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di virginia

Approfondimento su Nocturno para uma floresta («Notturno per una foresta») di Catarina Vasconcelos e The Kidnapping of the Bride («Il rapimento della sposa») di Sophia Mocorrea, due dei cortometraggi dalla regia al femminile che sono stati presentati durante la XXII edizione del Concorto Film Festival.

“Nocturno para uma floresta” di Catarina Vasconcelos

Catarina Vasconcelos, forse nota ai più per il lungometraggio La metamorfosi degli uccelli, torna dietro alla macchina da presa con il corto Nocturno para una floresta («Notturno per una foresta»). Il corto, già presentato al Festival di Locarno, gioca sul rapporto tra storia, immagini e rilettura degli eventi del passato in chiave femminista, aiutandosi con una messa in scena molto precisa e particolare che, da sempre, contraddistingue i lavori della regista portoghese.

“Nocturno para uma floresta” di Catarina Vasconcelos (Credits: Primeira Idade)

Che si tratti di un opera intorno al mondo dell’arte, lo si capisce subito dal primo frame: in sottofondo sentiamo un coro ecclesiastico intonare un aria, mentre un misterioso personaggio, vestito esattamente come Raffaello aveva vestito papa Leone X nel suo famoso ritratto, dispone alcuni fiori su una tavola arredata con gusto barocco. I riferimenti al mondo dell’arte e, in particolare, al barocco europeo si sprecano: dal teschio che rievoca la vanitas, un preciso filone di natura morta corredato da elementi che, inevitabilmente, rimandano al mondo e al senso di morte, fino ad arrivare alla candela che illumina la scena, tipica fonte di luce dei quadri fiamminghi secenteschi. La narratrice in voice over fornisce alcune indicazioni sul contesto storico: ci troviamo nel 1622 e papa Gregorio XV mette in atto una serie di provvedimenti volti a escludere le donne dalla vita ecclesiastica; tra le varie misure che prende, impone al genere femminile di non entrare in un convento appena costruito in una foresta, pena l’eterno bruciare tra le fiamme dell’inferno.

“Nocturno para uma floresta” di Catarina Vasconcelos (Credits: Primeira Idade)

Dopo il preambolo in cui vengono date informazioni sul periodo storico, arrivano le vere protagoniste del cortometraggio: una serie di donne, ormai decedute e trasformate in piante, che, al giorno d’oggi, comunicano tra di loro, in modo silenzioso (lo spettatore segue la conversazione tramite i sottotitoli). Scopriamo che la maggior parte delle cause del decesso di queste donne è avvenuta per mano di uomini violenti, in un clima di accettata indifferenza nei confronti di tutto il genere femminile. Al momento della morte, però, si sono trasformate in diversi tipi di piante – e non è difficile, anche in questa sequenza, scorgere un riferimento al mito di Apollo e Dafne, prima raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi, poi reso immortale da Gian Lorenzo Bernini con la scultura che ancora oggi si conserva a Villa Borghese.

Concorto Film Festival
“Nocturno para uma floresta” di Catarina Vasconcelos (Credits: Primeira Idade)

Tutte queste donne, a lungo silenziate dalla chiesa cattolica, dopo la morte, hanno subito una metamorfosi in esseri che, pur animati, comunque non fanno rumore e rimangono sempre sullo sfondo di un paesaggio. Con un’accorta illuminazione (la direzione della fotografia è stata affidata a Paulo Menezes), però, qui le piante diventano protagoniste dello schermo: a ognuna viene affidato il proprio spazio e ognuna di loro si erge solitaria davanti agli occhi dello spettatore. La conversazione è inserita all’interno di un’assemblea e all’ordine del giorno c’è la questione di un dipinto realizzato dalla pittrice Josefa d’Obidos (realmente esistita). Se per quasi tutta la durata del cortometraggio si assiste a una messa in scena tesa a rievocare un quadro (che vagamente trova un illustre precedente nel tableau vivant realizzato da Pier Paolo Pasolini in Ro.Go.Pag), non appena si apre l’assemblea si parla apertamente di un dipinto, ma in modo ribaltato: non lo si vede ed è solo attraverso la descrizione fatta a parole che lo spettatore può visualizzarlo con la propria immaginazione.

“Nocturno para uma floresta” di Catarina Vasconcelos (Credits: Primeira Idade)

Josefa, messa sotto accusa dal resto delle donne per aver dipinto la Vergine a seno scoperto e, di conseguenza, aver oggettificato il suo corpo, si giustifica spiegando che la nudità dipinta derivava dallo spirito del tempo in cui il quadro è stato realizzato – come non manca di sottolineare, nel XVII secolo «non esistevano le Guerrilla Girls, il movimento #MeToo e la parola “femminismo” era ancora molto lontana dall’essere inventata e utilizzata». Vasconcelos, con un cortometraggio dal forte impatto visivo – vediamo alternarsi inquadrature di foreste e nature morte a colori neon riflessi su foglie – porta lo spettatore a riflettere sul ruolo dell’arte sacra al giorno d’oggi, soffermandosi sui rischi che la letteratura anacronistica di un’opera può avere sull’arte stessa.

“The Kidnapping of the Bride” di Sophia Mocorrea

Sophia Mocorrea, regista argentina, mette in scena la storia di una coppia prossima a sposarsi e, nel farlo, pone l’attenzione su tutti quei rituali, ormai anacronistici e fuori dal tempo, a cui i due sposi sentono di doversi sottoporre – incitati ora dai parenti, ora dai canoni che questa società ha imposto nei confronti di alcuni riti cristallizzati, come, appunto, quello del matrimonio. Protagonisti della storia sono Luisa e Fred, l’una argentina e l’altro tedesco; i due decidono di sposarsi e il matrimonio diventa occasione di incontro per le famiglie di entrambi. Subito, da questo incontro, emergono alcune differenze culturali tra le due famiglie; tuttavia queste discrepanze vengono subito appianate dalla stessa concezione di matrimonio che i parenti di entrambi gli sposi sembrano avere, nonostante la provenienza da due paesi e culture molto distanti tra di loro.

Concorto Film Festival
«The Kidnapping of the Bride» di Sophia Mocorrea (Credits: Concorto Film Festival)

Il matrimonio viene vissuto dalle generazioni più grandi come un importante rito di passaggio, come un secondo ingresso nell’età adulta: se i parenti di Luisa decidono di trasportare fino in Germania lo storico vestito con cui sua nonna si era sposata (a mo’ di passaggio del testimone, nella speranza di un buon augurio per la vita coniugale), i genitori di Fred insistono nel voler trovare una sistemazione al figlio, parlando di case e, nello specifico, di grandi case per quando avranno dei figli. La generazione dei genitori dei protagonisti si fa portavoce di ideali antiquati e superati, che uguagliano il matrimonio all’avere una casa propria e, come necessaria conseguenza, al mettere al mondo figli, come se le due cose dovessero per forza andare di pari passo.

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«The Kidnapping of the Bride» di Sophia Mocorrea (Credits: Concorto Film Festival)

Vale la pena soffermarsi sulle scelte registiche operate da Mocorrea per evidenziare il senso di disagio e di inadeguatezza che i due provano all’avvicinarsi del matrimonio. Non solo lo spettatore entra nella casa di questa coppia – metaforicamente e non, visto che assistiamo (esattamente come i protagonisti) al tour virtuale della casa che i genitori di Fred vorrebbero lasciare al figlio, ma anche nel vivo delle dinamiche di questa coppia. Il coinvolgimento dello spettatore avviene anche grazie a una macchina da presa – passatemi il termine – piuttosto impertinente, che indaga con potenti close up la vita di coppia nella loro intima quotidianità: dalle tenere effusioni che i due si scambiano, riportare sullo schermo con ingrandimenti su alcuni dettagli dei due corpi a un momento ancora più intimo, nel bagno di casa, quando Fred assiste Luisa che si depila le gambe.

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«The Kidnapping of the Bride» di Sophia Mocorrea (Credits: Concorto Film Festival)

Quando, al contrario, i due si ritrovano lontani dall’intimità data dalle mura di casa, come nella scena in cui si festeggia il matrimonio, lo spettatore, insieme ai protagonisti, avverte un senso di disagio, dato dalla folla che li circonda e dalla confusione della festa. La folla – per quanto composta da facce note e, in teoria, rassicuranti – che circonda i due sposi non è per niente confortante e questo porta i due a parlare di loro stessi in terza persona, dissociandosi da tutto ciò che sta accadendo intorno a loro. Parlano di loro stessi in terza persona come se il matrimonio non li riguardasse oppure avesse a che fare solo con le persone che glielo stanno organizzando, visto che sono i genitori degli sposi a parlare di traslochi, nuove case, eventuali figli e non i diretti interessati.

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