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di virginia

Non sono mai andata al Cocoricò. Appartengo a quella generazione che è entrata in contatto con la famosa discoteca in modo indiretto, soprattutto attraverso racconti di genitori o libri che ne racchiudevano lo spirito. Del Cocoricò, come di ogni luogo diventato presto leggenda, si è sempre detto tutto e niente: per capire davvero che cosa fosse e che cosa succedesse lì dentro, bisognava andarci, le parole non avrebbero mai reso l’idea dell’esperienza. Cocoricò tapes, documentario realizzato da Francesco Tavella e già presentato in occasione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro prova a restituire – per chi non c’era al tempo – che cosa fosse la discoteca più nominata di tutta la Penisola italiana attraverso una serie di inediti filmati d’archivio, tapes, appunto, «registrazioni». All’interno del documentario vengono alternati reportage dell’epoca a filmati amatoriali, realizzati da chi frequentava il locale, per mostrare in tutte le sfaccettuature la natura ibrida di questo luogo. Definito in modo generale (e, se vogliamo, anche in modo piuttosto superficiale) “discoteca”, il Cocoricò, il realtà, è stato anche molto altro: centro culturale, sala concerti (dove, tra le varie personalità, si sono esibiti anche Enrico Ghezzi e Franco Battiato), addirittura sala di raccoglimento spirituale e meditazione.

“Cocoricò Tapes” di Francesco Tavella (Credits: Sunset Produzioni)

Chi ha vissuto questi eventi e ha partecipato alle serate organizzate, attraverso il montaggio dei filmati d’archivio, ripercorrerà quello che è stato; per me e per il resto dei miei coetanei, invece, scoprirà tutto un mondo che si cela dietro a un famoso nome. Pur trattandosi di un documentario, lo spazio sullo schermo viene soprattutto lasciato ai filmati d’archivio di ogni tipo: si passa dai servizi televisivi, di varie trasmittenti, fino ad arrivare ai video realizzati dal pubblico. Il montaggio serrato dà il ritmo alla narrazione in ordine vagamente cronologico: attraverso alcuni frammenti di telegiornali, con notizie provenienti dall’Italia e dal resto del mondo (la parabola politica di Bettino Craxi, la morte della Principessa Diana), vengono fornite allo spettatore le principali coordinate temporali, mentre, in modo parallelo, si assiste alla costruzione del locale a forma di piramide. La colonna sonora, con le musiche di Matteo Valicelli e la scelta di mostrare stralci, sostanzialmente flash, di videoclip, ricalcano l’atmosfera da discoteca, ma senza perdere un filo narrativo che conduca lo spettatore a scoprire che cosa accadesse dentro il famoso locale.

Cocoricò Tapes di Francesco Tavella
“Cocoricò Tapes” di Francesco Tavella (Credits: Sunset Produzioni)

Contrariamente a ciò che ci si potrebbe aspettare da una discoteca, non sempre l’obiettivo della serata per chi frequentava il Cocoricò poteva essere lasciarsi andare a un clima leggero e spensierato. ll locale, attraverso mostre e allestimenti, si proponeva come luogo di riflessione e di dibattito su quello che stava succedendo nel mondo “reale”, fuori dalla musica e dall’atmosfera di divertimento: «Abbiamo abbandonato il misticismo con la fine della stagione estiva e ci rivolgiamo alla denuncia sociale sulla guerra, sulla violenza, la depressione, la decadenza […]. Abbiamo cercato di ricreare questo clima angosciante dentro il locale portando dentro molti elementi militari tra cui armi che risalgono a guerre», sostiene una frequentatrice del Cocoricò.

“Cocoricò Tapes” di Francesco Tavella (Credits: Sunset Produzioni)

Non è, per me, così facile immaginare qualcosa del genere; al giorno d’oggi i principali media propinano l’idea che la discoteca sia un luogo se non di perdizione, comunque di “sballo” e, in generale, di perdita del sé – se non attraverso la musica, certamente attraverso le droghe. In realtà, l’esperimento (ammesso che si possa definire così un locale così ancora tanto impresso nella memoria collettiva di questo Paese) del Cocoricò ha dimostrato ben altro: isola di inclusione sulla riviera romagnola, ha portato all’attenzione del giorno argomenti non così scontati, dalla performance artistica alla riflessione sulla contemporaneità, senza perdere una dimensione di svago.

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