Skip to main content

recensione a cura di lorenzo santini

Parto col dichiararmi del tutto imparziale nei confronti di Wallace & Gromit, in quanto sono due personaggi che apprezzo moltissimo, da sempre, per il loro essere stravagante, per l’umorismo sagace marcatamente inglese ma al contempo universale e per l’assurdità che scaturisce dalle avventure in cui si ritrovano, di volta in volta, coinvolti. Penso che, senza grandi perplessità, si possa ritenere il duo ideato da Nick Park nel 1989 la più riuscita delle creazioni dello studio Aardman.

Wallace & Gromit
«Wallace & Gromit – Le piume della vendetta» di Park, Crossingham (Credits: Netflix)

Dopo quasi due decenni di attesa, l’iconica coppia britannica è tornata con un nuovo lungometraggio, Wallace & Gromit – Le Piume della Vendetta (Wallace & GromitVengeance Most Fowl), distribuito a livello internazionale direttamente su piattaforma – su Netflix – a gennaio 2025. A seguito degli ampi consensi da parte della critica (penso soltanto al “trionfale ritorno” a cui ha gridato «The Guardian») e delle candidature ai recenti Oscar e Golden Globe, sono finalmente riuscito anch’io a recuperarlo. Le Piume della Vendetta, diretto da Park e Merlin Crossingham, conferma pienamente la maestria raggiunta nel tempo dalla Aardman Animations nell’utilizzo della tecnica della claymation. La Aardman è una delle case di animazione che, in pochi anni, ha saputo sviluppare al meglio un design estremamente personale, efficace e globalmente riconoscibile, passando dall’essere un piccolo studio indipendente ad affermarsi come una major dell’arte dello stop-motion, collaborando con DreamWorks, Sony ed altri veri e propri colossi. A livello visivo, si mantiene intatto l’inconfondibile stile che contraddistingue tutta la serie di opere aventi come protagonisti lo stralunato inventore del civico 62 di West Wallaby Street e il suo fedele beagle, adattandosi al progressivo avanzamento delle tecnologie di ripresa.

Wallace & Gromit
«Wallace & Gromit – Le piume della vendetta» di Park, Crossingham (Credits: Netflix)

La storia segue Wallace, eccentrico inventore di Wigan abitualmente vestito con maglione verde e cravatta rossa, e il decisamente più saggio compagno a quattro zampe, Gromit, alle prese con una nuova minaccia, dietro cui si cela però una vecchia conoscenza: Feathers McGraw, il pinguino criminale già apparso ne I pantaloni sbagliati, splendido cortometraggio del 1993, tornato adesso per vendicarsi di essere stato imprigionato nello zoo della città. Approfittando della dipendenza di Wallace dalle sue invenzioni, Feathers manipola Norbot, un nano da giardino dotato di notevoli capacità intellettive (un’intelligenza artificiale) e abilità manuali, sviluppato dallo stesso Wallace, per evadere e mettere in atto un altro malvagio piano. Toccherà ancora una volta al buon Gromit sventare il complotto e salvare il proprio padrone dalle malefiche grinfie piumate di McGraw.

Wallace & Gromit
«Wallace & Gromit – Le piume della vendetta» di Park, Crossingham (Credits: Netflix)

L’animazione è curata nelle minime textures e nei più sottili dettagli, offre sequenze estremamente affascinanti e dinamiche (su tutte l’inseguimento finale) che mantengono intatta la forza del duo e la regia, pur non brillando per un’anima particolarmente cinematografica e ricercata – lasciando intuire che il film sia stato pensato fin da subito per il piccolo schermo – riesce comunque a bilanciare piuttosto bene a livello di ritmo i momenti di suspense, tensione agli elementi weird creepy, distintivi delle avventure di Wallace & Gromit, con la comicità del film, creando un’esperienza complessiva coinvolgente e adatta a un pubblico piuttosto stratificato. C’è da dire che Wallace & Gromit, avendo vissuto quasi esclusivamente attraverso minutaggi piuttosto brevi – se si esclude il magnifico lungo Wallace & Gromit – La maledizione del coniglio mannaro (2005) – avrebbero forse potuto osare qualcosa in più con questo ritorno.

Wallace & Gromit
«Wallace & Gromit – Le piume della vendetta» di Park, Crossingham (Credits: Netflix)

Il film abbonda di citazioni alla cultura pop e di auto-citazionismo, il che non trovo sia affatto un problema se finalizzato a costruire un leitmotiv autoriale all’interno di una filmografia, come nel caso della corsa in sidecar ripresa da Una tosatura perfetta (1995). Tuttavia, può diventarlo nel momento in cui si limita il potenziale di due personaggi in grado di essere posti a confronto con le più svariate e bizzarre situazioni immaginabili. Inoltre, rispetto al passato, si avverte la mancanza di colpi di scena significativi e di invenzioni degne di essere definite davvero geniali (basti pensare all’esordio folgorante dell’89, Una fantastica gita, in cui Wallace costruisce un razzo per raggiungere la luna, convinto che sia fatta di formaggio, con lo scopo di fare uno spuntino spaziale). Il ritorno dalle scorsesiane reminiscenze di Feathers McGraw – per quanto il personaggio sia oggettivamente un villain eccezionale, dotato di uno sguardo impenetrabile e di appena due espressioni principali (con il guanto/cresta da gallo in testa e senza, un po’ come Clint Eastwood nella Trilogia del dollaro secondo Sergio Leone, con il cappello e senza cappello) – trasmette un certo affievolimento della verve creativa dello studio inglese, già suggerito dal remake di Galline in fuga (2000), ovvero Galline in fuga – L’alba dei nugget (2023).

Wallace & Gromit
«Wallace & Gromit – Le piume della vendetta» di Park, Crossingham (Credits: Netflix)

Wallace & Gromit – Le Piume della Vendetta è senza ulteriori indugi il film più tiepido della saga, per quanto rappresenti comunque un’aggiunta godibile, in cui cane e padrone – tra i più anticonvenzionali del cinema tout court – riescono ancora una volta a divertire per un’ora e venti, ricordandoci quanto la tecnologia possa essere un supporto straordinario, invece che metterci in pericolo, mantenendo sempre il tipico fascino materico. Gromit, in particolare, continua a esprimersi con un’incredibile mimica facciale, confermandosi un personaggio di straordinaria efficacia comunicativa pur non essendo in grado di esporsi a parole. Auguriamoci che la Aardman abbia lunga vita, continuando a coniugare tradizione e modernità come ha sempre fatto e tornando a regalarci film indimenticabili oltreché pienamente piacevoli, come un tempo, risollevandosi da quella che, almeno per ora, sembra essere a tutti gli effetti una fase discendente della sua storia.

Leave a Reply