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di giulia e virginia

Con la sua dolcezza, la sua semplicità e la sua simpatia, una commedia leggera come Love, Simon riesce a conquistare e a trasmettere il suo messaggio a un pubblico variegato. Accogliendo dentro di se tutti i tipici aspetti del coming-of-age, vi innesta allo stesso tempo una nuova sensibilità, capace di far arrivare dritta al cuore la storia dei giovani protagonisti. La sua natura da teen-movie si presta a una facile divulgazione: questo, però, non rende l’esperienza, gioiosa e a tratti dolorosa, meno intensa, riuscendo a suscitare una gamma davvero estesa di emozioni.

trama

Simon Spier (Nick Robinson) è uno studente di 17 anni che frequenta il liceo con i suoi vecchi e nuovi amici Leah (Katherine Langford), Abby (Alexandra Shipp) e Nick (Jorge Lendeborg Jr.). Oltre agli amici, Simon ha anche un buon rapporto con la sua famiglia, molto aperta e affettuosa. In apparenza, la vita di Simon è tranquilla e normale, come quella dei ragazzi intorno a lui che cercano di godersi al meglio il loro ultimo anno di liceo, ma, in realtà, Simon ha un segreto che non si sente pronto a rivelare: è gay. Non si è ancora aperto sull’argomento con nessuno dei suoi amici, tantomeno con la sua famiglia e sembra determinato a far sì che il vero Simon rimanga nascosto a lungo. Le cose iniziano però a cambiare quando trova nella bacheca del social network della propria scuola il post di un ragazzo — che si fa chiamare con lo pseudonimo di Blue — anche lui gay, in una situazione altamente simile alla sua. Simon decide allora di rispondere al ragazzo, usando anche lui uno pseudonimo, facendosi chiamare “Jacques”. I due iniziano a scambiarsi e-mail regolarmente e più passa il tempo più Simon si innamora di Blue. 

Nick Robinson in ‘Love, Simon’ (Credit: IMDb)

Simon continua a mantenere tutto nascosto, comprese le sue conversazioni con Blue, fino a quando un giorno non apre la sua casella e-mail sul computer della scuola, scordandosi di disconnettersi. E’ così che il suo compagno di classe Martin (Logan Miller) per caso si trova a leggere tutto, scoprendo il suo segreto e usandolo per ricattare Simon. Da quel momento la vita del protagonista diventerà piuttosto complicata: dedito a mantenere nascosta la verità e determinato a scoprire la vera identità del ragazzo che ama, trascinerà inevitabilmente se stesso e i suoi amici ignari in situazioni sempre più delicate. 

Il regista, Greg Berlanti, conosce molto bene questo territorio adolescenziale, essendosi già cimentato in storie di giovani sia nelle vesti di sceneggiatore, sia di produttore. Capisce le ossessioni degli adolescenti e si preoccupa dell’intensità che l’esperienza di crescita giovanile può avere, della sua profondità, di quanto sia importante l’espressione dei sentimenti e dell’amore per gli adolescenti che lo vivono per la prima volta. Love, Simon è pieno di umorismo nei personaggi, nei dialoghi e nelle situazioni, ma non sacrifica mai la profondità emotiva. E’ un dato di fatto che spesso le storie di coming out nei film abbiano al proprio interno radicati cliché: sofferenza, insicurezza, rabbia dei genitori o della società che circonda i protagonisti, paura e talvolta anche toni di tragedia. Questi film sono fondamentali, perché evidenziano i pericoli di vivere in un mondo omofobico — trovandosi davanti a situazioni non solo sfavorevoli ma spesso anche pericolose, se non addirittura mortali — ma talvolta peccano nel dare una rappresentazione sana dell’amore fra persone queer. Purtroppo, non si può prescindere dal rappresentare le difficoltà che si devono affrontare ogni giorno, ma un film come Love, Simon riesce a bilanciare tutti questi elementi. Nonostante non si manchi talvolta di cadere nei vari cliché del caso e del genere, riesce a fare in modo che qualcuno là fuori possa sentirsi rappresentato e trovare la speranza che un happy ending possa avvenire non solo nelle commedie romantiche, ma anche nella vita reale. 

Jorge Lendeborg Jr., Nick Robinson, Alexandra Shipp e Katherine Langford in ‘Love, Simon’ (Credit: IMDb)

l’opinione del collettivo Corpi dal Margine: perché vedere ‘love, simon’?

Abbiamo chiesto al collettivo Corpi dal Margine di raccontarci quelli che, secondo loro, sono i punti di forza e i punti deboli di Love, Simon, raccogliendo questa serie di riflessioni sulla pellicola.

Quello che bisogna evidenziare del film è sicuramente la riflessione che viene portata avanti sul coming out e sull’outing. C’è un momento preciso nel film, molto importante, in cui un personaggio esterno decide di fare outing a Simon ed è un gesto di una violenza indicibile. Il discorso con cui il protagonista cerca di far capire quanto sia sbagliato ed invasivo un comportamento del genere non va ignorato: fare coming-out è il risultato di un percorso interiore che nessuno può togliere alla persona, nessuno può decidere al posto del diretto interessato le modalità con cui esprimersi; privare il soggetto della possibilità di decidere quando, dove e come farlo è qualcosa di una prepotenza incredibile – senza poi considerare gli effetti e le ricadute psicologiche che un gesto del genere può avere su chi lo subisce.

“Il film riesce a mostrare bene la contrapposizione tra coming out e outing [ricordiamo che per outing si intende una dichiarazione fatta da esterni che avviene senza il consenso della persona direttamente coinvolta], ma non solo: anche la figura del padre di Simon ha dei lati negativi, configurandosi come il classico tipo di persona omofoba che, nella vita e nelle azioni di tutti i giorni, non si rende nemmeno conto di esserlo. Se la scena in cui Simon e suo padre si trovano da soli a parlare, dopo che il protagonista ha rivelato alla sua famiglia il proprio orientamento sessuale, potrebbe indurre lo spettatore a simpatizzare con il padre bisogna ricordarsi che c’è ben poco di condivisibile nel discorso del genitore. Quando all’inizio del film Simon racconta il background della sua famiglia, si scopre che il padre è stato uno dei primi giocatori nella sua squadra di football al liceo e che ha finito per sposare la reginetta del ballo. Per quanto la storia dei genitori possa sembrare piena di stereotipi, forse non è un caso che il padre abbia una mentalità del genere dato che i principali anni della sua formazione si sono svolti in un contesto maschilista e intriso di machismo. Il padre di Simon viene quindi ad assumere quel ruolo di persona dotata sì di una mentalità aperta e di orizzonti vasti, ma fino al momento in cui tutte queste cose succedono fuori casa, fuori dalla propria comfort zone.”

“Qualcosa che si potrebbe criticare al film, andando a scavare nel profondo, è forse l’estrema romanticizzazione di ciò che significa vivere una relazione queer al giorno d’oggi: non è un atteggiamento così diffuso vedere tutto questo appoggio da parte di amici e famiglia, molto spesso la società in cui la relazione queer si inserisce cerca di ostacolarla e impedisce di esprimersi liberamente – non a caso, questo si rivela come uno dei motivi per cui Simon decide inizialmente di non fare coming out. Quando si parla di romanticizzazione, – spiegano – il riferimento in particolare va alla scena finale in cui gli amici di Simon (ma anche completi sconosciuti che per caso si trovavano al luna park) decidono di fare il tifo per i due ragazzi sotto la ruota panoramica, togliendo loro una dimensione di intimità e privacy che, forse, durante un primo appuntamento, sarebbe stato importante mantenere.”

in conclusione?

“Dobbiamo tenere a mente che il film ha come protagonista un ragazzo – seppur gay – comunque privilegiato e questa certo non può essere presa come modello per una rappresentazione totalizzante e completa del mondo e di quella che è l’esperienza queer. Simon si può considerare un ragazzo privilegiato per una serie di motivi: sia per il fatto di essere comunque un ragazzo abile, bianco e cisgender, sia per quanto riguarda il contesto socio-economico in cui è nato e cresciuto (la sua è una famiglia benestante della borghesia americana), anche se, come mostra il film, non è detto che da genitori istruiti e liberali comunque sia scontato trovare piena accettazione. Al di là di questo, si tratta comunque di uno dei primi film mainstream ad avere come tematica centrale l’adolescenza e la scoperta di sé e della propria sessualità, non è perfetto ma è pur sempre un promettente punto di inizio.”

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