approfondimento a cura di emma marinoni
In occasione del quarto appuntamento di Indocili, rassegna cinematografica organizzata da Tafano Cinema, sarà proiettato «Majonezë», cortometraggio di Giulia Grandinetti. L’appuntamento è fissato per il 25 marzo, al Cinema Beltrade (as always, stesso posto, stessa ora!).
Elyria vive in una casa isolata con una miriade di fratelli e sorelle ad Erseke, Albania. Tra le sue poche opportunità di svago c’è la relazione con un ragazzo serbo, Goran, che, una volta scoperta dal padre, è destinata a finire brutalmente con il matrimonio di Elyria al miglior offerente: in questo caso un uomo brutto, vecchio e cieco da un occhio.

La prima volta che ho avuto uno scorcio del mondo di Giulia Grandinetti è stato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2022 con Tria – del sentimento del tradire, in concorso nella sezione Orizzonti cortometraggi. Il contesto in cui si trovano i personaggi di Tria è dichiaratamente fittizio – una Roma distopica in cui alle famiglie immigrate per restare in Italia non è concesso avere più di tre figli. Il contesto è certamente inventato e più finto rispetto a quello dell’Albania in bianco e nero di Majonezë, ma non per questo ciò che le tre protagoniste del corto affrontano (e contro cui si ribellano) sembra essere meno reale.

Lo status quo, oppressivo in particolare per le figure femminili, spesso si concretizza nel mondo della regista sotto forma di rituali più o meno assurdi. In Tria, la nascita del quarto figlio nella famiglia di Zoe, Iris e Clio implica l’uccisione di una delle tre sorelle, in una procedura esageratamente burocratica e istituzionalizzata: dopo aver mostrato le loro capacità ai genitori in una sorta di “talent show” nell’ultimo tentativo di salvare le proprie vite, le tre bevono un liquido trasparente contemporaneamente da tre bicchieri – uno dei quali contenente veleno. In Majonezë, il padre di Elyria sputa nella zuppa della figlia, incoraggiando l’intera famiglia a fare lo stesso prima di restituirle il piatto, in un’ulteriore rappresentazione ritualizzata del potere che esercita su di lei.

Tuttavia, i toni assurdi e surreali dei corti di Grandinetti non sussistono mai a spese dell’empatia nei confronti delle sue protagoniste – anzi, molto spesso non fanno altro che aumentarla, talvolta tramite derive tragiche, talvolta comiche. La comicità spesso aiuta a mostrare l’assurdità già implicita di una situazione, come ad esempio la discussione tra Goran e il padre di Elyria poco prima del matrimonio di lei: esilarante perché essendo in due lingue diverse automaticamente si presta ad un misunderstanding comico, assurda perché entrambi stanno litigando sul futuro di Elyria senza il coinvolgimento della diretta interessata. Quindi insomma, qualcuno potrebbe dire che chiedere gridando nella più totale disperazione un po’ di maionese in un pub semideserto è un po’ troppo ma io, sinceramente, Elyria la capisco.