a cura di marco morelli
Uno dei fiori all’occhiello della diciassettesima edizione di Archivio Aperto è rappresentato dalla sezione Storie sperimentali, in cui si omaggiano figure importantissime per il cinema d’avanguardia. Tra queste spicca Chantal Akerman, icona contemplativa e pioniera del cinema femminista, molto discussa (e ri-apprezzata) negli ultimi anni dopo che il suo Jeanne Dielman è stato votato al primo posto nella decennale classifica di Sight and Sound. Archivio Aperto ha proiettato in anteprima quattro corti della regista, recentemente restaurati e digitalizzati dalla Cinematek Belga e dalla Chantal Akerman Foundation, che costituiscono la prova d’esame per l’ammissione all’Institut national supérieur des arts du spectacle et des techniques de diffusion (INSAS) di Bruxelles. Chantal riuscì a farsi ammettere alla scuola anche grazie ai corti, salvo poi abbandonarla nel primo semestre per dedicarsi allo sviluppo del suo corto Saute ma ville.

Sebbene questo cenno biografico dimostri la sua tendenza a sperimentare e rompere con la tradizione accademica, può risultare una forzatura cercare questo spirito nei quattro brevi corti girati in Super 8 nell’estate del ‘67: d’altronde, Chantal Akerman aveva solo 17 anni, età in cui molti illustri colleghi non avevano nemmeno idea di come tenere una videocamera. Tuttavia, questi shorts possono offrire degli spunti su quelli che saranno punti cardine del suo cinema negli anni a venire. La regista decide di girare i corti in due location diverse, Bruxelles e Knokke. Se la capitale belga è stata sviscerata dalla nativa Akerman, più curiosa è la scelta della seconda città: Knokke-Heist, città costiera situata al confine coi Paesi Bassi, è una rinomata meta balneare molto prestigiosa e sofisticata (un degno corrispettivo italiano potrebbe essere Forte dei Marmi). In tutti i lavori Akerman riprende la grande amica Marilyn Watelet, che diventerà poi produttrice di alcuni suoi lavori come Toute une nuit e D’Est.
I primi due shorts sono ambientati nella capitale e prendono il nome di Bruxelles, film 1/à la Foire du Midi, e Bruxelles, film 2/La soeur et la mère de Marilyn. Il primo, come da titolo, raffigura la Foire du Midi, la più importante fiera di Bruxelles, che dura sei settimane da metà luglio a fine agosto. La telecamera offre una panoramica sulle attrazioni e sui presenti di tutte le età: in particolare, si sofferma su alcuni culturisti su un palco e su come un bambino li guardi sbalordito. Il rapporto tra spettatore e percetto visivo è di cruciale importanza nel cinema contemplativo e non sorprende trovare un’idea simile già nel primissimo lavoro di Chantal Akerman. Il secondo, invece, mostra la vita a Bruxelles di Marilyn Wateler, in particolare sulle persone che abitano con lei (madre e sorella) in un’enorme villa. Vengono riprese piccole attività quotidiane, come pettinarsi, fare la spesa, telefonare e rigovernare: è istintivo trovare qui un preambolo al nucleo di Jeanne Dielman, in cui la ripetizione delle faccende domestiche è sintomo e causa dell’alienazione della protagonista.
I due corti ambientati a Knokke, invece, si focalizzano maggiormente sulla vita mondana e spensierata in vacanza: nel primo, Marilyn fa shopping di accessori e vestiti in mezzo al traffico del centro, mentre nel secondo viene ritratta anche la stessa Chantal Akerman intenta a comprare un paio di scarpe. Oltre al già citato Jeanne Dielman, non mancano potenziali riferimenti ad altre opere: ad esempio, le camminate frivole di giovani ragazze sui marciapiedi affollati della capitale torneranno nello splendido Portrait d’une jeune fille de la fin des années 60 à Bruxelles, mentre le telefonate saranno al centro della storia d’amore più importante e sentita di Les Rendez-vous d’Anna. Nel complesso, il primo tentativo da cineasta di Chantal Akerman risulta interessante per la spontaneità e vitalità che emerge dalle riprese urbane e offre ai cinefili un ulteriore motivo per apprezzare i lavori seguenti.