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approfondimento a cura di alberto michelotti

Indiewire proprio un anno fa usciva con un articolo dove dichiarava la fine della cosiddetta Peak Tv Era, il periodo d’oro dell’industria televisiva e delle serie tv: il numero delle produzioni televisive statunitensi, infatti, era iniziato a calare dal 2023, con continue cancellazioni a sorpresa di show non terminati e anche di discreto successo. I colossi dello streaming iniziarono a mettersi al riparo, con aumenti di costi di abbonamenti sempre più alti, mirando a diventare nuovi punti di intrattenimento generalista, con distribuzioni di eventi sportivi e musicali live. Insomma, il ritorno della nuova-vecchia Pay Tv. Eppure, continuano oggigiorno a uscire ancora tantissimi prodotti seriali, forse troppi: neanche i vari team di marketing e stampa specializzata riescono a coprire in maniera degna tutte le nuove proposte delle piattaforme di streaming, dove la vittima di tutto questo rimane l’utente medio, che per seguire e restare informato e al passo con le uscite è obbligato a un impegno non più così di poco conto. Per questo, sempre più contenuti di valore e degni di nota passano in sordina, senza così suscitare l’interesse nè del pubblico, ma neanche della stampa di settore.

Los Años Nuevos
«Los Años Nuevos» di Rodrigo Sorogoyen (Credits: Movistar+)

Los Años Nuevos fa parte proprio di questa cerchia di contenuti, ma ad oggi è uno dei migliori prodotti audiovisivi dell’ultimo anno. Presentata alla 81esima Mostra del Cinema d’Arte Cinematografica di Venezia, Los Años Nuevos è una serie in dieci episodi che racconta dieci anni di vita di due personaggi, Ana e Oscar, seguendo le loro vicende tramite solo la giornata del 31 Dicembre e del Primo Gennaio, che sono anche rispettivamente i giorni del loro compleanno. 

Los Años Nuevos
«Los Años Nuevos» di Rodrigo Sorogoyen (Credits: Movistar+)

Los Años Nuevos (in italiano distribuita con il titolo di Dieci Capodanni) racconta una storia d’amore seguendo tutti i canoni di un classico grande racconto romantico, ma unendola a una narrazione attuale, sottolineando non il lato eccezionale ma quello ordinario. Rodrigo Sorogoyen torna al formato seriale dopo la stupenda Antidisturbios, qui in qualità di showrunner e regista di alcuni episodi, mettendo in luce le fragilità di una generazione di trentenni che vive con una costante incertezza nei confronti del futuro. Seguiamo Ana e Oscar crescere e cambiare, vediamo l’evoluzione delle loro vite, i rapporti che cambiano con le loro famiglie, gli amici che spariscono e altri che hanno bisogno di aiuto. Iria del Rio e Francesco Carril lavorano in maniera splendida con i loro personaggi, grazie anche a una sceneggiatura davvero ben strutturata, dove tutto sembra reale e tangibile, intimo ma allo stesso tempo universale. 

Los Años Nuevos
«Los Años Nuevos» di Rodrigo Sorogoyen (Credits: Movistar+)

La forma seriale è perfetta per questo tipo di operazione narrativa, dove ogni episodio dipinge momenti di vita quotidiana e ordinaria, pian piano creando un mosaico di storie ed eventi, talvolta autoconclusivi, ma che servono per conferire una tridimensionalità ulteriore al racconto e ai personaggi. I successi recenti di One Day (la serie Netflix remake del film del 2011) e Normal People sembrano essere i riferimenti principali di Los Años Nuevos, ma in realtà Sorogoyen e gli altri autori prendono molto spunto dal cinema di Linklater (la trilogia dei Before, Boyhood), e ovviamente dal cinema di Bergman – con un riferimento importante anche alle opere italiane di Valerio Mieli (Dieci Inverni, Ricordi?).

Los Años Nuevos
«Los Años Nuevos» di Rodrigo Sorogoyen (Credits: Movistar+)

La regia è silenziosa e lascia enorme spazio alle vite di Ana e Oscar, usa, però, in maniera sapiente la tecnica per immergere lo spettatore ancora di più nella storia: l’episodio finale corona perfettamente questa visione, con un piano sequenza di 50 minuti circa, che non risulta mai essere eccessivo. In ogni episodio c’è una breve sequenza dove altre coppie che Ana e Oscar incontrano vengono ritratte in un momento dove si guardano, per poi guardare noi spettatori, infrangendo la quarta parete. Viviamo solo alcuni brevissimi momenti con loro per alcuni di questi saranno felici, per altri più tormentati. Per pochi secondi li possiamo scrutare, come abbiamo spiato alcuni momenti di dieci anni di vita dei protagonisti, dandoci la consapevolezza di aver assistito a una di quelle rare volte in cui si riesce davvero ad abbattere un muro tra realtà e finzione, tra narrativa e realismo. Se per una questione meramente editoriale, però, dobbiamo definirla una miniserie, riferendoci al lavoro di Sorogoyen possiamo parlare comunque di grande cinema, come non se ne vedeva da tempo. 

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