di alberto
Ho avuto nuovamente il piacere di intervistare Michele Galardini, critico cinematografico e direttore artistico del festival Presente Italiano nella nuova edizione del 2023. Tra le tante cose mi ha parlato del cinema italiano oggi, del cinema di genere, le sue speranze per il festival e il futuro di questa realtà.
Nonostante il festival parta naturalmente dal cinema italiano, i film e i corti in concorso sembrano avere un respiro internazionale. A cosa pensi sia dovuto?
«Penso sia dovuto un po’ a quello che è il contesto produttivo italiano sempre di più con coproduzioni con l’estero, e anche a film, registi e registe, soprattutto all’opera prima, che guardano al di là dei confini nazionali, non solo per orizzonte visivo e di trama, ma anche per l’orizzonte economico. Da un lato c’è la possibilità, data da una serie di aiuti e una serie di possibilità, che le coproduzioni europee forniscono, dall’altro c’è la generazione di registi che proponiamo al festival che è cresciuta in un contesto diverso. Quindi viene più facile pensare a dei film che vanno al di là rispetto all’ombelico italiano.
Questo non solo per film come Disco Boy, che ha una star internazionale e si snoda in più nazioni avendo questo tipo di percorso, ma anche per il tipo di film e il tipo di regia, come Una Sterminata Domenica che guarda al cinema francese, guarda a un cinema italiano degli anni settanta e ottanta e generalmente guarda a una cinematografia internazionale. Quindi ti direi, per sintetizzare, c’è sì una componente economica, ma c’è anche una componente legata all’età dei registi e registe che fanno film ora».
Lo sguardo italiano sul cinema secondo te deve puntare su una prospettiva più ampia ed esterofila o più intima e nazionale per intercettare il periodo contemporaneo?
«Penso che di sguardo ombelicale ne abbiamo già avuto abbastanza, pensiamo al cinema del reale, ormai superato, dove lì la protagonista era la provincia, un certo tipo di umanità e di società. Lì c’era presente italiano, volevano parlare del contesto attuale e con il festival si è attraversato questo momento. Ora il cinema italiano si deve pensare al di fuori dei propri confini per un fatto, più che per esterofilia, per essere al passo con il resto del cinema. Un po’ perché fare cinema oggi, purtroppo o per fortuna, vuol dire confrontarsi con le piattaforme streaming. Quindi anche questa è una caratteristica di chi comincia a fare cinema ora; sono le piattaforme a finanziare e inserire i film nelle loro library, lo fanno con un’ ottica internazionale. Netflix Italia non produce film che sono buoni solo per il contesto italiano, ma per fare prodotti che possono essere esportabili».
«Mi ricordo un anno volevamo prendere Ultras (poi non lo prendemmo in concorso), finanziato da Netflix, film che parlava di una situazione strettamente italiana, cioè di una tifoseria e di ultras del sud Italia e si inseriva in un cinema italiano e genere/sotto genere italiano che era conosciuto all’estero. Questo film era diretto da un regista che aveva fatto tanto videoclip (Francesco Lettieri) e che aveva una sguardo più internazionale. Il cinema italiano deve vedersi fuori dei confini con un prodotto che, però, deve richiamare persone in sala. Forse il problema vero è la promozione di questo cinema e come mai pochissime persone lo vadano a vedere nel momento in cui è in sala».
Per i 70 anni dalla nascita di Massimo Troisi saranno proiettate alcune delle sue più iconiche prove attoriali e di regia. Come si ricollega questa retrospettiva al criterio di scelta delle pellicole in concorso? Pensi che la commedia di Massimo Troisi sia ancora attuale?
«Penso che i film di Troisi siamo in un certo qualmodo dei comfort film, cioè che fanno stare bene e ti abbandoni alla sua grande capacità di tenerti incollato su un dialogo, su un monologo o su situazioni semplici come relazioni amorose, già viste e riviste, ma mai fatte bene come le fa lui. Credo che sia importante recuperare l’autorialità dei generi e dedicare uno o più slot alla commedia, all’horror e cinema di genere. Fare un omaggio a Troisi, anche se ha fatto altro oltre che commedie, va in questo senso, ossia recuperare il cinema d’autore che negli anni è rimasto nei cuori delle persone e come appuntamento fisso in televisione, però al cinema difficilmente è tornato. Vogliamo recuperare questa caratteristica connaturata al genere stesso. Tra l’altro in questo momento in cui il territorio (Pistoia e Prato) sta attraversando un momento drammatico io voglio pensare che possa essere un ritorno, se non ancora troppo presto, per entrare in un cinema con i film di Troisi e riconnettersi al mondo prima di ciò che è successo e che sarà, purtroppo, il mondo da qui in avanti. Per non perdere quel contatto con un’ umanità che gli permette di stare bene, anche solo per due ore, in una condizione in cui tutto direbbe il contrario».
Gli eventi speciali sono tanti in questa nona edizione, proprio come gli artisti invitati. Quali sono le tue aspettative da questo festival?
«Dovrei rispondere dicendo che mi aspetto sempre una crescita perchè è quello che i bandi e l’ufficio stampa richiedono, non il nostro ma dicendo in generale. Io vorrei consolidare il pubblico raccolto in questi anni e che la nostra offerta culturale venisse riconosciuta dopo otto anni in cui abbiamo davvero cercato di creare una piccola comunità sul cinema italiano. Quindi vorrei non perdere quella comunità e vorrei che piano piano si approcciassero al cinema italiano, anche attraverso i cortometraggi come prodotto di ingresso, gli studenti. Siccome noi lavoriamo molto come associazione e io, come singolo, sull’educazione all’immagine per portare ragazzi in sala, spero che con il festival, essendo grande aggregatore del cinema italiano e momento di focus sul cinema italiano, ragazzi e ragazze trovino la voglia di vedere il loro primo film, il primo corto, di appassionarsi e magari seguire sui social qualche registi per poi seguire il loro percorso autoriale. Mi piacerebbe che il pubblico riconoscesse un po’ anche questo valore del festival e dei festival in generale, che creano un momento di attenzione e aggregazione su un tema».
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