di cesare
Fino a che punto il fanatismo può spingersi? Che differenza c’è tra mondo reale e mondo dei social media? Sono queste le principali questioni a cui Giuseppe Isoni, regista classe 1985, tenta di rispondere nel suo cortometraggio d’esordio Agnus Day. Il corto è stato presentato fuori concorso durante la quarantacinquesima edizione di CINEMED, (Festival cinéma Méditerranéen di Montpellier) in anteprima internazionale, all’interno della sezione Carte Blanche Courts Arté. Le tematiche del bullismo, dell’emarginazione, della santificazione e della realtà dei social si mescolano all’interno di un paesaggio bruno e oscuro come quello che fa da sfondo alla regione della Valle d’Aosta. La storia si incentra sulla ricerca di una possibile redenzione da parte di un ragazzino di dodici anni che vive in un piccolo villaggio, oggetto di continui soprusi da parte dei suoi coetanei. Riuscirà a riscattarsi nel momento in cui viene coinvolto in un vero e proprio “miracolo”? Oppure ne sarà vittima? Abbiamo provato a parlarne con il regista in un pomeriggio piovoso di ottobre.
Partendo dal titolo, come nasce la storia e come mai hai scelto gli archetipi religiosi per affrontare una tematica come quella del bullismo?
«L’idea era quella di rispondere a una particolare esigenza, overro quella di raccontare il mondo dei social media passando attraverso i codici e il linguaggio propri della religione. Sono dell’opinione che il tema del fanatismo e della dipendenza dalle varie forme di social media siano argomenti molto connessi tra di loro e il risultato mi sembra più che soddisfacente».
Il paesaggio della Valle D’Aosta è spettacolare. Nel cortometraggio riesci perfettamente a bilanciare i forti contrasti tra luce e ombra. Nello specifico, ci sono state delle references visuali che ti hanno aiutato durante il processo di realizzazione?
«Sì, decisamente, anche se si tratta di un tipo di paesaggio che non ha bisogno di troppe descrizioni. Per quanto riguarda alcuni riferimenti visivi, insieme al direttore della fotografia Emilio Maria Costa, abbiamo lavorato molto sui contrasti tra sangue e ombra e le nostre principali fonti d’ispirazione sono stati, in particolare modo, il cinema di Denis Villeneuve e di Yorgos Lanthimos».
Come è stato lavorare con dei giovani attori? Il film è girato interamente con dialoghi in dialetto valdostano di origine francoprovenzale, è stato difficile?
«Fin dai primi casting il rapporto con i giovani protagonisti è stato molto bello: hanno compreso immediatamente la tematica principale e sono riusciti a farla propria dando vita a un confronto generazionale molto interessante».
Come già detto, i social media e un conseguente cattivo utilizzo di queste piattaforme stanno creando problemi legati al bullismo, in particolare all’accettazione di noi stessi attraverso gli occhi e il giudizio degli altri. Come può il cinema tentare di risolvere un problema del genere o, perlomeno, raccontarlo?
«Risolvere una questione di tale portata sarebbe senz’altro un grande traguardo, ma onestamente non so se siamo ancora in grado di arrivare a un risultato del genere. Sicuramente il mezzo cinematografico è capace di arrivare a molte persone e, proprio per questa caratteristica intrinseca, risulta in grado di parlare a tutti. Grazie al lavoro di molti registi e sceneggiatori è possibile portare sul grande schermo la visione personale di ognuno e creare, in questo modo, i presupposti per dare il via a un confronto e un dibattito interessante che può far luce su temi attuali dei nostri giorni».
Un’ultima domanda: so che questo è il tuo primo film da regista. Come è stata questa esperienza? Hai incontrato ostacoli sul percorso o ti sei trovato a tuo agio fin da subito? Quali sono, invece, i tuoi progetti futuri?
«È stata un’esperienza intensa ma molto bella. È una sceneggiatura che da molto tempo ormai avevo intenzione di realizzare e avevo ben in mente il modo in cui volevo mettere in pratica, concretamente, questo progetto. Il percorso è stato intenso, ovviamente ci sono stati giorni difficili, ma sono contento del risultato che abbiamo raggiunto. Tra poco uscirà il mio prossimo romanzo e ho già in mente di dedicarmi alla realizzazione di un lungometraggio che si sviluppi a partire da Agnus Day».
Ti ringrazio ancora per la disponibilità e ti auguro che il corto riscuota il successo che si merita.
«Ti ringrazio molto».