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di giulia

Dai cineasti indipendenti, ai documentaristi, fino agli specialisti del blockbuster, il “duo di registi” può essere trovato in ogni angolo dello spazio cinematografico, sono infatti numerosi a essersi cimentati nel campo della co-direzione negli ultimi decenni. Addirittura uno degli ultimi progetti dell’iconica regista della Novelle Vague Agnès VardaVisages Villages (2017), è un documentario co-diretto insieme all’artista francese JR, fotografo e street-artist en plein air, esponente dell’arte pubblica, socialmente impegnato, famoso per i noti monumentali collages urbani, che prende parte al progetto in qualità di rappresentante dell’arte visiva.  JR è solito definire la strada come “La più grande galleria d’arte del mondo” e questo concetto, presente anche nel cuore di Varda, ha permesso il loro avvicinamento. Visages Villages è un road movie in stile documentaristico, un viaggio di scoperta delle persone sulle strade francesi, ma la sua valenza principale sta tutta nella scoperta reciproca tra la cineasta e l’artista.

Partiamo infatti con il mettere in chiaro che prima del sodalizio artistico vero e proprio fondamentale è l’incontro, lo scambio, il coinvolgimento reciproco. Lo stile artistico in modo complessivo di Agnès Varda può essere esplicitato da una frase da lei stessa pronunciata nel film: “Talvolta le immagini non si scelgono, sono loro che scelgono te“. Queste parole sono perfette per inquadrare una figura unica, iconica, come quella di Varda, che per decenni è stata sottovalutata e messa da parte rispetto a molti suoi colleghi di pari capacità. Nei suoi ultimi anni di vita — Varda è venuta a mancare nel marzo del 2019, all’età di novantuno anni — l’incontro con l’artista JR è stato essenziale, l’ha aiutata a brillare nuovamente in una luce che possiamo definire quasi “di ribalta”.

Agnès Varda e JR in “Visages Villages” (Credits: Le Pacte).

Chi conosce Varda (i cui lavori precedenti più celebri includono ad esempio film come Cléo From 5 to 7, VagabondSans toit ni loiLes Glaneurs et la glaneuse e la Bonheur) sa che non deve preoccuparsi della profondità che la regista dedica ai suoi lavori. La donna, nota per il suo “grande occhio” ha però — già da tempo prima dell’avvicinamento a JR — problemi di vista, e questo paradosso sarà al centro del suo operato tardo e influenzerà fortemente in generale il suo pensiero dei suoi ultimi anni. Venuti a contatto tramite la mediazione di Rosalie, la figlia di Agnès, Varda e JR si avvicinano, si accordano, sentono di capirsi e riescono a visualizzare il compimento di questo loro progetto. Con entrambi questi artisti, si ritorna sempre intorno alle persone, quello che rimane guardando il lavoro di tutti e due è l’amore per gli esseri umani che incontrano e il tentativo costante di valorizzarli. Il punto di arrivo, per così dire, è sempre l’uomo inserito nel Mondo.

Agnès Varda e JR in “Visages Villages” (Credits: Le Pacte).

Sono tante e tutte uniche nel loro genere le genti che Varda e JR incontrano in questo loro viaggio “libero”. Ritratti attraverso i giganteschi collage fotografici troviamo ad esempio: un anziano artista gitano che sembra aver scoperto il segreto della felicità; l’ultima donna rimasta in un ex villaggio minerario, che si rifiuta di lasciare la sua casa; un vecchio e gioviale postino; un proprietario agricolo solitario informatizzato e autosufficiente; un allevatore che toglie le corna alle capre per ricavarne più profitto e un’allevatrice che rispetta gli animali senza avidità; gli operai e le operaie di un’industria chimica; i portuali di Le Havre che costruiscono un monumento alle loro mogli e molti altri ancora. Ma non si tratta sempre solo di sconosciuti, nel viaggio infatti Agnès ritrova anche gli amici che non ci sono più: ricorda, come abbiamo detto, l’amico Guy Bourdin, suo coetaneo, che ritrae da ragazzo prima che lui si affermi come uno dei più celebri e innovativi fotografi di moda di sempre; o Cartier-Bresson e la moglie, visitati in un pacifico e verde cimitero con solo 20 tombe.

Varda e JR, divisi dall’età e dalle esperienze, come abbiamo visto, hanno però in comune la passione (anche politica e sociale) per un lavoro che può cambiare la percezione che la gente ha di se stessa e degli altri, così i loro percorsi diventano convergenti. Il “furgone-macchina fotografica” del progetto Inside Out è capace di compiere magie: le persone si siedono al suo interno in una specie di cabina per foto istantanee e ne vedono uscire, con gioia, stupore e incredulità, invece dei soliti minuscoli quadratini di carta colorata, giganteschi ritratti in bianco e nero, pronti per diventare storia personale e comune, una volta incollati spericolatamente sulle mura di case abitate, di abitazioni incompiute, di una fabbrica e su capannoni industriali, su un serbatoio d’acqua, su containers trasformati in totem e sul relitto di un bunker tedesco sulla spiaggia di Saint-Aubin-sur-mer. 

Agnès Varda “Visages Villages” (Credits: Le Pacte).

Varda e JR cominciano a viaggiare, con un unico programma liberatorio: in ogni luogo che sarà visitato, incontreranno la gente del posto, e JR produrrà i suoi ritratti in bianco e nero di dimensioni epiche, che poi intonacheranno su case, granai e vetrine: qualsiasi superficie disponibile. Così facendo, renderanno grandi le persone, grandi come il valore delle loro vite. I due artisti si lanciano tra le persone, curiosi di conoscere le loro storie, in un viaggio divertente e allo stesso tempo poetico, le immagini cercate, volute, costruite, stampate e incollate della coppia diventano vere e proprie opere d’arte, simbolo della volontà di stupire, dimostrando come la bellezza possa migliorare la realtà quotidiana, facendoci sorridere per un attimo e magari pensare a qualcosa che non avevamo mai preso davvero in considerazione, come quando Varda ritrae tre donne, che lavorano in un porto, in tre containers posti a diversi metri da terra: cuori pulsanti della società, per una volta, vestite di bianco, luminose e in alto, vengono valorizzate nel contesto di un settore in cui sono in minoranza.

 Scena da “Visages Villages” (Credits: Le Pacte).

Sebbene la narrativa di Visages Villages integri le apparenti differenze della coppia, mette allo stesso tempo in evidenza non solo la loro naturale affinità come persone, ma anche il terreno che condividono come artisti visivi. Entrambi praticano un’arte basata sulla connessione e sul riconoscimento, con l’obiettivo di fornire alle persone comuni ed emarginate — “persone che non dovrebbero essere nella luce” — uno spazio dove poter essere viste e ascoltate. Visages Villages offre questo tipo di spazio: spesso definito dall’umorismo e dalla celebrazione dell’esistenza, ma talvolta anche dalla riflessione e dalla memoria.

Documentario che — come abbiamo puntualizzato ha profonde radici nel lavoro di Varda — continua l’abitudine della regista di creare ritratti tranquilli e giocosi di persone e luoghi, ma li infonde con la monumentalità del lavoro tipico delle foto di JR. Allo stesso modo, gli impulsi autobiografici di Varda e la presentazione implacabile del suo corpo che invecchia rimangono in tutto il progetto, ma con una svolta: la sua attuale e crescente amicizia con JR è focalizzata, piuttosto che sulla sua trama, sul suo passato o sul suo lavoro personale. Infine, l’impegno di lunga data di Varda nel pensare all’arte (sua o di qualcun altro), e il brivido della creazione artistica dal vivo, si espandono, e includono nuovi colpi di scena, grazie al lavoro con JR e ai membri delle comunità che visitano. In definitiva, Visages Villages afferma la necessità di unire la comunità, l’amicizia e l’arte per affrontare la perdita personale, l’isolamento e l’usura del tessuto sociale francese. Lavorando insieme, Varda e JR, rendono visibile la vita di coloro che di solito sono fuori vista, navigando nel mondo con la loro curiosità, empatia e senso dell’umorismo. 

Agnès Varda e JR in “Visages Villages” (Credits: Le Pacte).
Giulia

Nouvelle Vague, arti visive e ramen istantaneo. Non mi piace parlare di me, ma mi piace parlare di film.

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