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di virginia

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In occasione della terza edizione del Calabria Movie International Short Film Festival abbiamo incontrato i direttori artistici Matteo Russo, Luisa Gigliotti e Antonio Buscema per farci raccontare l’origine del progetto e quali sono gli obiettivi del festival che valorizza il legame tra la Calabria e non solo il cinema, ma anche le arti visive in generale.

Siamo arrivati alla terza edizione del Calabria Movie Film Festival. Da dove è nata l’idea di organizzare questa rassegna, come vi siete riuniti e quale è il vostro intento principale?

Il Calabria Movie International Short Film Festival nasce dall’idea di dar vita ad una manifestazione culturale ed artistica che possa rappresentare un punto di ritrovo per giovani autori, registi, attori, professionisti dell’audiovisivo o semplicemente appassionati della settima arte. Un festival che sappia valorizzare il cinema territoriale e, allo stesso tempo, che sappia guardare e accogliere anche le eccellenze nazionali ed internazionali. Siamo tre giovani lavoratori del cinema calabresi provenienti da Catanzaro e Crotone che vivono a Roma nel resto dell’anno, dove lavorano da anni ormai. La prima cosa che ci ha unito è stata proprio quella di creare un festival di cinema di identità regionale che mancava. Ci sono già tante manifestazioni importanti in Calabria ma ognuna legata alla città che la ospita; da qui da qui nasce l’idea di chiamare il festival Calabria Movie per renderlo itinerante e abbracciare tutte le province della Calabria. La prima edizione si è tenuta nell’agosto 2020, oggi siamo arrivati alla terza e siamo molto orgogliosi di vedere come in questi tre anni con sacrificio, passione e impegno siamo riusciti ad aggiungere tasselli importanti alla nostra manifestazione, anche grazie al sostegno della Calabria Film Commission.

Matteo Russo, Luisa Gigliotti e Antonio Buscema, direttori del Calabria Movie Film Festival

Tra le tante novità ad esempio, quest’anno, siamo riusciti ad organizzare una serie di eventi collaterali che accompagnano la programmazione delle tre giornate, avendo la possibilità di ospitare importanti nomi del cinema italiano come l’attore Vinicio Marchioni, il regista Francesco Costabile – fresco dalla Berlinale -, il cast della serie italiana targata Amazon Prime Bang Bang Baby (tra cui Dora Romano (che, con l’ultimo film di Paolo Sorrentino è andata agli Oscar) e, infine, le giovani attrici Demetra Bellina e Federica Torchetti, solo per citare alcuni nomi. Fin dalla prima edizione, una delle priorità del nostro festival è sempre stata quella di dare spazio all’arte in ogni sua forma, nonostante si tratti di una manifestazione cinematografica. Per questo motivo ci piace organizzare mostre fotografiche ed esposizioni artistiche, dando modo e spazio di esprimersi anche ai giovani emergenti. Quest’anno, in particolare, per celebrare il centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, l’autore forse più geniale del nostro cinema, abbiamo deciso di mettere in piedi, insieme alla curatrice Giada De Martino e con la collaborazione della Cineteca di Bologna, un’esposizione di 25 scatti che celebrasse il genio dell’autore e il lavoro svolto al sud Italia con il suo Vangelo Secondo Matteo

La selezione ufficiale prevede due sezioni distinte, una contenente cortometraggi nazionali ed internazionali, l’altra, invece, incentrata su cortometraggi locali. Indipendentemente dal Paese di provenienza dei cortometraggi, un tema trasversale a queste due sezioni è quello dei diversi aspetti del sociale in cui si trovano inseriti i protagonisti dei corti. In alcuni lavori (in particolare i cortometraggi Too Rough, Destinata Coniugi lo Giglio Haute le coeurs) vengono affrontate particolari situazioni, che vanno dal ritrovarsi a crescere in una famiglia disfunzionale al perdere le tracce del proprio figlio, fino a trattare delle conseguenze che i social media possono avere sulla vita degli adolescenti al giorno d’oggi. Come può agire il cinema su alcune grandi problematiche del mondo contemporaneo e, soprattutto, in quale misura può influenzare il sociale?

Come ogni anno la selezione prevede due macro categorie per i cortometraggi in gara: National&International e Corto in Calabria. Esiste, però, una sorta di filo invisibile che lega la selezione e la scelta dei cortometraggi: si tratta del valore artistico e sociale delle opere. Siamo una generazione cresciuta da una parte con l’insegnamento dei grandi del cinema italiano, di movimenti artistici del calibro del Neorealismo o della Commedia all’Italiana, abbiamo seguito l’esempio di registi come Scola o Fellini e poi vissuto gli anni di Virzì, di Ozpetek, di Garrone e Sorrentino, abbiamo letto le storie di Margaret Mazzantini, e, alla fine, condito il tutto con il mito del cinema americano. Questo bagaglio ha creato in noi un’idea cinematografica ben precisa, ovvero che il cinema è un racconto di vita, di quotidianità, di socialità.

Too Rough (Credits: Calabria Movie Film Festival)

Ogni storia che viene raccontata finisce per essere la storia di tutti, può essere la propria, quella di un parente o di un amico. Fare cinema significa esprimere la necessità di denunciare il malessere, di raccontare il disagio, la disuguaglianza sociale, le difficoltà economiche e i drammi familiari. Per quanto il cinema come intrattenimento abbia il compito di far sognare chi guarda il film, crediamo anche che ogni storia abbia il dovere di insegnare qualcosa, o anche semplicemente dar voce a chi una voce non ce l’ha o non viene ascoltata. Ogni storia deve partire da una realtà per poi essere raccontata nel migliore dei modi anche stravolgendola con la fantasia. È proprio il racconto sociale del cinema che ha guidato la nostra selezione, favorendo quei cortometraggi che abbiano saputo inscenare la società e i suoi drammi, l’attualità e il microcosmo familiare nel migliore dei modi.  D’altronde, ogni film, persino quelli d’animazione, i cartoni animati, ad una lettura meno superficiale e più approfondita è evidente che prendano sempre spunto dalla vita e dalla quotidianità. 

Il 2022 è stato un anno fortunato per il cinema calabrese, due importanti titoli della scena italiana contemporanea provengono proprio da questa regione – mi riferisco all’ultimo lavoro di Jonas Carpignano, A Chiara e al lungometraggio di Francesco Costabile, Una femmina. Oltre a rassegne cinematografiche e festival come quello che avete organizzato, come pensate sia possibile valorizzare il legame tra la propria terra ed il mondo del cinema? Entrambi i film citati hanno inoltre come protagoniste due figure di donne, che, simbolicamente, danno il nome all’intera pellicola. Che cosa ne pensate della grande difficoltà che le donne – ma anche i generi non binari e tutte le minoranze – incontrano nell’affermarsi nell’industria del cinema e come si potrebbe agire in un’ottica di miglioramento per questo problema sociale?

Il 2022 è stato un anno davvero fortunato per il cinema calabrese e questo fa ben sperare in un futuro ancora più roseo. Al sud siamo lenti, ci piace la vita tranquilla, non esiste la fretta e la frenesia. E’ sicuramente un’immagine romantica, ma che comunque non ci ha permesso di raggiungere grandi traguardi velocemente. Oggi, però, anche se in ritardo, sembrerebbe che siamo riusciti finalmente a valorizzare autori calabresi e manifestazioni cinematografiche importanti. Nascere al sud, in particolare in Calabria, è un misto di fortuna e sfortuna. Siamo fortunati perché sviluppiamo una sensibilità tale che ci rende pronti a raccontare storie con tutto il pathos che serve poi nel cinema e quella delicatezza d’animo necessaria per entrare nello stato d’animo e nel cuore dei personaggi, ma ci sentiamo un po’ sfortunati sotto altri punti di vista, uno fra tutti, per quello già citato della lentezza e del non riuscire ad arrivare ad una meta in tempi relativamente brevi.

A Chiara (Credits: IMDb)

Eppure, da un certo punto di vista, è stata proprio questa serie difficoltà a renderci una generazione più forte e determinata di quelle che ci hanno preceduto, e forse questo costituisce un fattore per l’affermazione, al giorno d’oggi, del cinema calabrese. Siamo la generazione vicina a A Chiara e a Una femmina, due pellicole che ci forniscono un esempio di grande “rivincita” del sud agli occhi del mondo. Sono film emblematici non soltanto per il prestigio che hanno dato alla Calabria quanto per le storie che raccontano. Entrambe le pellicole sono storie di donne, di famiglie, di gerarchie e di autorità, ma soprattutto storie di consapevolezza e ribellione. Se da un lato è la rivincita del cinema calabrese, dall’altro è la rivincita delle donne e questo ci fa davvero piacere. Per quanto sia un’idea ormai arcaica quella della donna del sud che non può esprimersi e deve chiedere il permesso per ogni cosa, in realtà, anche sentendo la cronaca mondiale odierna, è facile notare come la condizione della donna in ogni parte del mondo sia ancora troppo difficile. Cat-calling, discriminazione sul lavoro, salari più bassi rispetto agli uomini, sottomissione, violenza. Troviamo necessario dare sempre più spazio ai racconti di donne forti ed emancipate sul grande schermo. Crediamo soprattutto nella potenza di questo mezzo di comunicazione e al fatto che le storie del cinema hanno e possono con il tempo ridimensionare le disparità sociali. Se usato bene, il cinema è un’ “arma pacifica” che può cambiare il mondo o, quantomeno, cercare di addolcirlo.

Una femmina (Credits: IMDb)

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