Abbiamo visto in anteprima, durante la 75° edizione della Berlinale il ritorno al festival dell’Orso d’oro 2021 Radu Jude.
recensione a cura di marco morelli
Non c’è due senza tre. Radu Jude torna a Berlino dopo i trionfi di Aferim! e di Bad Luck Banging or Loony Porn, per cui vinse rispettivamente l’Orso d’argento per la miglior regia nel 2015 e l’Orso d’oro nel 2021. Sul secondo, opera preminente sulla pandemia di COVID-19, la critica si è divisa tra chi lo ha ritenuto una brillante satira dei costumi del mondo contemporaneo e chi, invece, lo ha trovato cacofonico e troppo smodato.

Kontinental ’25 si ispira al corto Potemkiniștii del 2022, passato anche dal Festival del Cinema di Trieste, e riprende diversi elementi da Bad Luck Banging e dal penultimo lungometraggio fiction di Jude, Do Not Expect Too Much from the End of the World. In primis, anche Kontinental ’25 si sviluppa come un dramedy con un’importante componente satirica sulla società romena. Il film è ambientato a Cluj, in Transilvania, e segue inizialmente Ion, un senzatetto che cerca di sbarcare il lunario con lavori saltuari da netturbino. Quando Orsolya, un ufficiale giudiziario di origine ungherese, sarà costretta a sfrattarlo dal sottoscala in cui dormiva abusivamente, Ion prenderà una decisione drastica che finirà col segnare profondamente la donna.

Basta questa premessa per immaginare che qui si rida molto meno rispetto alle opere precedenti: sebbene non manchi l’ironia, specialmente all’inizio, il film si sviluppa in modo più mesto e dimesso, e mancano le ellissi caciarone che avevano segnato specialmente Bad Luck Banging. Esemplare, in questo senso, è l’ingresso in un parco divertimenti compiuto prima da Ion e poi da Orsolya: se con il netturbino il pubblico può trovare gradevoli le animazioni dei dinosauri, le stesse provocano solo amarezza quando a passarci è l’ufficiale giudiziario. In questa consapevolezza del rapporto con le emozioni dello spettatore sta uno dei maggiori punti di forza del cinema di Radu Jude, e Kontinental ’25 sembra confermarlo appieno. Centrale nella narrazione è il senso di colpa di Orsolya e i suoi tentativi per lenirlo. Tra la rinuncia a una vacanza a Skiathos con marito e figli, un confronto con la madre, la donazione a una ONG che promette di aiutare i senzatetto, un colloquio con un pope ortodosso e una notte passata con l’ex studente Fred, però, non riuscirà a perdonarsi e non troverà pace nemmeno nel finale.

Ognuno di questi incontri, tuttavia, amplifica il problema principale già emerso nelle altre opere del regista romeno: le disumane politiche neoliberiste e l’ipocrisia borghese nell’Europa orientale. Il dialogo con l’amica è in questo senso eloquente: anch’ella si sente in colpa per un senzatetto che vive sotto casa sua, ma le scappa detto che controlla quotidianamente se sia vivo o morto, come se intimamente sperasse nella sua dipartita. Ancor più del pope sboccato e moralista, interessante è l’incontro con il suo ex studente. Fred è diventato un rider e raccontacontinuamente storie sgangherate sulla filosofia e sulla morale, allontanandosi non poco dallo stile pragmatico di Orsolya. Quest’ultima, dopo un incontro fortuito, potrebbe averlo ricercato in un momento disperato per sentirsi di nuovo giovane (come menzionerà a un certo punto) o per ritrovare la motivazione a insegnare. Tuttavia, come annunciato, la notte le procurerà solo una sbronza e un ulteriore motivo per sentirsi in colpa.

Il film si chiude con un carosello di immagini raffiguranti diversi cantieri romeni: è stato il bisogno di costruire un hotel di lusso, il Kontinental, a causare lo sfratto di Ion. In questo, la scena ricorda un po’ l’epilogo di Do Not Expect Too Much from the End of the World, anche se lì il focus era maggiormente sui mancati adempimenti nella sicurezza sul lavoro da parte delle multinazionali. Kontinental ’25 conferma l’attenzione di Jude al contemporaneo. Non solo inserisce una gustosa battuta su Perfect Days di Wim Wenders, ma a livello stilistico si rifà maggiormente ai maestri contemporanei rispetto al Godard dei lavori precedenti. Su tutti, l’utilizzo del digitale ricorda molto l’asciuttezza di Hong Sang-soo, vero e proprio habitué di Berlino di cui parleremo a brevissimo.

Tuttavia, questa scelta rende il film meno brillante se paragonato soprattutto a Bad Luck Banging, in cui l’esagerazione diventava un importante punto di forza, e per la scarsa durata manca forse la profondità di un vero e proprio film-essay come Do Not Expect Too Much from the End of the World. In sintesi, Kontinental ’25 conferma la bravura di Radu Jude nel commentare con sagacia la società tardo-capitalistica, ma non offre moltissimo alla sua già splendente filmografia. Chissà se basterà per renderlo il secondo a fare doppietta con l’Orso d’oro dopo Ang Lee: lo scopriremo solo domenica.