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di cesare

«Il tempo non esiste». Una frase che durante l’ultimo film di Liliana CavaniL’ordine del tempo, presentato fuori concorso all’ 80 Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia, viene spesso ripetuta dal protagonista Enrico, interpretato dal nostro Edoardo Leo. Sono molte le spiegazioni scientifiche, filosofiche, culturali, inerenti a questa frase che riescono a svelarsi durante l’intero film.

“L’ordine del tempo” di Liliana Cavani (Credits: IMDb).

Tratto dall’omonimo saggio di Carlo Rovelli, il film cerca di mettere in luce le vicende di alcuni amici sulla costa romana colpiti (quasi letteralmente) dalla possibile caduta di un meteorite, denominato Anaconda, di grandi dimensioni. Uno shock che coglie alla sprovvista tutti quanti ma che, soprattutto, riuscirà a far cambiare idea ai protagonisti sul concetto di tempo e relazioni, sia amichevoli che sentimentali. 

Dal punto di vista della trama, Liliana Cavani torna – dopo quasi vent’anni – alla regia di un film molto attuale ma forse con troppa carne al fuoco. Sicuramente il riferimento saggistico di Rovelli e le straordinarie spiegazioni scientifiche, astrofisiche ma anche filosofiche e storiche, che tentano di superare il concetto di tempo, sono state di grande aiuto, se solo non fossero state espresse e raccontate in questo modo. Peccato. 

“L’ordine del tempo” di Liliana Cavani (Credits: IMDb).

Andando in ordine, per l’appunto, la Cavani opta per un film che si presenta in molteplici sfaccettature. Potremo considerarlo un film filosofico, soprattutto per quanto concerne le spiegazioni all’inizio del film sul concetto di “tempo” nell’Antica Grecia, oppure considerarlo un film drammatico-sentimentale che ci ricorda Perfetti sconosciuti (con l’aggiunta del grande Leonard Cohen) o infine addirittura ad un disaster movie visto e considerando come il “pietrone” si avvicina alla terra e alle crescenti probabilità (sempre e comunque sottovalutate come per esempio in Don’t look Up) che possa arrivare ad impattare con essa. Nonostante queste visioni, particolari ma sicuramente coerenti con il film, quello che comunque le accomuna è sempre il tempo. O che il tempo non ci sia più o che ormai è diventato superfluo per la vita e soprattutto il passato dei vari protagonisti, rimane la costante che è proprio il concetto di “tempo” ad essere messo in discussione. 

L'ordine del tempo di Liliana Cavani
“L’ordine del tempo” di Liliana Cavani (Credits: IMDb)

La regista, raggiunti i novanta anni d’età, giustamente celebrati dalla Mostra di Venezia quest’anno, ci dimostra di riuscire ancora una volta a muoversi all’interno di un film complesso offrendo una serie di visioni e interpretazioni interessanti. Ma, come dicevo prima, poco elaborate. L’elemento che forse pecca di più è proprio questo. Cosa ci vuole dire la Cavani? Il tempo non è importante, allora cosa lo è? L’amore? Il matrimonio? La religione? Lampanti e profonde sono le conversazioni tra Giulia (Francesca Inaudi) e Suor Raffaella (Angela Molina) che riescono a dimostrare, ancora una volta, il terreno su cui si muove facilmente: il confronto tra scienza e religione, tra la vita e Dio. Temi ben noti e delineati nei suoi più importanti film della Cavani come Francesco d’Assisi (1966) o Galileo (1968), ma che ora sanciscono un salto in più, verso riflessioni del presente che colpiscono direttamente lo spettatore.

Che dire, al Lido e in particolare sull’ormai celebre “muro del pianto”, il film ha avuto un’importante risonanza ed è stato capace di smuovere discussioni a volte anche divertenti e comiche. A molti non è piaciuto per la sua lentezza, ad altri per l’interpretazione dei vari attori, e, in effetti qui si “salvano” veramente pochi. Questo è anche il Lido, questo è anche il cinema.

L'ordine del tempo di Liliana Cavani
“L’ordine del tempo” di Liliana Cavani (Credits: IMDb).

Per concludere, da fiorentino, non potrei essere che contento che proprio in quest’edizione del Premio Fiesole venga conferito un riconoscimento alla regista originaria di Carpi. Come infatti ha ricordato Simone Emiliani, direttore artistico del premio: «Nel corso della sua carriera ha affrontato più sfide, non cercando mai delle risposte definitive ma lasciando diverse interpretazioni che è proprio il modo con cui il suo cinema va guardato oggi»Un’ importante passo avanti, soprattutto nell’ottica di una maggiore attenzione all’operato delle registe che si è aperto con il Festival di Venezia e che spero possa proseguire, in altre manifestazioni, nei confronti di altre registe femminili.

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