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di cesare

Ecco un’approfondimento sulla 63° edizione del Festival dei Popoli, festival di cinema documentario, svoltosi a Firenze dal 5 al 13 novembre.

“adria” (2022) di alessandro garbuio

“Adria” di Alessandro Garbuio (Credits: Festival dei Popoli)

Presentato in anteprima alla 63° edizione del Festival dei Popoli, Adria di Alessandro Garbuio si configura come un racconto intimo e profondo di un passato (forse) lontano. In un susseguirsi di immagini poetiche e pittoresche viene raccontato il sogno di una piccola cittadina piemontese attraverso le testimonianze e i filmati che la ritraggono nel momento migliore e più ricordato, ovvero quando la famiglia Olivetti decise di dar inizio ad una stagione economica fiorente, grazie alle sue invenzioni tecnologiche. Calcolatrici, primi esemplari di computer e molto altro che avrebbero ispirato un sogno utopico ancora oggi radicato in molti cittadini. In parallelo a questa narrazione sono confrontanti gli ideali passati con quelli del presente, in un confronto generazionale che riesce a sottolineare una realtà totalmente differente e preoccupante.

Festival dei Popoli
Alessandro Garbuio (Credits: Festival dei Popoli)

Il mediametraggio di Garbuio riesce piano piano (anche forse troppo all’inizio) a far addentrare lo spettatore all’interno di una dimensione sospesa tra passato e presente, tra sogno utopico e realtà insoddisfacente, al cui centro viene posta la famiglia Olivetti. Una fabbrica che non c’è più ma che attraverso le voci, compresa quella del regista, vive ancora e lascia un messaggio di speranza. Un viaggio interiore in una città e in un’idea che i suoi cittadini hanno sempre avuto sui straordinari risultati dell’ingegno di Camillo prima, e Adriano Olivetti, dopo. Un’idea che, però, sembra sbiadita nei giovani, in coloro che hanno avuto soltanto una conoscenza indiretta di quel periodo fiorente e che ora sembra quasi rimosso e sul punto di essere dimenticato. Una perdita di utopia collettiva significa una perdita di sogno comunitario, di collaborazione reciproca per un futuro e una maggiore attenzione rivolta a un presente che sembra sempre di più vuoto e insignificante. Il regista, attraverso la sua diretta esperienza, riesce comunque a lasciare un messaggio nostalgico di un’utopia che alla fine sembra essersi realmente realizzata in un passato, però, che appare sempre più lontano e dimenticato.

“radical dreamer” (2022) di thomas von steinaecker

Festival dei Popoli
Werner Herzog – Radical Dreamerdi Thomas von Steinäcker (Credits: Festival dei Popoli)

Appena uscito nelle sale, il nuovo documentario di Thomas von Steinaecker, Werner Herzog – Radical Dreamer, racconta in ordine cronologico le vicende e i successi di uno dei più importanti registi contemporanei. A detta dello stesso regista non si tratta di un documentario sulla vita del regista Werner Herzog, ma di a ballad that tells a story, ovvero di “una ballata che racconta una storia”, in particolare quella del soggetto stesso del progetto. In linea temporale sono affrontate le principali tappe del percorso artistico di Herzog, dalle difficoltà familiari nelle valli bavaresi fino al successo internazionale e l’approdo a Hollywood.

Festival dei Popoli
Werner Herzog – Radical Dreamerdi Thomas von Steinäcker (Credits: Festival dei Popoli)

Attraverso testimonianze e filmati che documentano il lavoro incessante di un regista visionario come Herzog si arriva a comprendere, scavando nell’intimo del protagonista, il senso e il significato di fare film. Un’abnegazione (quasi) totale del concetto di verità aderente alla realtà per sondare territori nascosti e mai prima esplorati che raggiungono la massima realizzazione in film come Aguirre, la furia di Dio (1972) e Fitzcarraldo (1982), due opere straordinarie e complicate, frutto della collaborazione con l’attore Klaus Kinski. In un viaggio tortuoso e variegato, si delinea un quadro sempre più definito ma allo stesso tempo sospeso del regista tedesco, capace di spaziare e di affrontare, all’interno della sua filmografia, argomenti e progetti diversi accomunati da una visione radicale e costantemente sognatrice, che ha reso il suo lavoro una pietra miliare della storia del cinema contemporaneo.

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