da Paolo CognettiLe otto montagne è tutto sommato una storia di formazione, e ci introduce due protagonisti diametralmente opposti: un po’ come la parabola del topo di campagna e del topo di città, la pellicola ci si svela un po’ come qualsiasi racconto di Pavese, abbracciando temi come l’amicizia, la famiglia, le passeggiate in natura e i conflitti familiari.

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

L’ipostasi non può non essere borghese, ma la narrazione onnisciente, incarnata nella voce atona di Marinelli, ci comunica che la coscienza è capace di mettersi in dubbio. Le suggestive panoramiche mozzafiato sono controbilanciate da dialoghi sottili, scarni, che presagiscono una buona qualità della scrittura. Le dinamiche relazionali entro le quali i nostri personaggi ci sono presentati non si preoccupano di spiegare nulla, e anche se certe volte può apparire didascalica, la narrazione non risulta mai leziosa, perché punta oltre: l’alta pressione percepita dalla fotografia sulle ascensioni in montagna è mediata dalla leggerezza delle canzoni alla mo’ dell’indie più rural-statunitense che accompagnano tutto il film,  gli eventi della storia portano alla luce contraddittorie dicotomie che non devono, in ultima istanza, essere risolte: questo, a mio parere, il punto più forte del film.

Le otto montagne
“Le otto montagne” di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch (Credits: Vision Distribution)

La bravura di Marinelli e Borghi nel restituirci questi due ragazzi, Pietro e Bruno, secondo me è da ricondurre alla totale assimilazione dei compiti a loro assegnati, e la co-regia di Van Groeningen (Alabama Monroe) e Vandermeersch sigilla questo piccolo cristallo di poesia, dove il paesaggio diventa il protagonista indiscusso, e le vite degli uomini sono ridotte a semplici sfondi. L’arte non deve spiegazioni a nessuno, e questa co-produzione italo-franco-belga ne è il miglior esempio, per questa annata. 

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